Palermo, Tar del Lazio ferma la nomina di sette procuratori aggiunti

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http://palermo.repubblica.it

6 settembre 2011

Il Tar annulla il concorso per i procuratori aggiunti

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ferma la nomina di Antonio Ingroia, Vittorio Teresi, Teresa Principato, Maurizio Scalia, Nino Gatto e Leonardo Agueci a vice del capo dei pm di Palermo. E’ stato così nuovamente accolto il ricorso di due dei candidati battuti, Giuseppe Fici e Ambrogio Cartosio

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha annullato per la seconda volta il concorso a sei posti di procuratore aggiunto di Palermo. E’ stato così nuovamente accolto il ricorso di due dei candidati battuti, Giuseppe Fici e Ambrogio Cartosio, nei cui confronti secondo i giudici amministrativi è stata operata una “sottovalutazione”, nel senso che sono stati ridotti i punteggi a loro attribuiti per i meriti, le attitudini e l’esercizio di funzioni omologhe, senza che sia stata data un’adeguata e “congrua motivazione” da parte del Csm.

Per effetto della decisione, che segue di un anno e mezzo una sentenza di contenuto analogo del Consiglio di Stato, sono annullate le nomine di sei dei sette vice di Francesco Messineo: Antonio Ingroia, Vittorio Teresi, Teresa Principato, Maurizio Scalia, Nino Gatto e Leonardo Agueci. Il Csm dovrà adesso riesaminare la questione: ma l’organo di autogoverno dei giudici farà appello e con questo dovrebbe ottenere la sospensione della decisione del Tar Lazio; diversamente Ingroia e gli altri decadrebbero dagli incarichi, perché le sentenze amministrative di primo grado sono immediatamente esecutive. C’è poi anche un altro aspetto: Cartosio è stato nominato due mesi fa procuratore aggiunto di Trapani e Fici è in corsa per andare a rivestire la carica di procuratore nella stessa città. Entrambi potrebbero così perdere interesse a insistere nella proposizione dei ricorsi.

(06 settembre 2011)

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RASSEGNA STAMPA

Palermo, il Csm riconferma i sei aggiunti della Procura

GIUSTIZIA. Le nomine erano state annullate dal Consiglio di Stato dopo il ricorso di due esclusi

Ingrola, Teresi, Principato, Agueci, Scalca e Gatto possono restare ai loro posti. Le nomine erano state impugnate per l’interpretazione di una norma su un criterio di anzianità.
RESTANO DI NUOVO FUORI AMBROGIO CARTOSIO
E GIUSEPPE FICI

Fatti&Notizie
Fonte Giornale di Sicilia
30 luglio 2010
Riccardo Arena 
PALERMO

Tutto come prima: anche il plenum del Csm riconferma le nomine dei sei procuratori aggiunti di Palermo, annullate dal Consiglio di Stato ma ribadite dall’organo di autogoverno della magistratura. A maggioranza, con qualche voto contrario e con un paio di voti di scarto per Nino Gatto, il parlamentino dei giudici ha stabilito che Antonio Ingroia, Vittorio Teresi, Teresa Principato, Leonardo Agueci, Maurizio Scalca e lo stesso Antonino Gatto, il procuratore generale che il mese scorso aveva ottenuto la condanna in appello di Marcello Dell’Utri, possano restare ai loro posti. Il plenum ha dunque seguito la linea della commissione incarichi direttivi e ha lasciato ancora una volta fuori Giuseppe Fici e Ambrogio Cartosio, vincitori del ricorso presentato due anni fa ai giudici amministrativi e deciso il 4 maggio dal Consiglio di Stato. A Cartosio arriva la solidarietà di un componente togato uscente del Csm, Cosimo Maria Ferri: «Escludere un magistrato del suo valore professionale – afferma l’esponente di Magistratura Indipendente – è profondamente ingiusto. Quale regola è stata applicata per superarlo? Non riesco proprio a trovarla».

