Stelle Bruciate. Sesta puntata

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Sesta puntata

Arriva, com’era previsto, la quinta richiesta di archiviazionenotificata pure due volte da parte della Procura della Repubblica di Palermo intenzionata a soffocare per sempre le denunce di Bonvento, tanto che dal giorno della richiesta di archiviazione, prima ancora che venisse resa nota al Bonvento, al suo cellulare giungono al mattino ed alla tarda serata squilli anonimi, cui poi segue la manomissione della linea ADSL nella cabina che la Direzione della compagnia telefonica non giustifica, perché la linea risulta presente ai terminali degli operatori, né interviene per ristabilirla. Evidentemente qualcuno teme che Bonvento si opponga per la quinta volta, e sempre quel qualcuno teme un rinvio a giudizio e ancora di più che vengano fuori le gravissime irregolarità della gestione della curatela e dei suoi giudici delegati. Ed è tanto il timore di questo qualcuno che, a sole 24 ore dallo scadere dei dieci giorni concessi per fare opposizione all’archiviazione, accade un fatto veramente inquietante: davanti la casa di Bonvento comincia un andirivieni di auto dei Carabinieri, addirittura un’auto civetta dell’antidroga, insieme ad altri uomini con caschi integrali su moto di grossa cilindrata, che insieme sbarrano le due uscite della stradina in cui abita Bonvento con l’evidente intenzione a fare irruzione con qualche predeterminata motivazione. Solo il caso manda in fumo le intenzioni di quegli uomini in divisa, infatti la fortuita presenza di terzi testimoni presso l’abitazione del Bonvento fa innervosire quelle forze dell’ordine che goffamente motivano la loro presenza per un furto di un’auto che di certo, anche agli occhi di un qualunque onesto cittadino, non giustifica in alcun modo il dispiegamento di uomini e mezzi antiterrorismo attorno alla casa di Bonvento.

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Pupi & Pupari

Il gioco è chiaro: isolare Bonvento perché non possa avere contatti telefonici né via e mail e intimidirlo affinchè non presenti la quinta opposizione, ed il tutto sicuramente veicolato dalle informazioni che talpe del palazzo di giustizia danno a terzi contigui ai soggetti indagati in quel procedimento che per qualcuno non deve andare avanti. Quelle denunce devono essere fermate. Quelle denunce in cui emerge palesemente la storia vera di un imprenditore turistico siciliano che, costretto al fallimento per non aver ceduto ad un atto estorsivo agito a suo danno attraverso i gangli della pubblica amministrazione e di parte degli uffici giudiziari, ha avuto il coraggio di denunciare le gravissime irregolarità messe in atto dal Comune di Ustica e da alcuni rappresentanti degli uffici della Procura di Palermo che, congiuntamente e contiguamente, hanno ostacolato, alterato, e, alla fine, interrotto il normale svolgimento di una fiorente attività alberghiera destinandola al fallimento.

Bonvento denuncia congiuntamente l’ex sindaco di Ustica Villici, il nipote Riccio anch’egli ex sindaco, il curatore fallimentare avvocato Rasi e l’ex capoufficio tecnico comunale usticese Fedele,  per avere messo in atto un piano criminoso, in base al quale fecero decadere la concessione edilizia regolarmente rilasciata dalla Pubblica Amministrazione al Bonvento, contestandogli il mancato inizio dei lavori con un verbale di sopralluogo dell’UTC mai rinvenuto agli atti del Comune, come poi riconoscerà lo stesso Pm dott. Figlioli in quel procedimento presso la Procura della Repubblica di Palermo che vuole chiudere “al più presto”.

Bonvento, vittima e, suo malgrado, protagonista di una vicenda che lo vede condannato sine die ad un fallimento inspiegabilmente ancora aperto presso la Sezione Fallimentare del Tribunale di Palermo dopo un quarto di secolo,  è  ancora in lotta per la verità, e deve affidarsi ai blog e ai giornali per tutelare la sua incolumità perché dopo le denunzie sporte, e comunicate sin dal 2003 alla Presidenza della repubblica e al Csm, è stato oggetto di gravissime intimidazioni insieme ai suoi testimoni, senza ottenere alcun riscontro alle denunce da parte dell’autorità giudiziaria ed alle richieste rivolte alla Prefettura di Palermo nelle persone dei Prefetti che si sono succeduti.

Dopo le denunzie sporte anche contro terzi consanguinei  di soggetti indagati per mafia e riciclaggio del denaro del boss Provenzano, anch’essi interessati all’albergo di Ustica,  è stato oggetto di gravissime intimidazioni insieme ai suoi testimoni, subendo pedinamenti e telefonate anonime in un crescendo che è culminato nel furto e nella distruzione della propria auto.

