Sisa: Paolo Sgroi, “L’ex salumiere diventato manager con l’aiuto di un amico di Brusca”

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Teste di legno e pezzi da novanta nel curriculum del Cavaliere della Sisa Sicilia scomparso nell’ottobre scorso. Sequestrati 250 milioni agli eredi. Cominciò al bancone della drogheria di via Vaccarini, approdò nel cda della Sisa. Grazie a ricatti e fatture gonfiate

Commentano i pubblici ministeri Gozzo e Paci: «Il defunto Paolo Sgroi non ha fatto affari se non con soggetti che gravitano nell’ orbita di ambienti mafiosi:

PALERMO repubblica.it

Commentano i pubblici ministeri Gozzo e Paci: «Il defunto Paolo Sgroi non ha fatto affari se non con soggetti che gravitano nell’ orbita di ambienti mafiosi:

06 dicembre 2008

Andava fiero degli inizi della sua carriera, dietro il bancone della salumeria di via Vaccarini. Paolo Sgroi era ormai diventato l’ animatore del primo polo siciliano della grande distribuzione, affiliato all’ insegna Sisa. A livello nazionale, il riconoscimento alla carriera gli era arrivato con la presenza nel consiglio di amministrazione del gruppo di Carpi, carica che manteneva dal 1997. Precisano gli inquirenti: «Questa indagine non riguarda il gruppo Sisa e i suoi supermercati associati – dice il tenente colonnello Francesco Lanotte, comandante del Gico – questa è l’ indagine nei confronti del gruppo Sgroi». Il provvedimento del Tribunale che ha fatto scattare il sequestro riscrive la storia del salumiere manager di via Vaccarini. Altro che self made man. Scorrendo i bilanci delle società, il consulente nominato dalla Procura (il commercialista Andrea Dara) ha scoperto che fra il 1988 e il 1994 gli Sgroi dichiaravano di non avere neanche di che vivere.

 

Commentano i pubblici ministeri Gozzo e Paci: «Il defunto Paolo Sgroi non ha fatto affari se non con soggetti che gravitano nell’ orbita di ambienti mafiosi: ciò è testimoniato sin dagli albori della sua attività di imprenditore, allorquando procede alle acquisizioni di alcune strutture commerciali direttamente riconducibili a soggetti in odor di mafia». L’ attività imprenditoriale sarebbe proseguita con «l’ asservimento di alcune teste di legno, per porre in essere delle fittizie intestazioni di beni». Negli ultimi anni della sua vita Sgroi avrebbe poi ripreso i rapporti con un «vecchio amico», così lo chiamano i magistrati: Gaspare Romano, un rappresentante di prodotti alimentari vicino al boss Giovanni Brusca, per questa ragione condannato nel 1998 a tre anni per associazione mafiosa. «Sgroi ha delegato a Romano una branca commerciale degli acquisti del Cedi Sisa», è l’ accusa mossa dai magistrati. Le intercettazioni della Guardia di finanza dicono che è Romano a stabilire chi debba fornire formaggi e salumi al consorzio Cedi. C’ era un prezzo: bisognava anzitutto versare una quota iniziale, ribattezzata “listing”; poi, sovrafatturare le merci cedute al gruppo Sgroi. I magistrati parlano di una «rilevante e continua ingerenza del pregiudicato Romano nella gestione della Cedi Sisa Sicilia». Era Romano che stabiliva quali salumi e quali formaggi fare arrivare sui banconi dei supermercati. «Sgroi ha permesso a Romano di porre in essere una serie di estorsioni ai danni di imprenditori che volevano commerciare con il Cedi Sisa e ne ha beneficiato, utilizzando i soldi da questi prelevati illecitamente». Nessuno degli imprenditori che facevano le forniture ha mai denunciato quel sistema di ricatti. Se ne rammaricano i pm: «Nel comportamento delle imprese del Nord – scrivono – deve ravvisarsi in pieno il reato di favoreggiamento, essendo lo scopo della falsificazione dei documenti contabili non certo il raggiungimento di benefici fiscali, ma proprio l’ occultamento dell’ attività estorsiva posta in essere da Romano e dalla moglie». I due, intercettati dalla Finanza, dicevano soddisfatti: «Oggi ho visto che siamo nel volantino~ ma le pancette di Valle non le mettiamo in volantino? Oggi c’ eravamo con il parmigiano~». Ma non erano offerte. Era l’ imposizione del boss. Continuarono a sentirsi spessissimo, Sgroi e Romano. Fino all’ ottobre 2006, quando arrivò l’ avviso di garanzia per l’ imprenditore di Carini. Allora i telefoni cessarono di suonare. «Il background e l’ habitat che ruota intorno allo Sgroi è saturo di mafia», è la conclusione della Procura: «D’ altronde il settore alimentare si presta agevolmente ai nuovi interessi di Cosa nostra». s. p.

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