Nella cosca di S. Lorenzo covava la faida. Armi pronte per eliminare i rivali

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La « Santabarbara» di Cosa nostra.

Nel colloquio intercettato nel carcere di Livorno, Carmelo Militano espone i progetti di morte.

Vittime designate Pino Lo Verde, capomafia di Resuttana e forse Vincenzo Troia: insidiavano i Lo Piccolo

Tratto dal Giornale di Sicilia
17 maggio 2009
di Leopoldo Gargano

Carmelo Militano, reggente dello Zen è furiooso: parla dell’alleanza fra Lo Verde e Troia che vogliono colmare il vuoto lasciato dai Lo Piccolo «ma noi abbiamo tredici paesi».

 

Palermo. Le armi  dunque c’erano dav­vero. Nascoste a Villa Malfitano e al letto del boss. E da qualche parte ci potrebbe essere anche l’aci­do quello forte, come si era racco­mandato Carmelo Militano, il reggente dello ­Zen recluso nel carcere di Livorno. Tutto parte proprio da lì, da quella  conversazione captata nella sala colloqui del penitenzia­rio dove Militano aveva convocato lo scorso settembre il figlio France­sco e il cognato, Agostino Pizzuto, abile giardiniere di villa che ha nascosto la santabarbara ­della cosca.

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Palermo, Villa Witacher

Immagine tratta da http://deco-00slide.com

I tre senza sapere di essere ascol­tati dai carabinieri del nucleo operativo, par­lano di un piano di mor­te dell’ excapo mandamen­to Lorenzo, Pino Lo Verde, –« colpevole» di essersi schierato contro i capimafia Salvatore e San­dro Lo Piccolo, dopo il loro arresto. Lalla vitima designata veniva rimproverato di non avere provveduto al mantenimento delle famiglie dei carcerati.

Per capire bene la situazione, bi­sogna contestualizzarla. Il clan Lo Piccolo  allo sbando: decine e decine di arresti, pentimenti a cate­na, sequestri di beni milionari. Mancava il capo ed anche i soldati ormai scarseggiavano e in più c’erano i dete­uti che battevano cassa. E se la prendevano con chi stava fuori. Come se non bastasse anche le estorsioni, tradizionale forma di sostenimento per le cosche, era­no diventate a rischio. Nessuno vo­leva più esporsi, correva il rischio di finire di filato in galera. Senza de­naro, con il perenne spettro delle manette, la situazione per i mafiosi si era fatta sempre più complicata. E come accade spesso in questi ca­si, stava per imporsi la logica delle armi. Una faida interna al clan Lo Piccolo, un gruppo voleva elimina­re i rivali, considerati i responsabili principali della situazione.

Di tutto questo si parla il 6 set­tembre 2008 nella sala colloqui del carcere di Livomo dove era rinchiu­so Militano, boss dello Zen, legato a doppio filo con i Lo Piccolo. Il fi­glio Francesco stava a sentire i suoi ordini e parlava a monosillabi, il contributo fondamentale alle inda­gini arrivò invece da Pizzuto, che fe­ce un elenco preciso delle armi che

servivano per combattere la guerra contro Lo Verde ed i suoi alleati. L’esordio fu proprio di Pizzuto. «Lo zio Vicè (Vincenzo Troia ndr) si al­leò (fa il gesto con pollice ed indice ad indicare connessione) con Pi­nuzzo Lo Verde, che c’è da fare?».

Militano era sicuro. «Noi proble­mi non ne abbiamo – dice -, noi ab­biamo tredici paesi, abbiamo tredi­ci paesi nelle mani..ora noi siamo con quelli di Bagheria, con quelli di Trabia, siamo tutti nella stessa co­sa… Carini». Pizzuto chiese: «sem­pre Lo Piccolo?». Militano confer­mò: «Sì, sì! La base è quella, Lo Pic­colo e poi gli altri… Questi della Tor­retta sono con noi, questi sono con noi … a Bagheria c’è lo zio Pietro, Pietro Lo Iacono. Questo è amico

nostro, questo è un bravo cristia­no …con questo ci puoi avere a che fare! Poi io ti scrivo un numero di te­lefono di Trabia, c’è uno che co­manda tutta Trabia e tu ti metti in contatto con lui … Noi altri siamo in una botte di ferro – aggiunge Milita­no – noi problemi non ne abbiamo. Bagheria è con noi, Corso dei mille è con noi … questo Pinuzzo Lo Ver­de è una immondizia proprio, co­me esco io questo scappa subi­to …come esco io questo scappa».

«Questo Pinuzzo Lo Verde è una cosa inutile – dice Carmelo Milita­no – si tirava la cocaina, è una mun­nizza, è una munnizza…Tu lo puoi chiamare e lo maltratti, sei per me! – afferma -. Gli dici zio Vicè mio co­gnato è siddiato con lei, di come si sta comportando… ora mio cogna­to esce e poi vediamo tutto que­sto… e a questi li mandiamo tutti a casa».

Militano passò poi alle indica­zioni pratiche e rivolgendosi a Piz­zuto gli disse: «Tu mi devi fare un fa­vore, devi trovare, devi trovare aci­do, acido, acido quello forte, te la fi­di a trovarlo?». Il giardiniere Pizzu­to non sembra preoccupato: «Quanto te ne serve?», e Militano: «un fusto grosso». Pizzuto aggiun­ge: «Per chi?» e Militano gli rispon­de: «Come esco io ci ripensiamo». E poi la frase fatidica che ha fatto scattate l’allarme rosso. Pizzuto ag­giunse: «Ho un’altra cosa io, tutto pronto ho. Due trentotto, due cali­bro nove, un fucile a pompa, una scopetta, una col silenziatore e un mitragliatore». E dopo avere pro­nunciato quelle parole, indicò con le dita il terreno. Era tutto sotto ter­ra.

I carabinieri hanno interpretato bene queste parole ed hanno cerca­to nella villa dove Pizzuto ha lavora­to per anni. Non sono andati lì a ca­so. Villa Malfitano viene citata an­che da Vincenzo Troia, presunto reggente di Pallavicino, parlando durante un’altra intercettazione. Era furibondo con Pizzuto, il giardi­niere gli aveva detto che si era di­sfatto delle armi, le aveva buttate a mare. Ma era un bluff, come aveva­no sospettato i militari. Il giardinie­re le armi le aveva conservate ecco­me, ma a Troia aveva detto il con­trario perchè nel frattempo si era al­leato con Pino Lo Verde, come emerge nell’intercettazione del car­cere di Livorno.

Nel frattempo anche lo zu Vicè Troia aveva preso le sue precauzio­ni. Giovedì all’alba quando i carabi­nieri lo hanno arrestato gli hanno trovato sotto al materasso una Be­retta calibro 7,65 col colpo in canna e il silenziatore.

 

Leopoldo Gargano

Nella cosca di S. Lorenzo covava la faida. Armi pronte per eliminare i rivaliultima modifica: 2009-05-17T12:15:00+02:00da aldo251246
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