Mafia, torna in cella Lorenzo Altadonna

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AGGIORNAMENTO

CRONACA REGIONALE

Mafia, maxi-confisca a Carini. Sigilli a un patrimonio da 160 milioni

 

Mafia, sequestrati beni per oltre 3 milioni di euro

Giornale di Sicilia

02 maggio 2013

Si tratta di società, attività commerciali, appartamenti e terreni appartenenti a Vincenzo Pipitone, Lorenzo Altadonna e Francesco RussoVai all’articolo

Palermo, assolto imprenditore condannato un anno fa per associazione mafiosa

Fonte ANSA

23 dicembre 2010

La sesta sezione della Corte d’appello di Palermo ha assolto l’imprenditore di Carini Lorenzo Altadonna, condannato a 12 anni in primo grado per concorso in associazione mafiosa, e in cella dal 10 luglio dell’anno scorso: i giudici ne hanno anche disposto l’immediata remissione in libertà.

Assieme ad Altadonna è stato assolto anche Francesco Biondo, che in primo grado, col meccanismo della continuazione, aveva avuto 11 anni e 5 mesi: detenuto per altro, Biondo rimane comunque in carcere. La sentenza d’appello del processo denominato ‘Occidente’, contro gli estortori al soldo delle famiglie mafiose palermitane di Tommaso Natale e della Noce, ha nel complesso fortemente ridotto le pene, rispetto al primo grado di giudizio: dai poco più di 80 anni di carcere, inflitti in tribunale agli otto imputati, si è passati infatti a due assoluzioni e sei condanne, per poco più di mezzo secolo di carcere. Nel dibattimento celebrato in tribunale era imputato anche il boss Salvatore Lo Piccolo, che rispondeva di due estorsioni ed era stato assolto; la Procura non aveva appellato la sentenza. La pena più alta è stata inflitta ad Angelo Conigliaro, di Carini, che passa da 15 a 14 anni; pena confermata (13 anni) per Vincenzo Collesano; Vincenzo Curulli passa da 6 anni a 4 anni e 6 mesi; condanna dimezzata per Antonio Cusimano, che da 8 anni passa a 4; Giorgio Iaquinoto dovrà scontare 4 anni, contro i 5 e 6 mesi che aveva avuto in tribunale; confermati infine 12 anni per Antonino De Luca. Il collegio presieduto da Biagio Insacco ha anche ribadito i risarcimenti e il pagamento delle spese legali disposti in favore delle parti civili, il Comune di Carini, la Provincia di Palermo, le associazioni Addiopizzo, Fai (Federazione antiracket), Assindustria provinciale e regionale, Sos Impresa, Confcommercio, Centro Pio La Torre. Col rito abbreviato, in un processo separato sono stati processati altri 24 imputati. Fonte: ansa

«Imprenditore vicino ai Lo Piccolo» Dopo la condanna, arriva l’arresto

Tratto dal Giornale di Sicilia

Sabato 11 Luglio 2009

di Vincenzo Marannano

 

Torna in cella Lorenzo Altadonna, di Carini, coinvolto nel 2007 nell’operazione Occidente

LA SCORSA SETTIMANA HA AVUTO INFLITTI 12 ANNI PER MAFIA

A una settimana dalla senten­za, gli agenti della squadra mobile hanno arrestato un imprenditore ritenuto vicino ai Lo Piccolo e in particolare alla famiglia mafiosa di Carini

Appena una settimana fa ha assistito in aula, da uomo libe­ro, alla lettura della sentenza. Dodici anni di carcere, uno in più rispetto alla richiesta del pm Gaetano Paci. L’accusa: avere messo la propria impresa a di­sposizione di Cosa nostra, e in particolare di Salvatore e San­dro Lo Piccolo e della loro longa manus nel territorio di Carini, ovvero il boss Vincenzo Pipito­ne.

Ieri per l’imprenditore Lo­renzo Altadonna, 46 anni, arre­stato nell’operazione «Occiden­te» e scarcerato poco dopo, so­no scattate di nuovo le manette. Gli agenti della sezione catturan­di della squadra mobile lo han­no raggiunto a casa, notificando­gli l’ordine di custodia cautelare emesso dalla terza sezione pena­le del tribunale.