Il tutto accade a Palermo senza che nessuna autorità inquirente abbia indagato tempestivamente ed efficacemente nonostante le denunce sporte, anzi uno dei sostituti  procuratori azzarda addirittura che “la faccenda sembri un film!!”, in maliziosa sintonia con un Procuratore aggiunto che, dopo aver convocato informalmente il Bonvento nel suo ufficio, gli consigliava paternamente, a sua stessa ammissione e a sua difesa, dopo la denuncia sporta dal Bonvento a suo carico, di risolvere la questione “con pochi maledetti e subito” invitando il Bonvento a non occuparsi più degli albergatori dirimpettai di Ustica! In caso contrario lo stesso procuratore avrebbe archiviato la denuncia come poi avvenne con un’archiviazione recapitatagli lo stesso pomeriggio del giorno in cui il Procuratore aveva fatto la profferta al Bonvento di cercare un accordo con le parti denunciate.

D’altra parte a detta di un altro Pm, in seno alla quarta richiesta di archiviazione, il Bonvento “è stato sfortunato” perché si è imbattuto in “un’amministrazione allegra” pur avendo realizzato un’opera di livello”. Emerge così quella verità che in molti inquirenti vorrebbero soffocare nei cavilli burocratici, nella gestione allegra della pubblica amministrazione usticese, nella menzogna della cattiva gestione del Bonvento, nella erronea asserzione del Gip di Caltanissetta, dott. Nota, che nell’ingiustificata ansia di salvare attraverso l’istituto dell’archiviazione il collega, Procuratore aggiunto dei “pochi, maledetti e subito”, nella sua archiviazione scrive addirittura che la costruzione dell’albergo non fu mai portata a termine commettendo un evidente falso ideologico in quanto dalle carte prodotte risulta che l’albergo non solo fu ultimato ma che fu dato in gestione alla società Ustum s.r.l. che lo gestì per ben due anni prima che venisse chiuso per il fallimento della società proprietaria.

L’albergo San Bartolomeo quattro stelle dichiarato abusivo e così fatto fallire è quindi stato lasciato, nei venticinque anni successivi, alla mercè di ladri, imprenditori contigui ad ambienti mafiosi e con buona probabilità di latitanti, confidando  nel silenzioso assenso dei primi cittadini e  dei pubblici amministratori locali.

Di questa vicenda si era interessato nel 1981 il dott. paolo Borsellino, in qualità di giudice istruttore, che alla luce dei fatti sino ad allora accaduti aveva rinviato a giudizio l’ex sindaco, il tecnico e la madre del sindaco per “interessi privati in atti d’ufficio” ma gli imputati furono assolti in primo grado con formula dubitativa, in secondo grado con formula piena e così pure in Cassazione. Quella stessa Cassazione che nel febbraio 2009 ha infine assegnato l’albergo “abusivo” al comune di Ustica, di fatto svuotando il fallimento di Bonvento, che però, rimane artatamente aperto.

I fatti successivi così come denunciati dal Bonvento alla Procura della Repubblica di Palermo mettevano in evidenza come invece si fosse trattato di una vera e propria associazione a delinquere di pubblici amministratori, avvocati e imprenditori che ruotavano attorno all’albergo perché questo, alla fine, fosse messo fuori dal circuito alberghiero di Ustica, ma su tutto questo è calato il muro dell’archiviazione. 

Bonvento  perciò denuncia la procura della Repubblica di Palermo e suoi due procuratori aggiunti per inerzia investigativa, segnalando soprattutto il fatto che non si sia mai voluto indagare su un imprenditore agrigentino condannato in Appello nel maggio 2009 per concorso esterno in associazione mafiosa a sette anni e sei mesi , cui però sono stati restituiti nel 2005, dopo la condanna in primo grado, 250 milioni di euro di beni , nonostante sia stato riconosciuto dalla Sezione misure e prevenzione come “persona pericolosa”, l’ingegnere Collesano, che, nel fallimento del Bonvento era uno dei creditori e nel contempo presidente del comitato di creditori, chiamato pure ad esprimere parere su una proposta di concordato che chiaramente fu rigettata con parere negativo dello stesso e dei soggetti indicati nella conversazione registrata e trasmessa alla Procura della Repubblica di Palermo.

