Baldassare Bonura: la Verità viene a galla

b.JPG Immagine dell’ingresso dell’”Hotel San Bartolomeo” chiuso da vent’anni e prima del saccheggio

Ustica. L’ingresso dell’”Hotel San Bartolomeo” prima del saccheggio

Ustica. Lingresso dell’”Hotel San Bartolomeo” prima del saccheggio

Oggi, a distanza di 5 anni, riproponiamo l’intervista-denuncia dell’imprenditore palermitano Baldassare Bonura inviata a S. Ecc.za il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano  anche nella qualità di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura il 23/settembre/2006. I nomi dei soggetti denunciati a vario titolo dall’imprenditore sin dal 2003, sono stati al centro della cronaca palermitana successivamente all’intervista rilasciata, ma né la Procura palermitana né gli Organi inquirenti, cui sono state sporte le stesse denunce, hanno voluto indagare emettendo puntualmente scandalose ordinanze di archiviazione.

Il 26 ottobre 2006 il quotidiano “La Repubblica” edizione “Palermo” e il “Giornale di Sicilia” rendevano nota l’indagine svolta dal G.I.C.O. (Gruppo investigativo contro la criminalità Organizzata) della Guardia di Finanza di Palermo sull’imprenditore Paolo Sgroi che avrebbe riciclato il denaro del super boss Provenzano nei supermercati “SISA” tra Carini e Palermo.

Dal mese di Novembre 2006 l’avv.to Giovanna Livreri, stando alle cronache degli stessi quotidiani, è indagata per truffa ai danni dei propri assistiti in una tranche del procedimento che ha visto già condannati Massimo Ciancimino, l’avv.to internazionalista Giorgio Ghiron, l’avv.to tributarista prof. Universitario Giuseppe Lapis, la signora Epifania Scardino.
Il caso “Hotel San Bartolomeo 4 stelle è emblematico del ventennio di commistioni tra mafia, politica, giustizia e imprenditori corrotti contro i quali l’imprenditore Bonura aveva sporto denuncia cui era seguita l’indagine del GI.CO di Palermo del 1994.

Dopo le denunce di Bonura, l’asta fallimentare che nel 2003 aggiudicò l’hotel “San Bartolomeo” è stata annullata, e nel 2009 il denaro depositato, 500 mila euro, è stato interamente restituito dal curatore fallimentare avv. Vincenzo Barbiera agli Sgroi aggiudicatari.

Sempre nel 2009, il possesso dell’immobile di Bonura grazie a falsa documentazione è stato contestualmente  trasferito al Comune di Ustica in sede di giudizio presso la Suprema Corte di Cassazione ; su tutto questo è pendente un giudizio in sede civile al tribunale di Palermo a seguito di querela di falso in via principale intentata da Bonura contro il Comune di Ustica nella persona del Sindaco pro tempore, cui hanno fatto seguito ulteriori denunce in sede penale.

Ad oggi, però, alla Procura della Repubblica di Palermo sussiste un inspiegabile Silenzio insieme alle archiviazioni e ad indagini lacunose, che hanno lasciato nel limbo le ipotesi di reato d’abuso nei pubblici uffici, di falso, di estorsione e minacce di stampo mafioso. Sulla vicenda del “San Bartolomeo” di Ustica ebbe a indagare anche il giudice Paolo Borsellino che fece incriminare l’allora sindaco di Ustica Vito Ailara, l’allora tecnico comunale Salvatore Compagno, e la madre del sindaco Giuseppa Ailara titolare della Pensione Clelia oggi “Hotel Clelia 4 stelle”. Tutti gli imputati furono incredibilmente assolti in appello e in Cassazione; poi il Tribunale penale nel ’94 ha assolto il Bonura dal reato di calunnia, di cui era stato speciosamente accusato, e ha confermato la sussistenza di “seri dubbi sulla effettività di un sopralluogo clandestino non certificato da relativo verbale” espletato dal tecnico comunale Compagno in cui si contestava il mancato inizio dei lavori entro l’anno di rilascio dalla concessione edilizia. Da allora Bonura denuncia che negli atti comunali non sia mai esistito quel verbale di sopralluogo, unitamente ad una serie di inadempimenti compiuti dall’ufficio tecnico nei riguardi di quanto previsto dalla normativa urbanistica. Attualmente l’imprenditore ha intentato in sede civile querela di falso contro l’attuale amministrazione comunale di Ustica gravata da una richiesta di danni patrimoniali e morali  derivati all’imprenditore per la chiusura dell’albergo già in attività da due stagioni e poi indotto al fallimento.