La commissione e il plenum hanno aderito alla proposta di maggioranza, avanzata dal relatore Letizia Vacca, laica del Pdci. Le nomine di Ingroia e degli altri erano state annullate per l’interpretazione di una norma sul cosiddetto criterio della «fascia», entro cui si collocano tutti coloro che hanno un’anzianità superiore a dieci anni rispetto al candidato più giovane. Chi sta nella fascia prende sei punti per l’anzianità; chi è fuori non ne prende nemmeno uno.
Nel caso dei sei concorsi ai posti di procuratore aggiunto di Palermo, il candidato più giovane era il pm Gaetano Paci. Cartosio e Fici, pm della Dda, nel momento in cui Paci era in corsa, erano nella fascia e avevano i 6 punti. Poi però il loro collega aveva ritirato la domanda, tagliandoli fuori. II Tar del Lazio, dopo il ricorso di Fici e Cartosio, aveva ritenuto che il ritiro della domanda potesse modificare la situazione anche «in corsa».
Criterio respinto dall’organo di appello, che aveva applicato un concetto giuridico diverso: la presentazione della domanda cristallizza la situazione, che non viene modificata dal fatto che venga poi ritirata.
II Consiglio superiore ha risolto tutto rifacendo le valutazioni individuali e ritenendo più meritevoli delle nomine Ingroia, Teresi, Principato, Agueci, Gatto e Scalca. Cartosio e Fici avevano lamentato di essere stati vittime di una sorta di «gioco di squadra», perché Paci è di Md, come Ingroia, pure lui relativamente giovane, e avrebbe agevolato il collega. Ipotesi respinta dagli interessati. Ma gli stessi ricorrenti avevano sottolineato nella loro nota che la vicenda «non ha in alcun modo turbato la regolarità e la cordialità dei rapporti con i colleghi». Riccardo Arena

“Libero”, I giudici se ne fregano della legge. Sentenze ignorate

Tratto da Libero

20 luglio 2010               

Ogni anno i magistrati vincono decine di ricorsi contro nomine promozioni e trasferimenti decisi dal Csm, che però cestina i verdetti sfavorevoli senza applicarli

di FRANCO BECHIS

A un comune cittadino non viene nemmeno data la scelta. Davanti a una sentenza passata in giudicato che lo condanna, non ha scampo. Il dispositivo si applica da sé. Se è penale finisce in galera.  Se è civile, gli portano via il dovuto senza tanti complimenti. In Italia è così per quasi tutti, perfino per i potenti che provano a scansarsi. Ma non è così per i giudici, e ancora meno per i capi dei giudici: loro le sentenze non le rispettano e nessuno gliele fa applicare a forza. Perché i capi dei magistrati italiani sono fuorilegge, al di sopra e forse anche al di sotto della legge. Un esempio chiaro? Il consiglio superiore della magistratura di cui è vicepresidente operativo ancora Nicola Mancino. Le decisioni che prende sono contestatissime dai diretti interessati. Trasferimenti,nomine, progressioni di carriera, incarichi vari decisi dal Csm sono ogni anno impugnati a decine.

I NUMERI

Nel 2008 ci sono stati 244 ricorsi. Nel 2009 altri 317. Nei primi cinque mesi del 2010 ancora 114 ricorsi. Chi si ritiene vittima delle decisioni del Csm le impugna davanti al Tar, poi chi perde fa ricorso e si arriva al Consiglio di Stato che prende l’ultima decisione. Sono durante questa legislatura una quarantina le decisioni definitive che hanno bocciato perché illegittime le nomine e le scelte del Consiglio superiore della Magistratura. E di fronte a una sentenza passata in giudicato, il Csm che fa, per dare il buon esempio ai cittadini? Le cestina. Se il Consiglio di Stato certifica che ha commesso un’ingiustizia e promosso o premiato quell’alto papavero della magistratura magari solo perché era appoggiato dalla corrente politica più à la page, i capi dei giudici fanno sempre spallucce. Si riuniscono in quattro e quattr’otto, prendono atto della bocciatura definitiva e ripremiano nello stesso modo il bocciato. Come se per loro la giustizia fosse un optional: l’importante è fare capire a tutti gli altri organi dello Stato e a tutti i tribunali della giustizia amministrativa che tanto i capi dei giudici fanno come vogliono, e a provare a disfare i loro piani si perde solo tempo. Non soldi, perché a dire il vero ogni volta che il Csm perde in giudizio deve pagare le spese, e qualche volta sono pure salate. Ma lì il portafoglio mica lo aprono i magistrati: sono soldi dei cittadini italiani, quelli che la giustizia debbono sempre rispettare, finanziando pure le guerre fra le correnti dei giudici.

