Le cosche sul porto di Gioia Tauro. Sequestrato albergo di lusso estorto alla proprietà

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Immagine ANSA

In manette anche due funzionari della dogana

Il complesso alberghiero era stato acquisito dalle cosche con ripetute intimidazioni nei confronti dei precedenti gestori e del proprietario, costretti a cedere l’attività per compensare i debiti maturati con il gruppo criminale

Fonte Ansa

22 dicembre 2009

REGGIO CALABRIA – Ci sono anche due funzionari della dogana di Gioia Tauro tra le persone arrestate dai carabinieri nel corso dell’operazione, denominata ”Maestro”, contro i presunti affiliati alle cosche Mole’ e Piromalli di Gioia Tauro. Le ordinanze emesse dal gip distrettuale di Reggio Calabria, su richiesta della Dda, sono state 27, 26 delle quali eseguite. L’indagato che non e’ stato bloccato si trova attualmente all’estero. Nel corso dell’operazione, condotta dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria, e’ stato trovato anche un giubbotto antiproiettile, a testimonianza, secondo gli investigatori, del clima di scontro esistente fra le due cosche, un tempo alleate, ma adesso in contrasto, dei Mole’ e dei Piromalli.

Gli arrestati sono accusati di associazione mafiosa ma anche di importazione di notevoli quantita’ di prodotti cinesi con la complicita’ di societa’ di import-export che, eludendo i controlli, evadevano i dazi. Nel corso delle indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, sono stati sequestrati numerosi container di merce, spesso contraffatta, per un valore di decine di milioni di euro. Le indagini avrebbero permesso anche di scoprire le operazioni di riciclaggio in strutture immobiliari e attivita’ alberghiere nel Lazio, dove sono in corso sequestri preventivi. E proprio nel Lazio sono stati eseguiti numerosi arresti.

SEQUESTRATO LUSSUOSO COMPLESSO ALBERGHIERO A ROMA – Un lussuoso complesso alberghiero con due avviati ristoranti a Monte Porzio Catone, ad una trentina di chilometri da Roma, figura tra i beni sequestrati stamani nell’ambito dell’operazione dei carabinieri contro le cosche Molé e Piromalli di Gioia Tauro.

L’ammontare complessivo dei beni, tra i quali ci sono anche società di import-export è stato stimato in 50 milioni di euro. Dalle indagini, condotte dal Ros dei carabinieri con il contributo anche dell’Aisi, l’agenzia della sicurezza interna, é emerso che nella struttura sono finiti parte dei proventi delle attività illecite gestite nel porto di Gioia Tauro. Il complesso alberghiero era stato acquisito dalle cosche con ripetute intimidazioni nei confronti dei precedenti gestori e del proprietario, costretti a cedere l’attività per compensare i debiti maturati con il gruppo criminale.

Nell’albergo i carabinieri hanno anche arrestato quello che viene indicato come il principale referente imprenditoriale della cosca Molé, Cosimo Viriglio, di 43 anni, di Rosarno, uomo di fiducia del boss Rocco Molé, ucciso in un agguato il primo febbraio 2008. Proprio l’omicidio di quest’ultimo ha incrinato l’equilibro tra i Molé e la cosca Piromalli, cui era legata anche da vincoli familistici, scatenando uno scontro per il controllo delle attività economiche e produttive dell’area di Gioia Tauro e determinando nuove alleanze.

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Inchiesta/1. La Procura di Palermo a caccia degli intoccabili

La mafia dei “colletti bianchi” ha le ore contate?

di Ignazio Panzica

oggi, 22 dicembre 2009 11:44

http://www.siciliainformazioni.com/

La notizia è tenuta celata quanto e più dei lingotti d’oro di Stato a Fort Knox. La Procura di Palermo – supportata, in parte, parrebbe, anche da quella di Milano – starebbe per mettere le mani sulla “mafia palermitana dei colletti bianchi”. Quelli che negli ultimi 16 anni – dopo l’arresto di Totò Riina nel 1993 – sono diventati potenti, e ricchissimi. I riciclatori, insomma. Inchieste avviate, pare, alle ultime settimane di lavoro che abbatterebbero fortune di centinaia di milioni di euro di beni e patrimoni esposti al sole.

Nomi eclatanti. Quegli stessi che da tempo hanno sottratto “la titolarità della gestione strategica” delle attività mafiose, in Sicilia, ai vari Riina e Graviano, continuandole senza mai doversi pubblicamente “sporcare le mani”. Gli è andata tanto bene sin’ora che si sono convinti, nel volgere dell’ultimo decennio, di essere divenuti degli intoccabili. Quelli che per 16 anni hanno avuto l’occasione, e la disponibilità, di poter influenzare la vita della società siciliana, i suoi flussi di sviluppo, talune sue scelte politiche, il tono della sua condizione economica. Come si direbbe usando un linguaggio sociologico: “quelli che si sono sentiti arrivati, perché sono riusciti a farsi Stato”.

La “direzione strategica” di questa “nuova mafia” nel suo “nocciolo duro di comando”, non è composta da aspiranti killer o provetti “estortori del pizzo”; da giovanottoni alla Nicchi per capirci. Ma da poco meno di una decina di leaders: commercialisti affermati, imprenditori salottieri, avvocati attaccati allo scoglio del Tribunale di Palermo, esponenti della pubblica amministrazione; tutti, possibilmente, con la tessera “Alitalia frecce alate” in tasca e fedina penale immacolata. Gente che ha quale comune denominatore tre caratteristiche precise: una laurea, un ruolo professionale di pubblica visibilità, magari apprezzato, una condizione sociale “prestigiosa ed insospettabile” o circa quasi.

Sarebbero gli eredi, diretti o indiretti, del famoso e complesso, “sistema Vito Ciancimino” che ha accompagnato, ed a volte deviato, la società palermitana, e la sua borghesia, negli ultimi 40 anni.

Vi starete chiedendo se vi siano nuovi pentiti che orientano le indagini della magistratura? Niente nuovi pentiti.  http://www.siciliainformazioni.com/giornale/cronaca/75320/inchiesta1.htm

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