Dopo più di vent’anni Bonura è ancora incredibilmente in stato di fallimento, e non è chiaro perché sia stato fatto chiudere per poi saccheggiare un albergo funzionante con i contratti con le più rinomate agenzie di viaggio stipulati anche per l’anno successivo alla chiusura, realizzato con fondi regionali come “opera di pubblica utilità”, che tutto era tranne che abusiva.
Le foto allegate all’intervista riproducono fedelmente lo stato dell’Hotel San Bartolomeo quattro stelle com’era prima della lunga gestione della curatela, che non solo lo ha tenuto inspiegabilmente chiuso per vent’anni, ma che poi ne ha permesso il saccheggio dei beni mobili, irregolarmente svenduti, oltre che il furto delle attrezzature fisse.

Dalle foto, inoltre, si evince come la Pensione Clelia, allora casa tipica di poche stanze, sia stata sopraelevata con  struttura mista sino a quattro elevazioni, e come siano state per giunta realizzate opere di svuotamento delle fondazioni di un edificio in muratura, il tutto in zona altamente sismica a rischio di pericolo di crollo contro la pubblica incolumità. Anche su questo alcuni dei procuratori aggiunti di Palermo e Gip del tribunale osservano un fragoroso Silenzio!!!

Oggi siamo alla resa dei conti perché la VERITA’ esige e grida GIUSTIZIA.

Buona lettura

All.mo Presidente della Repubblica On. Giorgio Napolitano

Oggetto: Intervista-denuncia

La presente, allegata al fascicolo della denuncia, riproduce fedelmente quanto da me dichiarato e di cui il sottoscritto si assume tutte le responsabilità

Palermo 23/09/2006.

Baldassare Bonura

INTERVISTA

-D. Signor Bonura, secondo la sua diretta esperienza chi o che cosa è oggi la mafia in Sicilia?

R. Una fitta e cancerosa commistione di interessi di carattere economico e di potere politico-mafioso che, purtroppo, sconfina nel tessuto dello Stato e delle sue Istituzioni, coinvolgendo sia gli organi giudiziari che quelli inquirenti. Duole ma è doveroso testimoniare le numerose archiviazioni con cui o per connivenza, o forse per paura, sono state chiuse le indagini inerenti la mia vicenda dal 1985 al 2005 presso la Procura di Palermo, nonostante mi sia più volte appellato direttamente all‘allora Capo della Procura antimafia dott. Pietro Grasso, al quale ho pure indicato nomi e fatti circostanziati che hanno determinato il mio fallimento. Ma ciò nonostante le indagini non sono mai iniziate.

DSCN0279.JPG

Al posto delle statue in bronzo vengono esposti i bidoni di plastica sulle colonne della “Hall”

DSCN0292.JPG

I tendaggi della Hall dell‘“hotel San Bartolomeo“ sono stati rubati

-D. Dove pensa siano le falle del sistema di controllo delle Istituzioni?

-R. Ormai, come si evince dalle cronache, non solo in Sicilia, ma in tutta Italia le Istituzioni sono pervase da una degenarazione dei pricipi base dell’etica stessa di uno Stato di diritto e democratico. Questo ha lasciato spazio al consolidamento di interessi personali di una cerchia ristretta, ed alla scorribanda di faccendieri collusi, appartenenti sia al mondo politico sia a quello finanziario e imprenditoriale, resi più forti dalla miopia di certa magistratura.

DSCN0305.JPG

Camera “Hotel San Bartolomeo” con vetro rotto e copriletti rubati

-D. Nonostante gli arresti eccellenti eseguiti in Sicilia negli ultimi mesi sostiene che poco o niente è cambiato?

