La « Santabarbara» di Cosa nostra.
Nel colloquio intercettato nel carcere di Livorno, Carmelo Militano espone i progetti di morte.
Vittime designate Pino Lo Verde, capomafia di Resuttana e forse Vincenzo Troia: insidiavano i Lo Piccolo
Carmelo Militano, reggente dello Zen è furiooso: parla dell’alleanza fra Lo Verde e Troia che vogliono colmare il vuoto lasciato dai Lo Piccolo «ma noi abbiamo tredici paesi».
Palermo. Le armi dunque c’erano davvero. Nascoste a Villa Malfitano e al letto del boss. E da qualche parte ci potrebbe essere anche l’acido quello forte, come si era raccomandato Carmelo Militano, il reggente dello Zen recluso nel carcere di Livorno. Tutto parte proprio da lì, da quella conversazione captata nella sala colloqui del penitenziario dove Militano aveva convocato lo scorso settembre il figlio Francesco e il cognato, Agostino Pizzuto, abile giardiniere di villa che ha nascosto la santabarbara della cosca.
Palermo, Villa Witacher
Immagine tratta da http://deco-00slide.com
I tre senza sapere di essere ascoltati dai carabinieri del nucleo operativo, parlano di un piano di morte dell’ excapo mandamento Lorenzo, Pino Lo Verde, –« colpevole» di essersi schierato contro i capimafia Salvatore e Sandro Lo Piccolo, dopo il loro arresto. Lalla vitima designata veniva rimproverato di non avere provveduto al mantenimento delle famiglie dei carcerati.
Per capire bene la situazione, bisogna contestualizzarla. Il clan Lo Piccolo allo sbando: decine e decine di arresti, pentimenti a catena, sequestri di beni milionari. Mancava il capo ed anche i soldati ormai scarseggiavano e in più c’erano i deteuti che battevano cassa. E se la prendevano con chi stava fuori. Come se non bastasse anche le estorsioni, tradizionale forma di sostenimento per le cosche, erano diventate a rischio. Nessuno voleva più esporsi, correva il rischio di finire di filato in galera. Senza denaro, con il perenne spettro delle manette, la situazione per i mafiosi si era fatta sempre più complicata. E come accade spesso in questi casi, stava per imporsi la logica delle armi. Una faida interna al clan Lo Piccolo, un gruppo voleva eliminare i rivali, considerati i responsabili principali della situazione.
Di tutto questo si parla il 6 settembre 2008 nella sala colloqui del carcere di Livomo dove era rinchiuso Militano, boss dello Zen, legato a doppio filo con i Lo Piccolo. Il figlio Francesco stava a sentire i suoi ordini e parlava a monosillabi, il contributo fondamentale alle indagini arrivò invece da Pizzuto, che fece un elenco preciso delle armi che
servivano per combattere la guerra contro Lo Verde ed i suoi alleati. L’esordio fu proprio di Pizzuto. «Lo zio Vicè (Vincenzo Troia ndr) si alleò (fa il gesto con pollice ed indice ad indicare connessione) con Pinuzzo Lo Verde, che c’è da fare?».
Militano era sicuro. «Noi problemi non ne abbiamo – dice -, noi abbiamo tredici paesi, abbiamo tredici paesi nelle mani..ora noi siamo con quelli di Bagheria, con quelli di Trabia, siamo tutti nella stessa cosa… Carini». Pizzuto chiese: «sempre Lo Piccolo?». Militano confermò: «Sì, sì! La base è quella, Lo Piccolo e poi gli altri… Questi della Torretta sono con noi, questi sono con noi … a Bagheria c’è lo zio Pietro, Pietro Lo Iacono. Questo è amico
nostro, questo è un bravo cristiano …con questo ci puoi avere a che fare! Poi io ti scrivo un numero di telefono di Trabia, c’è uno che comanda tutta Trabia e tu ti metti in contatto con lui … Noi altri siamo in una botte di ferro – aggiunge Militano – noi problemi non ne abbiamo. Bagheria è con noi, Corso dei mille è con noi … questo Pinuzzo Lo Verde è una immondizia proprio, come esco io questo scappa subito …come esco io questo scappa».
«Questo Pinuzzo Lo Verde è una cosa inutile – dice Carmelo Militano – si tirava la cocaina, è una munnizza, è una munnizza…Tu lo puoi chiamare e lo maltratti, sei per me! – afferma -. Gli dici zio Vicè mio cognato è siddiato con lei, di come si sta comportando… ora mio cognato esce e poi vediamo tutto questo… e a questi li mandiamo tutti a casa».
Militano passò poi alle indicazioni pratiche e rivolgendosi a Pizzuto gli disse: «Tu mi devi fare un favore, devi trovare, devi trovare acido, acido, acido quello forte, te la fidi a trovarlo?». Il giardiniere Pizzuto non sembra preoccupato: «Quanto te ne serve?», e Militano: «un fusto grosso». Pizzuto aggiunge: «Per chi?» e Militano gli risponde: «Come esco io ci ripensiamo». E poi la frase fatidica che ha fatto scattate l’allarme rosso. Pizzuto aggiunse: «Ho un’altra cosa io, tutto pronto ho. Due trentotto, due calibro nove, un fucile a pompa, una scopetta, una col silenziatore e un mitragliatore». E dopo avere pronunciato quelle parole, indicò con le dita il terreno. Era tutto sotto terra.
I carabinieri hanno interpretato bene queste parole ed hanno cercato nella villa dove Pizzuto ha lavorato per anni. Non sono andati lì a caso. Villa Malfitano viene citata anche da Vincenzo Troia, presunto reggente di Pallavicino, parlando durante un’altra intercettazione. Era furibondo con Pizzuto, il giardiniere gli aveva detto che si era disfatto delle armi, le aveva buttate a mare. Ma era un bluff, come avevano sospettato i militari. Il giardiniere le armi le aveva conservate eccome, ma a Troia aveva detto il contrario perchè nel frattempo si era alleato con Pino Lo Verde, come emerge nell’intercettazione del carcere di Livorno.
Nel frattempo anche lo zu Vicè Troia aveva preso le sue precauzioni. Giovedì all’alba quando i carabinieri lo hanno arrestato gli hanno trovato sotto al materasso una Beretta calibro 7,65 col colpo in canna e il silenziatore.
Leopoldo Gargano