Riconsegna della legalità agli appalti e ai lavori pubblici

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Immagine tratta da http://www.valdaveto.net

Mafia, appalti e politica”, “Dall’aeroporto al passante appalti per i boss”, “A Carini l’eldorado del boss Lo Piccolo”, “Mafia e casinò”, “Il centro commerciale dei boss”. Questi sono alcuni tra i titoli di cronaca di prima pagina emblematici di come il malaffare pervada l’economia siciliana attraverso i canali delle pubbliche amministrazioni, dei professionisti titolari di studi tecnici, commerciali e legali, e, stando alle ultime inchieste, anche mediante intrecci con uffici giudiziari.

Lo schema del meccanismo illecito è ben collaudato, così come si è letto nelle recenti notizie sull’arresto di imprenditori della provincia palermitana compresa tra Carini e Partinico, che, a vario titolo, hanno investito il denaro sporco dei boss Riina, Provenzano e Lo Piccolo, in supermercati, centri polifunzionali, edilizia residenziale, ristoranti, hotel e appalti.
Dalle ultime indagini condotte dai giudici della Procura palermitana Morvillo, Scarpinato, e Del Bene, cui sono seguite retate ed arresti, si delinea l’impianto illecito dell’impresa mafia la cui base operativa è una società, meglio se edile, cui destinare appalti pubblici puntando al ribasso in sede di gara, lì dove uomini chiave, della pubblica amministrazione e della politica, assicurano l’aggiudicazione insieme a lauti guadagni. L’azienda illegale, inoltre, punta sempre al rilancio, cercando di assegnarsi, oltre ai cantieri di edilizia pubblica, anche i lavori per le grandi infrastrutture, dai collegamenti stradali, a quelli aeroportuali e ferroviari, con l’obiettivo di ramificare i propri affari nelle altre province mediante ditte compiacenti.
Tutto ciò sta confermando l’interscambiabilità di favori, interessi e denaro tra le cosche di Palermo, Villabate, Bagheria e Catania, su cui già negli anni ottanta erano state avviate indagini sulle vie del tabacco riciclate per gli stupefacenti. Erano gli anni in cui il giudice Giovanni Falcone intuiva che la mafia cominciava a pensare in grande, e ad allargarsi dal controllo del territorio, dalle estorsioni, dalle minacce e dal racket a danno di piccoli commercianti e negozianti, al business economico oltre lo Stretto, alla volta di appalti miliardari i cui proventi andavano, poi, riutilizzati in nuove attività redditizie sui mercati internazionali.
La pista investigativa costò la vita a magistrati, politici e rappresentanti dello Stato proprio perché era quella giusta. Come già ricordato in alcuni post del blog, con riferimento ad indagini svolte dal Gruppo Investigativo contro la Criminalità Organizzata, il binomio mafia-appalti era già vent’anni fa lo scenario sul quale si muoveva il sistema mafioso agganciato a partiti e uomini politici in modo trasversale, così da potere contare sull’appoggio di singoli consiglieri comunali o sull’intera amministrazione, monopolizzando opere pubbliche e destini elettorali. Da allora ad oggi, però, lo sviluppo delle indagini, funestato da omicidi e stragi, è stato lento, e purtroppo, soggetto a depistaggi, archiviazioni e lacune investigative, sicchè ora nelle Procure siciliane, si è ricominciato daccapo, sciogliendo i consigli comunali contigui alla mafia, indagando i politici collusi, arrestando gli imprenditori affiliati, scovando i boss superlatitanti, sequestrando i patrimoni illeciti, e tutto mediante le testimonianze dei pentiti e grazie a centinaia di ore di intercettazioni telefoniche e ambientali.
Bisogna però riconoscere, rispetto agli anni passati, un segno di discontinuità sia nell’operato del pool dei procuratori attualmente indaganti, sia nella percezione che la società siciliana ha oggi dell’enorme costo economico procurato dalla mafia, e dell’inquinamento dei vari strati istituzionali i cui esponenti corrotti, di fatto, hanno assicurato inquietanti protezioni e garanzie d’impunità all’illegalità dilagante.
Comincia a farsi più pressante la voce di chi chiede pulizia in tutti i livelli istituzionali, e che sia ben demarcata la linea tra lecito e illecito, specie quando si legge sulle cronache di indagini a carico di giudici, procuratori e imprenditori che sarebbero coinvolti in holding gravitanti intorno a centri turistici ed affari milionari.
Già nel Maggio 2005 l’inchiesta della Procura di Reggio Calabria, collegandosi ad un’inchiesta della Procura milanese, mise sotto i riflettori la città di Messina scoprendo un fitto intreccio tra boss, collegamenti internazionali, imprenditori, magistrati e pezzi delle Istituzioni, coinvolti in un giro vorticoso d’affari tra case da gioco, armi e riciclaggio di denaro, che nei fatti stava ristrutturando il potere mafioso già forte nella seconda metà degli anni settanta (Giornale di Sicilia 10 Maggio 2005 Letizia Barbera). Al centro di una complessa trama di rapporti corruttivi è stata pure la presidentessa del Tribunale Vibo Valentia, con l’accusa di ottenere favori “importanti” in relazione ai suoi interessi nel settore turistico, oltre che a regali consistenti in prodotti alimentari come pesce e formaggio. Ad aggravare le accuse ci sarebbe il sospetto che il clan locale fosse riuscito ad ampliare la sua influenza sugli ambienti giudiziari (ANSA 10/11/2006). Di questi giorni è ancora la notizia dell’inchiesta della Procura di Catanzaro su 13 persone indagate, tra cui magistrati e politici, su un presunto ”gruppo di potere” che avrebbe avuto interessi in Basilicata in diversi settori e del quale avrebbero fatto parte anche quattro magistrati (Corriere della Sera 26/02/2007) ed un senatore in passato facente parte del Consiglio superiore della magistratura oltre che della commissione Antimafia. Per chiarire la posizione degli indagati, il vicepresidente del CSM Nicola Mancino ha disposto l’apertura di una pratica presso la prima commissione al fine di valutare le posizioni degli indagati e gli sviluppi ulteriori dell’inchiesta giudiziaria(Sin/Col/Adnkronos).
Ed è bene che vengano disposte inchieste ed indagini per scongiurare che interessi illeciti trovino cittadinanza nell’amministrazione della giustizia, specie in Sicilia dove piuttosto è necessario che tutte le Istituzioni collaborino per la riconsegna della legalità, in modo da assicurare sistemi di gestione della cosa pubblica davvero trasparenti. E’ auspicabile che Stato e Regione, da una parte, e amministrazione giudiziaria dall’altra, diano tutti insieme precisi segnali di discontinuità col clientelismo, e con l’infiltrazione di apparati illeciti negli organismi burocratici, puntando al ricambio interno agli uffici, all’istituzione di organi di controllo e indirizzo super partes, per contribuire all’indebolimento della criminalità mediante l’istituto della confisca dei patrimoni illeciti, e per aiutare la ripresa economica facendo in modo che le attività imprenditoriali dei cantieri siano conformi e lecite grazie a norme più restrittive per la gestione degli appalti e dei lavori pubblici.