R. L’opinione pubblica deve essere informata in modo schietto ed onesto: come può un contadino,  per quanto efferato omicida, tenere le fila di una mafia globalizzata presente nel sistema economico internazionale oltre che nei gangli istituzionali? A mio parere l’arresto di Provenzano, in latitanza da più di quarant’anni, non è nè fortuito nè risolutivo. Occorre che tutti gli organi, giudiziari ed inquirenti ascoltino non solo i pentiti, ma anche gli onesti cittadini che hanno il coraggio di denunciare fatti di estrema gravità lesivi in Sicilia non solo dei diritti personali ma anche della civile convivenza.

DSCN0351.JPG

L’interno dell’Hotel “San Bartolomeo“ trasformato in una piccionaia

-D. Potrebbe spiegare meglio il nodo professionisti-mafia che si è reso esplicito nella sua vicenda?

-R. Si. Io stesso ho avuto modo di conoscere l’architetto Angelo Sgroi, fratello di Paolo noto cavaliere del lavoro dei supermercati SISA-Carini, presentatosi come professionista onesto e stimato, e a suo dire, solidale nei miei confronti per la vicenda di cui sono vittima.

DSCN0323.JPG

Il servizio con cabina doccia di cui era dotata ogni stanza

Eppure, dopo aver svolto dietro mio mandato, una consulenza sull’immobile di Ustica per la mia denuncia, mi ha lasciato intendere di rappresentare gli interessi di un mafioso di Carini, e alla fine ha solidarizzato invece con il mio ex avvocato penalista Giovanna Livreri, dietro la consulenza del professore universitario dott. Giuseppe Frisella e del dott. Mario Brancato consulente della Lybra Consulting presso lo studio dello stesso legale. Nei fatti oggi l’architetto Sgroi è il nuovo proprietario dell’Hotel San Bartolomeo, ed io continuo a chiedere giustizia per i miei diritti negati dai gravi fatti estorsivi subiti.

-D. I personaggi da lei citati  entrerebbero nel novero dei cosiddetti colletti bianchi?

R.  Si. Sebbene già venta’anni fa i giudici Borsellino e Falcone, con i pochi colleghi di cui si fidavano presso la Procura palermitana, avevano delineato chiaramente  il terzo livello dei reati di mafia, ossia le collusioni dei padrini con il  mondo economico e con i colletti bianchi, al sicuro sotto le protezioni politiche, realtà che oggi sono confermate da sentenze già emesse, da indagini in corso e da indizi probatori inequivocabili. Urgerebbe allora indagare e insistere in quella direzione; cercare i mandanti di omicidi e di stragi lì dove, dietro le porte dei “salotti buoni“, e degli studi professionali, un pugno di uomini decide le sorti della Sicilia, forte delle coperture compiacenti anche di certa magistratura.

 DSCN0297.JPG

La “Hall” dell’albergo dopo il saccheggio

-D. Ha avuto modo di conoscere nel corso della sua attività imprenditorale portavoce di conclamati interessi mafiosi?

R. Certamente. Esisterebbero indizi probanti proprio in quella denuncia del lontano 1985, sulla quale lo stesso giudice dott. Paolo Borsellino indagò. L’inchiesta però venne ritualmente archiviata, nonostante descrivesse appieno i fatti e gli intrigati meccanismi del sistema affaristico mafioso degli anni ottanta capeggiato, ufficialmente, da Riina e Provenzano. Da ciò nasce l’urgenza, oggi, di capire se i boss dei boss davvero non potessero essere scovati molto prima, forse, in un tempo in cui si sarebbe potuto far luce sulla miscela esplosiva d’interessi tra mafia, politica e imprenditoria  che verosimilmente esitò, appena sette anni dopo l’ultima archiviazione della mia denuncia, nelle stragi del 1992 di cui rimasero vittime i giudici Falcone e Borsellino con i propri congiunti e le proprie scorte.

-D. C’è un imprenditore cui lei fece specifico riferimento nelle denuncie sporte più di vent’anni fa?