Altadonna fu arrestato il 25 gennaio del 2007. Era l’operazio­ne Occidente, la retata con la quale la polizia diede un duro colpo al clan Lo Piccolo, dando un nome ed un volto ai capi ed ai vertici operativi delle famiglie mafiose di San Lorenzo, Partan­na Mondello e Carini, ricompre­se nel mandamento di San Lo­renzo-Tommaso Natale. Quella stessa operazione decretò l’ini­zio della fine della lunga latitan­za del «barone» di San Lorenzo e del figlio Sandro, arrestati il 5 no­vembre 2007 grazie a una serie di dritte fornite dal pentito Fran­cesco Franzese. Negli ultimi due anni e mezzo gli investigatori – con l’aiuto di numerosi collabo­ratori che intanto hanno deciso di voltare le spalle a Cosa nostra – hanno ricostruito l’organi­gramma e la struttura interna di famiglie e mandamenti, hanno fatto luce su numerose estorsio­ni, dando un nome e un cogno­me a decine di vittime. «Attraver­so la documentazione rinvenu­ta nel covo di Giardinello il gior­no dell’arresto dei Lo Piccolo – spiegano dalla questura-, furo­no acquisiti importanti elemen­ti investigativi sui rapporti d’affa­ri dei mafiosi con imprenditori compiacenti o complici, accer­tando gli interessi delle famiglie del mandamento di San Loren­zo nel settore dei lavori edili e delle imprese commerciali».

Tra questi proprio l’imprendi­tore Altadonna, ritenuto vicino alla famiglia mafiosa di Carini. Il 5 marzo 2007 Altadonna fu scar­cerato poiché il Tribunale del Riesame dichiarò nulla l’ordi­nanza di custodia cautelare in carcere. Esattamente due anni dopo, l’imprenditore -che non ha perso una sola udienza del processo a suo carico – venne accusato in aula da un collega, interrogato come vittima del rac­ket. «Lo incontrai in un villino nei pressi di Carini, assieme a Vincenzo Pipitone – disse l’im­prenditore – e quest’ultimo cer­cò di impormelo per alcuni lavo­ri che Trapani doveva eseguire in un proprio capannone». Per i pubblici ministeri Gaetano Paci e Annamaria Picozzî, che rappre­sentano l’accusa assieme al col­lega Domenico Gozzo, (poi tra­sferito a Caltanissetta) la testi­monianza confermò il rapporto che legherebbe il carinese Alta­donna ai Pipitone. Giovedì, a se­guito della condanna in primo grado, per l’imprenditore si so­no riaperte le porte del carcere.

 

 

TALPE INPROCURA. II processo d’appello all’imprenditore e a Cuffaro

Tratto dal Giornale di Sicilia

Sabato 11 Luglio 2009

di R. AR

II pentito: così i «pizzini» arrivavano ad Aiello

PALERMO

L’imprenditore Michele Aiello aveva rapporti con i boss di Bagheria e riceveva «pizzini» da Bernardo Provenzano attra­verso un mafioso di Belmonte Mezzagno. Pur con qualche con­traddizione, fatta rilevare dal le­gale di Aiello, l’avvocato Sergio Monaco, il pentito Giacomo Gre­co ribadisce le accuse contro il principale imputato (assieme al­l’ex presidente della Regione To­tò Cuffaro) del processo «Talpe in Procura», in corso davanti alla terza sezione della Corte d’appel­lo di Palermo, presieduta da Giancarlo Trizzino.

In primo gra­do Aiello è stato condannato a 14 anni, con l’accusa di assocìazìo­ne mafiosa, perché ritenuto mol­to legato a Provenzano, e con una serie di accuse collegate alle vìolazioni del segreto delle inda­gini.

