Fuori la mafia dalle Istituzioni

images

redazione blog www.la-tua-voce.it

Illegalità all’ombra della legalità, mafia hunderground e militanti antimafia compiacenti, questo è quanto ha sottolineato il Prefetto di Palermo Giosuè Marino nel corso dell’audizione alla Commissione Affari Costituzionali della Camera, in cui ha sottolineato che “la mafia oggi punta sull’antimafia per accreditarsi e che porta avanti i suoi obiettivi in modo defilato, hunderground”.

Di un cambio d’immagine di mafia e malaffare si era già argomentato in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, in cui Carlo Rotolo, presidente della Corte d’Appello di Palermo, ha lanciato un grido d’allarme sull’emergenza del pericoloso binomio mafia-appalti sottolinenado che “Cosa Nostra continua ad esercitare il controllo capillare sulle attività economiche, sociali, e finanche politiche del territorio, avvalendosi come in passato, di estorsioni, intimidazioni, attentati incendiari, e inserendosi nel mondo dei pubblici appalti” (Giornale di Sicilia 28/01/2007 Riccardo Arena). Nel corso delle ultime indagini, e degli arresti effettuati dalla Dia e dal gruppo speciale del GI.CO. è emerso che i clan riciclano il denaro sporco in attività lucrose come hotel, centri commerciali, edilizia residenziale, e impresa, grazie alla consulenza di esperti di marketing che garantiscono l’accesso a finanziamenti regionali ed europei a intestatari di srl ufficialmente dalla fedina pulita e, di fatto, gregari e prestanome di capimafia. Si delinea quindi l’identikit di una “impresa mafia” che conta sulla copertura di professionisti e politici compiacenti, e che è in grado di insinuarsi pure lì dove si dibatte su antimafia e legalità. Eppure rileggendo le inchieste e le cronache del tempo trascorso tra il maxiprocesso, le stragi del 1992 e l’arresto del boss Provenzano, a ben riflettere, c’erano già le chiavi di lettura che suggerivano che il fenomeno mafioso stava svoltando dagli omicidi al business. Erano gli anni ’80, quelli del boom economico delle imprese edilizie e degli appalti miliardari, pubblici e privati; erano pure gli anni del sacco di Palermo, delle esattorie colluse e delle banche dal fido facile. Erano ancora gli anni in cui si fecero strada, con difficoltà, le indagini giudiziarie che, rompendo per la prima volta il muro dell’omertà, grazie anche alla collaborazione dei primi pentiti, seppur ritenuti “folli”, portarono al maxiprocesso. Poi le stragi fermarono chi stava indagando sulle piste del riciclaggio del denaro illecito nelle imprese, e degli appalti al ribasso, e soprattutto sul patto scellerato tra mafia e imprenditoria grazie a politici contigui al malaffare. In questi giorni arresti e avvisi di garanzia, nel mondo del commercio e degli investimenti, confermano che Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, prima di rimanere uccisi, erano molto vicini ad indagare proprio i manager della mafia che, ben lontani da formaggi e campagne, si cominciavano ad occupare di business internazionali. E’ quanto mai opportuno, allora, ricordare la denuncia che vent’anni fa lunedì 2 febbraio 1987, Borsellino esternava “ Il maxiprocesso è stato il prodotto inevitabile di oltre 10 anni di errori, indagini bloccate, inchieste insabbiate. E di testimonianze svalutate come quella di Vitale nel 1973”. L’articolo che sintetizzava l’amarezza del giudice era pubblicato sul quotidiano “L’Ora” a firma di Lucio Forte, ed è bene che sia stato ricordato da Repubblica Palermo in questi giorni in cui si dibatte di nuovo di mafia su fatti che nuovi non sono, e su cui si poteva indagare di più. Sia gli organi giudiziari che le pubbliche amministrazioni, oggi, devono mostrare all’opinione pubblica, con fermezza, la volontà di voler procedere celermente lungo la strada indicata dalla svolta delle ultime indagini, riflettendo sulla necessità di un repulisti profondo al loro interno, inviando ai cittadini un messaggio preciso: “fuori la mafia dalle Istituzioni”. Questo sarebbe un valido incoraggiamento per i cittadini a rispondere ai tanti appelli a denunciare al momento rimasti inascoltati. Si deve ristabilire un confine netto e invalicabile tra lecito ed illecito, solo così si può dare inzio ad un lungo processo di arginamento del malaffare, con l’obiettivo, nel lungo termine, di indurre ai margini della società tutti i soggetti collusi e socialmente pericolosi. Si tratta di un percorso di cambiamento certamente lungo e complesso, ma i tempi sono maturi, e i cittadini onesti sono ben consapevoli di quanto sia nocivo l’inquinamento mafioso negli ambienti istituzionali e di quali siano i danni a carico della civile convivenza e dell’economia.

http://www.la-tua-voce.it

Fuori la mafia dalle Istituzioniultima modifica: 2007-02-02T21:39:00+01:00da aldo251246
Reposta per primo quest’articolo
Questa voce è stata pubblicata in ARTICOLI, GIUSTIZIA, POLITICA e contrassegnata con , , . Contrassegna il permalink.