Qualche esempio di tanta testa dura? Il 6 luglio scorso il Consiglio di Stato ha annullato la nomina a procuratore aggiunto della Cassazione di Giovanni Palombarini, approvata dal plenum del Csm l’11 febbraio scorso. C’era un ricorso di colleghi che ritenevano di avere più titoli, Carmelo Renato Calderone e Antonio Siniscalchi. Ma senza avere bisogno di valutare i loro meriti, la nomina di Palombarini era irregolare perché mancava il concerto con il ministero della Giustizia. Incidente di percorso? Macché. Era la terza volta in tre anni che il Consiglio di Stato annullava proprio quella nomina di Palombarini per irregolarità. Le altre due volte il Csm ha fatto spallucce e riunitosi in fretta ha rinominato quel giudice che stava tanto a cuore alla maggioranza dei capi dei giudici, fregandosene delle sentenze. Ma ogni volta ha commesso un nuovo errore, che ha mandato i piani a gambe all’aria. Questa volta il Consiglio di Stato ha perso la pazienza, ha appioppato al Csm una multa da 5 mila euro e nominato un commissario ad acta per eleggere il nuovo procuratore aggiunto della Cassazione. Il commissario ad acta però è proprio Mancino e c’è da scommettere che anche questa volta dal cilindro uscirà Palombarini. Per altro quella per il candidato di Magistratura democratica (manco a dirlo) deve essere una passione assoluta dei capi dei giudici. Perché prima di questa disavventura ne era già occorsa un’altra: la bocciatura della nomina (avvenuta ben due volte) di Palombarini ad avvocato generale presso la procura generale della Cassazione, scavalcando Vincenzo Nardi che ne aveva diritto. Anche lì il Consiglio di Stato ha perso la pazienza e il 10 febbraio scorso ha condannato il Csm per illecito amministrativo al pagamento di 25 mila euro di danni.

DOCCIA FREDDA

Nel maggio scorso altra doccia fredda per il Csm: giudicata definitivamente irregolare la nomina di sei procuratori aggiunti a Palermo, il più noto dei quali è Antonio Ingroia. C’erano altri che concorrevano e avevano più titoli anche se meno santi in Paradiso dei prescelti. Nomine irregolari. Un terremoto? Macchè, sono tutti lì al loro posto in attesa che il Csm faccia spallucce e riconfermi la stessa decisione ritenuta irregolare. Tanto i capi dei capi dei giudici delle sentenze se ne infischiano allegramente. Come è accaduto con la nomina del presidente aggiunto della Cassazione. Il Csm scelse il 30 aprile 2008 Torquato Gemelli. L’escluso, Giuseppe Ianniruberto, fece subito ricorso. E lo vinse sia al Tar che al Consiglio dei Stati. E il Csm? Se ne infischiò. Ianniruberto non si arrese e mandò una diffida. Poi ricorse ancora al consiglio di Stato per chiedere che la decisione già presa divenisse esecutiva. Il Consiglio di Stato gli ha dato ragione questa primavera e ha minacciato il Csm: se non fate come dovete, nomino io un commissario ad acta. Uffa, allora bisogna lavorare!. Il 13 maggio la quinta commissione del Csm si è riunita, si è guardata negli occhi: chi facciamo allora presidente aggiunto della Cassazione? Ma ovvio: Torquato Gemelli, e del consiglio di Stato ce ne infischiamo. Inutile dire che è subito ricorso Ianniruberto accusando il Csm di “inottemperanza del giudicato”… FRANCO BECHIS

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