«Aiello -dice Greco -io lo conobbi quando mi sposai con la figlia del capomafia di Belmon­te, Ciccio Pastoia. C’erano filmi­ni e forse anche fotografie, che Pastoía poi fece distruggere». Ma chi lo invitò, Aiello? «Pastoia. Io sicuramente no». A consegna­re i biglietti di Provenzano sareb­be stato Giuseppe Vaglica, pure lui belmontese, già condannato in un altro processo: «Lui andava ogni sabato a ritirarli da Proven­zano – dice il pentito ai pg Enza Sabatino e Danìela Gìglìo -. Mancava due -tre orette: si era comprato apposta una Panda 4×4, per andarlo a trovare… Poi tornava, portando ì pizzini in un garage di via Messina Monta­gne, a Villabate, appartenente a Ciccio Pastoia». Greco, difeso dall’avvocato Monica Genovese, che assiste un’imputata del pro­cesso e che ieri era sostituita dal­la collega Valentina Tranchina, ha detto anche che il cognato, Giovanni Pastoia, gli preannun­ciò la collocazione di telecamere vicino casa, a Belmonte, prima della scarcerazione di Ciccio: «E due giorni dopo vidi che le stava­no montando sul serio». R. AR.

LE INTERCETTAZIONI  Consegne di denaro, appuntamenti, mierospíe…

E Lapis disse a Cintola: la festa è solo iniziata

Tratto dal Giornale  di Sicilia

Sabato 11 Luglio 2009

di R. AR

Ecco alcuni passi delle inter­cettazioni contestate ieri, tutte risa­lenti al periodo in cui Salvatore Cintola non era ancora parlamen­tare nazionale. Giovedì 4 settem­bre 2003. Cìntola: «Possono con­cordare sabato pomeriggio un in­contro in cui siamo adempienti?». Lapis: «Faí venire pure il nostro co­mune amico?». C: «Per allietare il nostro comune amico?». L: «Vorrei pure quell’altro nostro comune amico». Sabato 6 settembre 2003. Cintola: «Ho parlato con Saverio e poi Totò. Totò per domani pome­riggio ci sarebbe». Lapis: «Dovreb­be andare bene, perché le persone dovrebbero venire». I pm annota­no che nelle stesse conversazioni, Lapis fa riferimento «a un mio ami­co» che va in Svizzera: sarebbe Massimo Ciancimino, che preleva­va, attraverso l’avvocato Giorgio Ghiron, dai conti delle società del­la Gas per pagare i politici indicati come «amici».

II 13 gennaio 2004 viene venduta la Gas agli spagnoli della Gas Natural: incasso, 120 mi­lioni. Il 15 gennaio 2004 Cintola e Lapis concordano un appunta­mento. C: «Gianni, ho parlato con il presidente. Gli emendamenti al­la legge elettorale, questi che tu mi hai annunciato prima, ce li venia­mo a prendere alle 18 da te, dome­nica». Le osservazioni dei carabi­nieri dì Monreale confermano che Cintola e Cuffaro alle sei del pome­riggio del 18 gennaio vanno in via Libertà 78, allo studio di Lapis: gli «emendamenti» sarebbero soldi. Passano due giorni e­

20 gennaio 2004. Cintola: «Da domenica sono innamorato pazzo di te. Ieri sera abbiamo fatto riunio­ne e c’era il grande capo». Lapis: «Era soddisfatto?». C: «lo ho parla­to e luì mi ha imposto il silenzio. Mi ha guardato con un occhio di­verso, per la prìma volta mì sono sentito al (suo) livello, trattato con rispetto…». L: «La festa è solo inizia­ta». Il 5 aprile 2004 c’è un incontro videoripreso: Lapis consegna a Cintola una busta contenente de­naro.

L: «Sono per te e per lui. Divi­dete a due». C: «Io e Totò?». L: «Sì». C: «In tutto, tutti tutti tutti?». L: «Tutto quello dì quel gruppo»: C: «Ma quelli di Totò me li dai ades­so?». L: «Ti ho detto che oggi non lo posso fare. Questo l’ho fatto per darvi un segnale. E tra un mesetto te ne do un altro». Poi, secondo i pm, parlano delle indagini su di lo­ro e di microspie. C: «Ma io ho pro­blemi?». L: «Siccome mi hanno av­visato che c’eri anche tu… Signifi­ca ufficio… Può essere in macchi­na. Può essere non lo so, per tuttí». C: «A Totò Cuffaro…». L: «Mi han­no dato questo avviso». E poi parla­no a bassa voce. R. AR.

Mafia, torna in cella Lorenzo Altadonnaultima modifica: 2009-07-12T11:42:00+02:00da aldo251246
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