li.pe.

Commenti:

03-05-2007 @ 796
  Covo Riina ripulito: 11 rinviati a giudizio dal gup
 
 

Tra loro tre pentiti, processo fissato il 16 luglio

PALERMOSono accusati di avere ‘ripulito’ il covo di Toto’ Riina, nei giorni successivi al suo arresto, il 15 gennaio del 1993.
Il gup ha rinviato a giudizio undici persone fissando il processo per il 16 luglio. Tra loro anche tre pentiti. Sono tutti accusati di favoreggiamento reale nei confronti di Riina. Per il Pm agli atti c’e’ una prova, quantomeno logica, dell’esistenza di documenti che sarebbero stati asportati e anche Giovanni Brusca avrebbe confermato la loro esistenza (fonte ANSA 3.05.07).
Intanto alla Quarta Sezione Penale d’Appello, presieduta dal giudice Rosario Luzio, si sta svolgendo il processo a carico dell’imprenditore di Sciacca Giuseppe Montalbano, proprietario dell’ultimo covo del boss Riina in Via Bernini, condannato a sette anni e sette mesi per associazione mafiosa dal Tribunale di Sciacca, e a carico dell’altro imputato Antonio Fauci, che in primo grado invece era stato assolto dall’accusa di 416 bis (Giornale di Sicilia del 3.05.07)
Una parziale rinnovazione del dibattimento è stata disposta per ascoltare il pentito Maurizio Di Gati il boss di Agrigento latitante sino alla cattura nell’ottobre scorso.

MAFIA E APPALTI, APPELLO TRASH PIÙ ASSOLUZIONI CHE CONDANNE

Il giornale di Sicilia

Venerdì  12 Marzo 2010 pagina 9 

L`imprenditore «rosso» Romano Tronci non è colpevole, così come il superboss Bernardo Provenzano, il Cavaliere del Lavoro catanese Pasquale Costanzo e l`ex assessore regionale democristiano Franz Gorgone. Tutti e quattro erano stati condannati in primo grado, a pene comprese tra i quattro anni di Provenzano e Costanzo, i quattro e mezzo di Gorgone e i dieci di Tronci. Assolti pure Salvatore Biancorosso, Gaetano Traficante, Mario D`Acquisto (ex segretario di Gorgone, solo omonimo dell`ex presidente della Regione) e Francesco Martello, anche loro condannati dal tribunale. L`ex presidente della Provincia di Palermo Mimmo Di Benedetto, pure lui ex dc, deve invece accontentarsi della prescrizione che aveva avuto in primo grado, assieme ad alcune assoluzioni.