R. Si. L’ingegnere Giuseppe Montalbano, sedicente imprenditore di “sinistra” condannato per concorso esterno in associazione mafiosa nel 2003.
A lui si fa esplicito riferimento nell’indagine svolta dal Gruppo Investigativo Criminalità Organizzata di Palermo nel 1993, a seguito della mia nuova denuncia. Purtroppo anche questa nuova inchiesta fu ancora una volta archiviata dal Procuratore aggiunto dott. Giuseppe Pignatone. Eppure la mia denuncia forniva interessanti spunti investigativi, infatti in riferimento a quanto già da me denunciato nel 1985, tra le vicende e gli elementi indiziari riguardanti l’ingegnere Montalbano, nel fascicolo del GI.CO sono riportate le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Baldassare Di Maggio che indica l’ingegnere come “prestanome” del patrimonio di Riina, che durante la latitanza poi trovò domicilio proprio nella lussuosa  villa di via Bernini intestata al Montalbano.

-D. Signor Bonura può inquadrare meglio lo sfondo su cui la sua annosa vicenda si snoda?

foto%2525201.JPG

FOTO PENSIONE CLELIA 1978: “Stato dei luoghi prima della edificazione dell’Albergo San Bartolomeo; a sinistra l’originaria giacitura del Lotto A destra quella del Lotto B.”
Prospiciente ai luoghi è la “Pensione Clelia” (Piano terra, Primo piano, Terrazza semicoperta). La foto “X” è estratta dalla perizia tecnica eseguita dall’arch. Donatella Lino a seguito di delibera municipale del Comune di Ustica n. 12 del 9.01.1985, resa esecutiva dalla C.P.C. il 10.04/1895 n.ri 12300/7236, avente ad oggetto “legittimità o meno del rilascio del certificato di abitabilità dell’Albergo San Bartolomeo” di proprietà dei Sig.ri Bonura Baldassare, Francesco, Vittoria, Anna Maria, richiesto in data 20.07.1983.
Scrive e certifica l’arch. Lino: “si può affermare che la costruzione Hotel San Bartolomeo, autorizzata con concessione edilizia n. 331 del 31/08/1978 è CONFORME alla normativa urbanistica” ex artt. 17 e 18 della L. 64/1974 zona sismica.

immagini%2525202009%252520001.jpg

EX Pensione Clelia, oggi, 2003, hotel 3 stelle con nuova elevazione di quattro piani.
Nella foto è evidente l’altezza cui è giunto l’edificio ex “Pensione Clelia” della famiglia dell’ex Sindaco Vito Ailara a seguito di sopraelevazioni realizzate su preesistente struttura mista in muratura, in violazione della L. 64/1974 zona sismica, col consenso dell’Ufficio tecnico del Comune di Ustica (Sindaco Licciardi), dell’Ufficio del Genio Civile di Palermo e di alcuni esponenti della magistratura palermitana che hanno omesso le indagini pur in presenza di documentazione pubblica prodotta agli uffici inquirenti.

img016.JPG

-R. Lo scenario della “perla nera”, come viene appellata l’ isola di Ustica, con i suoi limpidi fondali fa da contrasto ad una storia buia e dalle tinte fosche, che nel tempo, anzi, si è voluta sempre più adombrare sotto il peso del silenzio e delle compiacenti reticenze di certi lembi della magistratura palermitana, oltre che di certi organi di stampa locali asserviti alla regia di chi ha decretato la chiusura di un albergo e, dunque, il fallimento di un imprenditore “reo” solo di essere libero da vincoli sia della politica, la DC degli anni ’80, che dalla volontà del padrino Totò Riina.

-D. Qual è oggi la sua situazione legale?

R. Il sottoscritto, dopo essere stato vittima di un fallimento “anomalo” perché ancora aperto dopo più di vent’anni, oggi è stato riconosciuto come “parte offesa” nel procedimento penale aperto presso la Procura della Repubblica di Catania, dopo aver più volte sporto denuncia presso la Procura di Palermo, dove, invece, il Procuratore aggiunto dott. Bianco ha reputato opportuno archiviare a seguito di un’istanza di sequestro presentata dal mio ex avvocato Giovanna Livreri. alla quale ho rimesso il mandato paventando il reato di “infedele patrocinio” e di  “violazione del segreto”. Tra l’altro oggi lo stesso legale è sotto inchiesta con l’accusa di truffa e minacce a danno di propri assistiti in base a parcelle di milioni di euro, nell’ambito dell’inchiesta su Massimo Ciancimino, il tesoro della mafia ed il prestanome professore Gianni Lapis cliente della Livreri e collega del professore universitario Giuseppe Frisella.

