La Somalia nella morsa della siccità

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Riceviamo & Pubblichiamo

http://www.popoli.info

di Enrico Casale

11 luglio 2011

Inviato da Moretti Morando

«Siamo di fronte a una tragedia. Non ho altre parole per definire quanto sta accadendo in Somalia in queste settimane». Mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, non usa mezzi termini per descrivere la siccità che ha colpito la Somalia.

Le regioni più investite sono quelle meridionali, più agricole, ma anche quelle centrali, abitate da nomadi, stanno iniziando a risentire della carenza di piogge. «Le prime avvisaglie della carestia – osserva il prelato – le abbiamo avute lo scorso anno. Nel periodo di ottobre-novembre non è quasi piovuto. La carenza di acqua ha messo a repentaglio il raccolto primaverile. E anche le grandi piogge che di solito arrivano verso aprile e maggio si sono risolte in due o tre acquazzoni violenti, ma che non sono bastati a tamponare la carenza idrica. In Somalia, un Paese con un’economia di sussistenza, senza alcuna autorità pubblica (da vent’anni non esiste un governo centrale) e devastata da una guerra civile, due stagioni senza pioggia possono velocemente tramutarsi in siccità e carestia».

Secondo le stime fornite dall’Agenzia delle Nazioni unite per il coordinamento degli affari umanitari la crisi interessa nel Corno d’Africa circa 10 milioni di persone: 3,2 milioni in Kenya, 2,6 in Somalia, 3,2 in Etiopia e 117mila a Gibuti. Come detto però l’assenza di amministrazione statale e la guerra permanente espone a maggiore rischio proprio i somali. «Dalla Somalia – osserva Benvenuto Francesco Issak, esponente della comunità somala in Italia – ci arrivano notizie drammatiche. I morti sarebbero già migliaia. Il flusso dei rifugiati cresce di giorno in giorno».

Per scampare alla siccità e alla carestia i somali fuggono in tre direzioni. Molti cercano di raggiungere Mogadiscio. Nella capitale, dove è ancora attivo il porto e alcuni piccoli aeroporti, arrivano gli aiuti delle organizzazioni internazionali, che rappresentano un’ancora di salvezza per chi viene dal Sud. Nelle ultime settimane si registra l’arrivo in città di circa duemila profughi al giorno. Altrettanti stanno raggiungendo il campo di Dolo Ado, nell’Ogaden, regione etiope abitata prevalentemente da somali. Secondo i dati dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati dall’inizio del 2011 sono arrivati nella tendopoli circa 55mila somali. Per far fronte all’emergenza l’Onu ha allestito un altro campo a Kobe, a 60 chilometri da Dolo Ado, ma i 20mila posti disponibili sarebbero già quasi esauriti. La terza direttrice percorsa dai somali in fuga è quella verso il Kenya. Qui vengono ospitati a Daadab. Sebbene sia il campo profughi più grande del mondo è ormai arrivato al limite della capienza: i posti disponibili sono 90mila, ma sarebbero ospitate almeno 380mila persone. Il governo del Kenya ha dichiarato il disastro nazionale e ha lanciato un appello alla comunità internazionale.

A complicare la situazione somala è anche il controllo di numerose aree del Sud da parte delle milizie fondamentaliste islamiche degli shebab (legate ad al-Qaeda). A più riprese, nei mesi scorsi, proprio gli shebab hanno negato l’arrivo degli aiuti umanitari forniti dalle organizzazioni internazionali. Anche se la scorsa settimana Sheik Ali Mohamud Rage, un portavoce del movimento integralista, ha annunciato che un comitato degli shebab sta lavorando per affrontare l’emergenza e che il bando agli aiuti internazionali potrebbe essere tolto. «Abbiamo sentito quelle dichiarazioni – spiega mons. Bertin -, ma non abbiamo capito se il portavoce parlava a nome di una parte degli shebab (quella più “aperta”) oppure a nome di tutto il movimento. Questa incertezza blocca il nostro intervento come Caritas. La Caritas Internationalis ci ha contattato per sollecitare un intervento, ma temiamo che, se presentiamo i nostri progetti come iniziative cattoliche, questi siano boicottati o presi di mira dai miliziani integralisti. Attualmente aiutiamo, attraverso Ong locali, due villaggi del Basso Giuba, una delle regioni più colpite. Comunque nelle prossime settimane avvieremo qualche altro progetto».

Ma in questa crisi quale ruolo ha il governo di transizione riconosciuto dalla comunità internazionale? «Il governo – conclude mons. Bertin – purtroppo può fare ben poco. Controlla solo alcune parti della capitale ed è sotto assedio dei fondamentalisti. L’unica nota positiva è che i profughi in fuga dalla siccità cercano di insediarsi nei quartieri controllati dal governo. Probabilmente pensano di essere al sicuro e che proprio in quei quartieri arriveranno i flussi maggiori di aiuti».

Enrico Casale

Fonte http://www.popoli.info/EasyNe2/Primo_piano/La_Somalia_nella_morsa_della_siccita.aspx

PER I MENO INFORMATI QUALCHE NOTIZIA IN MERITO

http://www.avvenire.it/Mondo/somalia+siccita+carestia_201107161328347900000.htm

http://www.popoli.info/EasyNe2/Primo_piano/La_Somalia_nella_morsa_della_siccita.aspx

http://www.agi.it/iphone-pei/notizie/201107141758-…-pei0008-

somalia_mantica_all_igad_l_onu_assuma_ruolo_piu_attivo 

(On.Mantica Aiuti e nuova ambasciata in Somalia)

http://carlaefox.wordpress.com/2008/10/29/somalia-uccidere-coloro-che-portano-aiuti-umanitari-e-la-nuova-strategia-del-terrore/

http://www.diocesipadova.it/pls/s2ewdiocesipadova/v3_s2ew_consultazione.mostra_paginawap?id_pagina=2869&attiva_menu=0&nohtml=0

 (Mons.Bertin ,il vescovo dei pirati)

Moretti Morando

La Somalia nella morsa della siccitàultima modifica: 2011-08-05T16:10:00+02:00da aldo251246
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