Nella sua stessa posizione ci sono altri sette imputati: tutti avevano fatto ricorso per essere scagionati nel merito e non per il decorso del tempo. Ma i giudici di secondo grado hanno detto che va bene così come stabilito dal Tribunale. Il processo Trash, basato in gran parte sulle dichiarazioni del pentito Angelo Siino, si chiude in appello, dopo sei ore di camera di consiglio e a dieci anni dagli arresti, che portarono in carcere otto persone, e a otto dall`inizio del primo giudizio, che aveva visto alla sbarra ventotto imputati. Rispetto alla sentenza del Tribunale, datata 1 marzo 2007 e in cui c`erano state 12 condanne, per un totale di una settantina d`anni di carcere, ieri la quinta sezione della Corte d`appello di Palermo, presieduta da Antonio Caputo, ha ridotto le pene a meno di quindici anni complessivi e i condannati sono solo quattro. Si tratta di Antonino Biancorosso e Francesco Costanza (3 anni e 8 mesi ciascuno), Corrado Milazzo e Francesco Paolo Romano (3 anni e mezzo a testa). Tutti e quattro erano coinvolti nella vicenda del fallimento della Realizzazione Grandi lavori, che fu impegnata nel completamento della Palermo-Sciacca. La Rgl era stata considerata una specie di azienda di Cosa Nostra: ma Biancorosso e gli altri tre sono stati riconosciuti colpevoli solo di bancarotta fraudolenta, peraltro non aggravata dall`agevolazione di Cosa Nostra; cade così l`ipotesi del grande accordo tra mafiosi, imprenditori e politici per controllare e pilotare gli appalti della Provincia e del Comune di Palermo, sulla Palermo-Sciacca come nella discarica di Bellolampo, gestita dall`Amia. La sentenza afferma che ci furono singoli episodi di corruzione, per singoli appalti e gare mai il lungo tempo trascorso dall`epoca dei fatti (in alcuni casi risalenti alla fine degli anni 80 alla prima metà dei 90) e mancanza di aggravanti non consente di procedere per otto dei venti imputati. I quattro condannati dovranno pagare le spese del giudizio alle parti civili costituite, la Presidenza della Regione e una serie di assessorati (Territorio, Lavori pubblici, Industria, Turismo), oltre alla Provincia e all`Autorità portuale di Palermo la curatela fallimentare della Rgl. Erano assistite, fra gli altri dagli avvocati Salvatore Modica, Alberto Polizzi e Ambra Di Cristina. Gli imputati che hanno ottenuto le assoluzioni, le prescrizioni e le riduzioni di pena erano difesi, fra gli altri, dagli avvocati Gioacchino Sbacchi, Franco Inzerillo, Roberto Tricoli, Nino Caleca, Fabrizio Lanzarone, Marcello Consiglio, Sergio Spagnolo, Raffaele Bonsignore, Raffaella Geraci, Calogero Vela, Fabio Ferrara, Fabio Milazzo, Marina Cassarà, Leo Mercurio, Grazia Volo, Roberto Mangano, Massimo Motisi. L`inchiesta era stata denominata Trash, immondizia, perché i boss e i politici avrebbero cercato di speculare sul business dei rifiuti. Erano stati coinvolti anche l`ingegnere Vincenzo Udine, progettista, imparentato con Pino Lipari (vicinissimo a Provenzano), assolto in primo grado, come l`ex sindaco di Palermo Manlio Orobello (Psi). Tronci, rappresentante della De Bartolomeis, azienda considerata vicina alle coop rosse, secondo l`accusa avrebbe avuto un ruolo centrale: Siino aveva detto che gli stessi Provenzano e Salvo Lima volevano che nella spartizione entrassero aziende legate ai partiti di sinistra. Il nome di Tronci era venuto di nuovo fuori durante le indagini su Massimo Ciancimino, col quale aveva allacciato un rapporto di consulenza per l`importazione del gas dei Paesi dell`Est ex comunista.

