PALERMO – La polizia ha fatto luce su un omicidio di mafia commesso a Palermo nove anni fa. La vittima era Giampiero Tocco che venne sequestrato dai sicari davanti alla figlia minorenne. Per questo delitto la procura di Palermo ha chiesto ed ottenuto dal gip tre ordini di custodia cautelare. Si tratta dei boss mafiosi Sandro e Salvatore Lo Piccolo e Damiano Mazzola, già detenuto per altro.
Il provvedimento deriva da una complessa attività investigativa condotta dalla Squadra mobile anche a riscontro delle dichiarazioni rese dai più recenti collaboratori di giustizia, che ha permesso di ricostruire la vicenda. Dalle indagini è emerso che Tocco venne prelevato mentre si trovava nella sua automobile insieme alla figlia. A sequestrarlo furono falsi appartenenti alle forze dell’ordine che simularono un controllo. L’uomo venne condotto in una abitazione di Torretta, un paese del Palermitano, dove venne interrogato sull’omicidio di Giuseppe Di Maggio, avvenuto poco tempo prima. Si trattava del figlio del boss di Cinisi Procopio Di Maggio. Dopo essere stato “interrogato” dai mafiosi, Tocco è stato strangolato e il suo corpo sciolto nell’acido.
Le armi della mafia, scoperto il custode . Carcere duro per altri tre indagati
Tratto dal Giornale di Sicilia
9 giugno 2009
di Riccardo Arena
L’ARSENALE NASCOSTO A VILLA MALFITANO. Si chiamava Antonino La Mattina e faceva il portiere allo Zen: è morto un anno fa per cause naturali
La Dda ha chiesto e ottenuto dal ministerodellaGiustizial’applicazione del 41 bis per il giardiniere di Villa Malfitano Agostino Pizzuto, il cognato Carmelo Militano e Vincenzo Troia
L’uomo che per alcuni mesi aveva tenuto le armi dei Lo Piccolo era un portiere dello Zen, condannato a sette anni e due mesi in primo grado, nel processo «San Lorenzo V»: si chiamava Antonino La Mattina ed è morto per cause naturali l’anno scorso. Ad individuarlo, sebbene il pentito Michele Visita non ne conoscesse il nome, sono stati i carabinieri del Comando provinciale, che stanno cercando di ricostruire il percorso dell’arsenale dei capomafia di Tommaso Natale, quelle armi da guerra con cui Salvatore e Sandro Lo Piccolo erano pronti a dare battaglia alle cosche rivali e, se necessario, anche allo Stato.
E mentre le indagini sono in pieno svolgimento, la Dda ha chiesto e ottenuto dal ministero della Giustizia l’applicazione del 41 bis, il regime di carcere duro, per l’ultimo custode delle armi, il giardiniere di Villa Malfitano Agostino Pizzuto, il cognato Carmelo Militano e Vincenzo Troia. Si tratta di tre degli indagati dell’operazione Eos, che il mese scorso portò a 19 fermi di presunti esponenti delle cosche di San Lorenzo, Pallavicino, dell’Arenella e di Palermo Centro: nei loro confronti, secondo i pm Gaetano Paci e Lia Sava, ci sono ragioni di cautela particolari, perché Pizzuto era il custode delle armi, Militano voleva uccidere l’ex capo mandamento di San Lorenzo, Pino Lo Verde, e nel corso di un colloquio proprio con il cognato cercava «acido, acido, acido quello forte, te la fidi a trovarlo?». Pizzuto aveva risposto di sì e i due, che in precedenza avevano parlato dell’arsenale, indicando le singole armi che ne facevano parte, sono ritenuti estremamente pericolosi.
Non è ritenuto da meno Troia, pure lui trovato in possesso di una pistola, al momento del fermo e anche lui, come Pizzuto, sottoposto al processo per direttissima, davanti alla quinta sezione del Tribunale, presieduta da Gioacchino Scaduto. Ieri mattina l’udienza è saltata proprio per la nuova situazione, che impone ai due imputati la partecipazione a distanza al processo. Pizzuto, assistito dagli avvocati Giovanni Di Benedetto e Renato Canonico, e Troia, difeso dagli avvocati Sergio Monaco e Michele De Stefani, rischiano condanne severissime.
A parlare dei trasferimenti delle armi, della consegna al portiere dello Zen e poi dello spostamento prima nel garage dei Troia di via Castelforte, poi a casa di Pizzuto e infine a Villa Malfitano, e a indicare il punto preciso in cui era nascosto l’arsenale, è stato il pentito Michele Visita, uno dei 19 fermati – subito scarcerati- dell’operazione Eos.
Lo stesso Visita ha aggravato la posizione dell’ex assessore regionale ai Beni culturali Antonello Antinoro (Udc), già indagato con l’ipotesi di voto di scambio con i mafiosi, alle regionali del 2008. Visita ha detto di avere assistito alla consegna di una «busta gialla contenente denaro» da parte di Antinoro. A riceverla, due dei tre neodetenuti al 41 bis: Troia e Pizzuto.
L’arsenale della mafia trovato a Villa Malfitano
LA CURIOSITA’
E Pizzuto si rade Via i basettoni alla «scozzese»
Un capomafia con quei basettoni che lo rendevano facilmente identificabile e difficilmente dimenticabile era un capomafia atipico. Sarà stato forse per questa presa di coscienza tardiva, che a quel suo «segno particolare» Agostino Pizzuto ha rinunciato, tagliandosi i basettoni «alla scozzese» che gli prendevano entrambe le guance. La scelta di radersi è stata giudicata strana, al punto che la direzione del penitenziario ha immediatamente segnalato il fatto «anomalo» alla Oda. II boss, poi, era atipico anche per un altro aspetto: come giardiniere di Villa Malfitano aveva combattuto il punteruolo rosso e si era più volte concesso a giornali e tv. Un boss cosi, che si faceva vedere così tanto, non si era mai visto. R.AR.