Csm, 1282 giudici sotto processo

È il numero dei procedimenti disciplinari, in 10 anni 290 condannati, 156 dimessi prima della sentenza

Tratto da http://www.corriere.it
di Giovanni Bianconi
22 dicembre 2008

C’è qualche nome noto, coinvolto nelle più recenti burrasche giudiziarie, come Luigi de Magistris (condannato) e Henry John Woodcock (assolto). E qualche altro meno noto ma importante (procuratori in carica, giudici di processi delicati o che hanno appassionato l’opinione pubblica), molti dei quali assolti, ma alcuni condannati; per esempio i magistrati del tribunale di sorveglianza di Palermo che concessero la semilibertà al «mostro del Circeo» Angelo Izzo facendolo tornare a Campobasso dove uccise di nuovo, ai quali è stato inflitto un «ammonimento ».
Infine c’è un elenco di nomi quasi mai balzati all’onore (o al disonore) delle cronache.
E’ il piccolo esercito di toghe finite sotto processo davanti alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura: il «tribunale» che giudica gli illeciti commessi al di fuori di eventuali reati. E’ l’organo di giustizia interno all’ordine giudiziario e al suo autogoverno, spesso finito a sua volta sotto processo perché di manica troppo larga.

L’idea che le toghe si autoassolvano fa ormai parte del «comune sentire» anche se i magistrati (ma pure qualche osservatore esterno) la considerano soprattutto un luogo comune. Fatto sta che un diverso sistema, come la collocazione della Disciplinare fuori dal Csm, è uno dei temi sul tavolo quando si parla di riformare la giustizia, come di questi tempi. E scavare tra qualche cifra può forse aiutare a comprendere il problema.
Fino alla riforma varata nel 2006, che comincia a far vedere i suoi effetti soltanto adesso, doveva andare sotto processo disciplinare (avviato dal procuratore generale della Cassazione o dal ministro della Giustizia) «il magistrato che manchi ai suoi doveri o tenga in ufficio o fuori una condotta tale che lo renda immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere, o che comprometta il prestigio dell’ordine giudiziario ».
Formula forse troppo vaga che però, con un andamento un po’ ondivago da un anno all’altro, nell’ultimo decennio 1998-2007 ha portato davanti alla Sezione del Csm 1.282 magistrati (punta massima nel 2006, 153, e minima nel 2007, 87) su un numero complessivo di toghe italiane che oggi è arrivato a 9.000; ma bisogna tener conto dei casi in cui uno stesso giudice o pubblico ministero è stato giudicato più volte.
Degli oltre 1.200 casi giudicati, i condannati sono stati 290 (in media 29 all’anno), cioè il 22 per cento. Ma in questa valutazione bisogna considerare un altro dato: i 156 «imputati» che hanno abbandonato l’ordine giudiziario prima della sentenza, interrompendo così il procedimento. Comunque la percentuale dei condannati è quella, mentre la media dei colpevoli nei processi penali dopo i tre gradi di giudizio arriva a circa il 40 per cento.
Le sanzioni inflitte dalla Disciplinare vanno dalla più lieve (l’ammonimento) alla più grave (destituzione dall’ordine giudiziario) passando per misure intermedie come la censura e la perdita dell’anzianità.
La maggior parte delle condanne sono alla pena minima, ma il consigliere «laico» dell’attuale Csm e della Sezione disciplinare Michele Saponara commenta: «Anche sanzioni lievi, o addirittura certe assoluzioni, pesano sulla carriera del magistrato perché finiscono nel fascicolo personale e vengono considerate quando c’è la valutazione di professionalità per le promozioni o altro. Quindi un semplice ammonimento può avere conseguenze pesanti per chi lo subisce».
Saponara non è un «laico» qualunque. E’ un avvocato che ha dato battaglia in processi movimentati (difendeva Previti nei dibattimenti «toghe sporche», coimputato Berlusconi) ed è stato parlamentare di Forza Italia. Non può essere sospettato di «tenerezza» nei rapporti con i magistrati, e dopo due anni passati a giudicare le toghe spiega: «Direi che il funzionamento è fisiologico, e sinceramente non vedo grosse storture nel sistema. Certo, si può pensare come sostiene qualcuno di aumentare la componente “laica” rispetto a quella “togata” (attualmente è di un terzo, 2 du 6, secondo la proporzione che la Costituzione stabilisce per il Csm), ma non cambierebbe molto. Spesso mi ritrovo ad essere il più buono al momento del giudizio, perché conosco il sistema giudiziario e mi rendo conto che ci sono molte componenti dietro il comportamento di un magistrato incolpato». I numeri di coloro che finiscono sotto processo disciplinare (e quel 20 per cento o poco più di condannati) sono il risultato di un lavoro che parte da cifre molto più vaste. Ogni anno alla Procura generale della Corte di Cassazione, il «motore» dell’azione disciplinare verso i giudici, arrivano oltre mille segnalazioni; dagli uffici giudiziari (con la riforma i procuratori generali locali sono obbligati a segnalare gli eventuali illeciti, pena finire loro stessi sotto procedimento disciplinare), dal ministero all’esito delle ispezioni, da semplici cittadini. E ancor più ne vengono «lavorate», scartando quelle infondate o da archiviare dopo una semplice istruttoria. Nel 2007 ne sono arrivate 1.307, ne sono state definite 1.479 (smaltendo un po’ di arretrato) e alla fine è stata esercitata l’azione disciplinare davanti al Csm solo in 103 casi. Nel 2008,(secondo i dati del 15 dicembre), sono state definite 1.457 posizioni (su 1.361 sopravvenute) e s’è avviato il procedimento per 99 magistrati.
«La Disciplinare è uno dei cardini dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura — spiega il sostituto procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, che ne ha fatto parte da “togato” del Csm — giacché è preposta non solo a giudicare la deontologia e sanzionare comportamenti scorretti, ma anche a garantire i singoli magistrati da iniziative infondate. Il problema, semmai, è che nel settore disciplinare finiscono problemi che hanno a che fare con la valutazione della professionalità, dove ci sarebbe molto da innovare».
Buona parte dei giudizi davanti al Csm sono per i ritardi nella definizione dei procedimenti, molte volte giudicati fisiologici per le difficoltà strutturali degli uffici giudiziari. Ma le più recenti sentenze hanno stabilito una soglia di quei ritardi, oltre la quale la sanzione arriva anche se non viene acclarata l’indolenza del magistrato.
Poi ci sono i comportamenti, dentro e fuori i processi, sanzionati secondo un elenco di casi espressamente previsti dalla legge del 2006, con la «tipizzazione» degli illeciti. «Forse questa riforma— dice Elisabetta Cesqui, componente “togata” del Csm per Magistratura democratica, nonché membro della Disciplinare—ha lasciato scoperte delle aree di comportamenti che invece andrebbero sanzionati, ma è ancora presto per valutarne gli effetti. Conviene sperimentarla. Non si può dire che quello attuale sia un sistema che funziona alla perfezione, ma per lo meno è trasparente rispetto ad altri casi di giustizia domestica. E che sia domestica, nel nostro caso, lo stabilisce la Costituzione. A volte si commette l’errore di caricare il settore disciplinare di troppe attese, dovute al mancato funzionamento della responsabilità civile del giudice e di altri problemi che invece dovrebbero trovare soluzioni nei meccanismi della giustizia ordinaria».

Giovanni Bianconi

www.corriere.it

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