«Non vestirò mai più la toga. Mi batterò per la legalità»

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Tratto da: http://www.unita.it/

di Federica Fantozzi

1 maggio 2009

«Se tocchi i poteri politici e istituzionali scatta anche l’inquinamento della magistratura»

Luigi De Magistris, lasciata la toga, è in campo per le europee con l’Idv di Di Pietro.
Ha detto «potevo essere una risorsa per la sinistra». E invece è candidato in tutte le circoscrizioni per Italia dei Valori.

C’è amarezza nella sua scelta?
«No, è un’analisi. In questi anni la sinistra ha disperso un patrimonio molto forte: la berlingueriana questione morale si è andata disperdendo».
Quando e dove?
«A livello locale in quasi tutto il Mezzogiorno: Abruzzo, Campania, Calabria, Basilicata. Non mi pare un tema centrale nel Pd. Comunque, da sinistra nessuno mi ha proposto niente».
La scelta di correre con Di Pietro è un ripiego?
«No. Mi sento molto a mio agio nel suo progetto perché è aperto alla società civile in modo ampio e apprezzo la difesa netta della Costituzione. È giusto che sia patrimonio di sensibilità diverse: di sinistra ma anche conservatori».

Quindi Berlusconi ha fatto bene a celebrare il 25 aprile?
«È in politica da vent’anni e se ne ricorda solo ora. Vorrà trasformarla in Festa della Libertà. Soprattutto, vuole andare al Quirinale. Ma vedo forte contraddizione con i continui attacchi alla Carta. Con reazioni tiepide da parte del Pd».
Lei ritiene la difesa della Costituzione patrimonio di IdV e distante dal Pd. Ma il primo atto di Franceschini segretario è stato giurare sulla Carta.
«Non mi permetto di parlare di lontananza. Ma non ho visto un’opposizione netta al disegno neoautoritario di Berlusconi. In particolare sull’indipendenza della magistratura e il pluralismo dell’informazione».
D’Alema spara a zero: siete velleitari, funzionali al centrodestra, prigionieri di una logica minoritaria. A settembre l’alleanza con il Pd arriverà al capolinea?
«Non scopriamo ora che D’Alema è più vicino all’Udc. Forse vuole spostarsi in quell’ottica, e mi preoccupa: IdV ha un altro patrimonio di valori. Non considero finita l’alleanza, ma spero in un Pd diverso».
Lei ha detto che la politica è una scelta di vita e non tornerà indietro. Non dovrebbe valere per tutti i magistrati e i giornalisti che si candidano? 
«Per me è doveroso stabilire una netta cesura con il passato. È necessario per sgombrare il campo da equivoci vista la mia vicenda personale. Ma avrei perplessità su una legge che vieti di tornare in toga a un giudice di processo civile o amministrativo divenuto europarlamentare». 
Perché questa improvvisa scelta di vita? Si è disamorato della magistratura?
«È stata una scelta “spintanea”: in parte spontanea, in parte obbligata. Il mio sogno è sempre stato fare il magistrato. Quando ho capito di non poterlo fare, che mi impedivano di farlo, ho lasciato. Ma se non mi fosse accaduto quello che è accaduto non avrei mai pensato di fare politica».
I suoi nemici la accusano di non avere mai ottenuto una condanna. Si sente professionalmente incapace?
«È falso. Ho fatto il Pm per 15 anni occupandomi di mafia, ‘ndrangheta, droga, omicidi. Come tutti, ho avuto condanne e assoluzioni».
Tranne che nelle inchieste a sfondo politico?
«No, anche in quelle. Poi alcune mi sono state sottratte illegalmente e alcuni processi sono stati “aggiustati”. Se tocchi i poteri politici e istituzionali scatta anche l’inquinamento della magistratura».
Lei è stato prosciolto nell’inchiesta Toghe Lucane. A chi attribuisce le responsabilità di averla ostacolata?
«
Sono stato fermato dalla politica, che ha fatto il suo, ma con il concorso determinante di settori della magistratura. Maggior responsabile è il Csm, che rispetto come istituzione, ma di cui vedo la degenerazione».

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