Operazione Camaleonte: un pullman per i 21 arrestati

  by ANSA | 20:07
 
  07-03-2007 @ 546
   
 
  Blitz all’alba ad Agrigento delle squadre mobili guidate dai capi Attilio Brucato e Piero Angeloni che hanno arrestato fiancheggiatori e gregari del boss latitante Falsone, i 21 indagati sono stati trasferiti negli istituti di sicurezza con l’ausilio di un pullman. Il capomafia agrigentino, in contatto con Provenzano, è al vertice di uno dei gruppi mafiosi più pericolosi capace di infiltrarsi negli appalti con abilità, adattandosi ai settori paralleli del movimento terra e del trasporto, mantenendo il controllo del territorio e i contatti con gli affiliati di Palermo, da qui il nome dell’operazione “camaleonte”.
L’indagine, che è stata coordinata dai sostituti Fernando Asaro e Costantino De Robbio e dal procuratore aggiunto Annamaria Palma, si è avvalsa anche di un episodio risalente al 2005 e desunto da un “pizzino” inviato a Provenzano da Falsone che lamentava l’attentato incendiario di un escavatore ai danni di un’impresa edile “protetta” dalle famiglie di Agrigento, al messaggio seguì un risarcimento di circa 30 mila euro.
Le indagine sono state supportate dalle dichiarazioni dei boss, arrestati e oggi collaboratori, Gagliardo e Di Gati, che hanno reso possibile definire la mappa della rete di interessi tra imprenditori e mafiosi nell’area geografica tra Favara, Castrofilippo e Canicattì. Da quest’ultimo territorio i pizzini venivano inoltrati direttamente nel capoluogo palermitano attraverso i fratelli Gioia, mentre i contatti con il capomafia di Pagliarelli Rotolo, arrestato nell’operazione “gotha”, venivano assicurati da Lombardozzi padrino di battesimo del boss Falsone.
Tra gli arrestati anche Vincenzo Piraneo, un autista di pullman della linea “Cuffaro” sulla tratta Agrigento-Palermo, che, secondo la Dia, sarebbe il “corriere” che assicurava la consegna e lo scambio dei messaggi di carta dei boss dei due capoluoghi (repubblica Palermo 6/02/2007).
Per Francesco Messineo, capo della Procura di Palermo, è stato dato un duro colpo alla compagine di fiancheggiatori che agevolano la latitanza di Falsone nel territorio siciliano, infatti, secondo quanto emerso dall’inchiesta, il boss è stato ad oggi molto attivo proprio nella provincia agrigentina.
 

by http://www.la tua voce.it | 13:06

 

 
  02-03-2007 @ 825
  Mafia e immondizia: dopo nove anni condanne per 12 imputati
 
 

Ancora mafia, politica e appalti, stavolta il settore preso di mira dal boss Provenzano è quello dei rifiuti. Da qui la denominazione di “Trash” per il processo che, alla seconda sezione del Tribunale di Palermo, dopo nove anni, si conclude con 12 condanne che vedono coinvolti anche imprenditori e politici che “avrebbero condizionato” e “aggiustato” appalti gestiti dalla Provincia e dal Comune sulla rete stradale Palermo-Sciacca e sulla discarica di Bellolampo.
A quattro anni è stato condannato il boss Provenzano, a quattro anni e sei mesi l’ex assessore regionale al Territorio Franz Gorgone (già condannato per mafia), a tre anni e sei mesi il suo ex segretario Mario D’Acquisto, a quattro anni il cavaliere del lavoro catanese Pasquale Costanzo, rispettivamente a sette anni e a due anni e otto mesi i fratelli imprenditori Antonino e Salvatore Biancorosso, a otto anni l’imprenditore Corrado Milazzo, a sei anni l’imprenditore Francesco Costanza, a sei anni Francesco Martello, a sette anni Francesco Paolo Romano, a cinque anni Gaetano Traficante .
Un ruolo di spicco è stato riconosciuto nel corso dell’inchiesta all’imprenditore Romano Tronci, condannato a 10 anni, il cui nome è noto anche nel procedimento penale a carico del figlio di Vito Ciancimino in merito all’affare del gas. L’imprenditore Tronci era il rappresentante della De Bartolomeis negli anni in cui, secondo quanto raccontato dal pentito Siino, il boss Provenzano e l’onorevole democristiano Lima peroravano l’ingresso di aziende vicine ai partiti di sinistra nella spartizione degli appalti (Giornale di Sicilia 2/02/2007, Riccardo Arena).
Oltre alle condanne, contro cui gli avvocati della difesa hanno già annunciato gli appelli, cinque sono state le assoluzioni e prescrizioni, otto le prescrizioni da tutti i reati, due i proscioglimenti per morte e una l’assoluzione da tutti i reati.

by a.p. | 19:49

Tratto dal blog: http://www.la-tua-voce.it

Riconsegna della legalità agli appalti e ai lavori pubbliciultima modifica: 2007-02-28T01:24:00+01:00da aldo251246
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