-D. Qual è stata la motivazione dell’archiviazione?

R. In breve il procuratore aggiunto non mi ha reputato “parte interessata”, rinviando al curatore fallimentare avvocato Vincenzo Barbiera, che invece, allo stato dei fatti,  ha lasciato che l’albergo chiudesse, fatto questo inspiegabile visto che in questo modo il bene durante i venti anni trascorsi è stato oggetto sia di atti vandalici che di ambigue appropriazioni, ora dal Comune ora da società presentatesi alle aste fallimentari, e su cui sono in corso accertamenti. Il tutto è andato a detrimento degli interessi delle banche e degli eventuali creditori, tant’è che oggi il fallimento non è stato ancora chiuso.

DSCN0293.JPG

L’angolo lettura dell'”Hotel San Bartolomeo” dopo il saccheggio

-D. Ad un attento esame dei documenti, dove si evince un palese contrasto tra documenti prodotti e atti amministrativi?

R. Il paradosso della vicenda sta, appunto, nei documenti che pur attestando la regolarità urbanistica dell’albergo “San Bartolomeo” quattro stelle, non hanno potuto scongiurarne il fallimento, dietro il pretestuoso diniego, da parte delle amministrazioni comunali avvicendatesi, del rilascio di certificazione di abitabilità. Dopo vent’anni il Comune, oggi sotto l’amministrazione forzista del sindaco Aldo Messina, cerca ancora di acquisire il bene immobile per scopi non chiari per mezzo di ambigui atti amministrativi su cui sono in corso le indagini.

-D. Sembrerebbe che gli estremi del reato di “abusivismo” siano stati riscontrati, negli anni addietro, tendenziosamente sull’hotel “San Bartolomeo”.

R. Si, c’e stata la chiara intenzione dell’amministrazione comunale di Ustica di estromettere l’albergo dal circuito turistico ricettivo in modo definitivo grazie al fallimento dell’attività della “Giovanni Bonura e figli” sas.  Nonostante gli affari andassero bene, grazie ad un pretestuoso cavillo burocratico, mi è stata negato il certificato di abitabilità che di fatto ha interrotto i finanziamenti regionali cui la mia società aveva diritto.

-D. Esistono altri abusi edilizi sul territorio usticese?

R. Si, e ne ho conoscenza diretta. Persistono, indisturbate, situazioni di incredibile gravità, grazie alle quali non solo si è edificato in dispregio alle norme edilizie antisismiche, visto il territorio di origine vulcanica, ma, addirittura si sono eseguiti lavori di superfetazione in immobili destinati a ricettività quantunque abusivi. Ad aggravare il reato è l’utilizzo improprio di finanziamenti europei per la realizzazione di siffatte opere edilizie. Non si può non denunciare, eppure anche lì dove le denunce sono state sporte al Comune di Ustica, alla Procura della Repubblica competente, e ai Carabinieri dell’isola, inspiegabilmente a queste non si è dato alcun seguito d’indagine.

-D. Neanche adesso ha avuto riscontri con le autorità da lei interpellate?

R. Ho avuto riscontri, ma non proprio secondo  tutti i crismi. Eppure sono stato invitato ufficialmente dal maresciallo Coi dei Carabinieri della sezione “Polizia giudiziaria” presso il tribunale a presentarmi presso la Procura di Palermo per delucidare l’ultima denuncia sporta presso il Comando dei Carabinieri stazione Altarello-Baida al Tenente Zito che interveniva su indicazione del Capitano Friano.
Come in una trama da fiction, davvero inquietante, mi sono ritrovato a mercanteggiare in termini economici la mia vicenda, che invece chiede giustizia per i torti subiti alla luce del sole.