Nel caso delle denunce di Bonvento tutto fu archiviato dalla Procura di Palermo. Nell’indagine svolta dal GI.CO. di Palermo nel 1994, Bonvento, con riferimento a quanto già denunciato nel 1985 per il fatto estorsivo subito, tra le vicende e gli elementi indiziari riguardanti l’ingegnere Collesano vengono riportate le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Baldassare Di Maggio che indica l’ingegnere come “prestanome” del patrimonio di Riina, che durante la latitanza poi trovò domicilio proprio nella villa a lui intestata in via  Bernini a Palermo. L’inchiesta però fu ritualmente archiviata dal Procuratore aggiunto MangiapaneNel 1985, l’anno a cui risale il fallimento, insieme agli spunti investigativi del fascicolo, fu pure consegnato al procuratore Mangiapane un nastro magnetico, rimasto sigillato presso gli uffici della Procura di Palermo, su cui era registrata una conversazione telefonica trascritta dal GI.CO. e mai inspiegabilmente contestata sino al 1994 dalla Procura al medesimo ingegnere.a ai Bonvento, pur avendo lo stesso Procuratore fin dal settembre del 1985, mese a cui risale il fallimento, la disponibilità del mezzo di prova sintomatico dell’illecito perpetrato dall’ingegnere nei confronti dei Bonvento.

E’ lo stesso ingegnere Collesano a riferire nel 1994 al GI.CO (Gruppo investigativo Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza) che il dott. Mangiapane nel corso di un interrogatorio eseguito nei suoi confronti , non fece alcun cenno a quella telefonata estorsiva fatta.

Eppure dalla conversazione telefonica, si evinceva chiaramente che l’ingegnere, essendo al corrente delle determinazioni sia della direzione della Cassa di Risparmio sia dei giudici della Sezione Fallimentare di Palermo, dava un ultimatum, cercando di estorcere la totalità delle quote dell’albergo, che poi fu dichiarato fallito non essendosi i Bonvento piegati all’estorsione.

Sembrerebbe che l’ingegnere avesse facilità d’accesso alle determinazioni della sezione fallimentare grazie a rapporti amicali intrattenuti per mezzo di suoi legali, tra cui l’avvocato Buonasera, a loro volta imparentati con gli stessi giudici fallimentari. Tutto ciò sarebbe chiarito dalla registrazione telefonica in cui si fa riferimento ad incontri preliminari all’eventuale accordo per evitare il fallimento, da tenersi presso lo studio dell’avvocato Buonasera cognato del giudice Spagna: tutto ciò portò alla ricusazione del giudice, che poi rivestirà il ruolo di Procuratore Generale a Caltanissetta.

Il giudice delegato Spagna, pur consapevole della istanza fallimentare presentata dal congiunto, per conto della Cassa di Risparmio non avvertì l’obbligo né morale né giuridico di astenersi dalla citata procedura fallimentare anzi fu lo stesso che provvide ad apporre i sigilli alla società proprietaria dell’Hotel e a porre i sigilli anche alla società di gestione dell’attività alberghiera (con regolare contratto stipulato in epoca non sospetta) che aveva in gestione l’Hotel aperto al pubblico con risultati gestionali piuttosto considerevoli ed economicamente rilevanti.

Contro Bonvento, tuttavia,  non viene sporta alcuna denuncia per calunnia, tranne una pretestuosa denuncia sporta presso il Tribunale di Udine per diffamazione,  cui è seguito pure un rinvio a giudizio coatto richiesto dal GIP, malgrado la richiesta di archiviazione presentata dal PM, titolare delle indagini. La querela è stata  poi ritirata in corso di giudizio, e presumibilmente è stata messa in moto contro Bonvento da soggetti e avvocati orbitanti intorno agli stessi soggetti denunciati ad Ustica col fine di delegittimare pubblicamente le verità denunciate.

Così mentre Bonvento deve lottare contro un tentato abuso giudiziario con l’intervento anche delle forze dell’ordine, nel corso dei venticinque anni, riceve dagli organi giudiziari solo dinieghi in risposta alle copiose richieste indirizzate agli organi del Fallimento, al giudice delegato e al curatore, sicchè non può mai prendere in visione il fascicolo fallimentare né estrarne copia. Dopo 25 anni non sono ben chiare le ragioni che spingono i responsabili della procedura fallimentare a rigettare sistematicamente le copiose e legittime richieste anche dei legali di Bonvento di estrazione di copia e visione del fascicolo, tanto che di volta in volta il curatore ed il giudice delegato adducono cangianti motivazioni chiaramente infondate, anzi tale atteggiamento alimenta giocoforza fondati sospetti sulla regolarità e sulla trasparenza della procedura di cui trattasi. A questo si aggiunge pure che il giudice delegato, in relazione alla richieste di accesso al fascicolo presentate, chiede sempre il parere proprio allo stesso curatore che risulta indagato dalla Procura della Repubblica di Palermo dopo le denunce di Bonvento. Un gioco delle parti che nel frattempo salvaguarda dalle indagini i responsabili dello scempio giudiziario e investigativo che ha decretato la chiusura e il saccheggio dell’albergo **** di Ustica.

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Stelle Bruciate. Sesta puntataultima modifica: 2012-11-09T09:31:00+01:00da aldo251246
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