-D. Può spiegare in che senso si è “mercanteggiato”?

R. Dopo che il maresciallo Coi ha fatto allontanare il mio legale, mi sono trovato faccia a faccia con il Procuratore aggiunto dott. Paolo Giudici, che invitandomi “ad essere concreto” mi ha spiegato, a suo dire “paternamente”, per due ore, che  la soluzione stava nella  filosofia del “pochi maledetti e subito” piuttosto che in una riapertura dell’inchiesta che non avrebbe portato a nulla, se non ad un’ennesima archiviazione.

-D. Potrebbe essere più chiaro?

R. Veda, di chiaro in questa vicenda c’è davvero poco o nulla. Comunque interpretando a freddo il consiglio sibillino, mi si chiedeva di ricucire i contatti con l’architetto Sgroi e di patteggiare su un eventuale accordo.

-D. Ma scusi, l’architetto non è stato pure denunciato da lei?

R. Si,  come prestanome di un mafioso in vece del quale ha concluso  l’ affare poco chiaro acquistando l’albergo San Bartolomeo all’ asta fallimentare per un prezzo vile, del tutto fuori mercato, e che successivamente sarà rivalutato per una cifra che va ben al di là di 450 mila euro.

-D. E come spiega che il giudice abbia cercato di conciliarvi?

R. Penso che il dott. Giudici volesse evitare un prosieguo delle indagini che coinvolgono pure, oltre l’avvocato Livreri ed il dott. Bianco, l’attuale Procuratore aggiunto dott. Pignatone, il dott. Barcellona, all’epoca dei fatti giudice della sezione fallimentare di Palermo e l’avvocato Bongiorno, presso il cui studio di Palermo avvennero gli incontri organizzati dall’amico e cliente ingegnere Montalbano,

 RassegnaStampaHSB1981198402.jpg

La visuale dalla terrazza ristorante dell'”Hotel San Bartolomeo” sul mare di Ustica, 120 posti letto, con tutti i confort, nel centro storico dell’isola

-D. Lei si sente “solo” di fronte alle Istituzioni cui si è più volte appellato?

R. Si, specie dopo aver constatato che, dopo otto mesi dalle denunce sporte presso la Prefettura di Palermo, ancora non sia stato mai convocato dal dott. Marino, nonostante la pericolosità dei soggetti da me denunciati, e nonostante la gravità dei fatti che mettono a rischio la mia incolumità e quella della mia famiglia. Siamo al paradosso, il cittadino onesto che si espone e denuncia deve stare pure  molto attento all’uso strumentale e personale che le istituzioni interpellate ne possono fare, per coprire eventuali omissioni, o per fare gli interessi dei soliti “amici degli amici.
Il sacrificio cruento di uomini puliti come Peppino Impastato e degli operatori onesti delle forze dell’ordine non è bastato a far vergognare certe istituzioni e certi giudici che, tuttora, operano a Palermo. Forse occorrerebbe una lavatrice per le coscienze.

-D. Teme per la sua vita e quella dei suoi parenti prossimi?

-R. Si, anche se mi sono, per così dire, premunito di depositare  dvd e documenti cartacei riguardanti tutti i soggetti di cui sin qui detto, e dai quali ho ricevuto minacce direttamente e per interposta persona. Certamente in caso di danni alla mia persona o a terzi a me cari, reputerò corresponsabili tutti gli organi cui ho sporto denuncia, nelle autorità rappresentanti la Procura di Palermo, la Prefettura di Palermo e l’arma dei Carabinieri, visto le lungaggini e le ambiguità con cui sono stati esaminati i miei documenti.
Di tutto questo ho inviato copia al Presidente della Repubblica, e rimango in fiduciosa attesa di riscontri celeri.

-D. Dunque la vicenda dell’ hotel “San Bartolomeo” è ancora aperta dopo tutti questi anni?
R. Si. Dopo vent’anni la domanda è sempre la stessa: perché l’albergo “San Bartolomeo” cinque stelle di Ustica, il più innovativo degli anni ‘80, il solo immobile turistico, nell’Isola di Ustica, ad avere l’autorizzazione del G.C., della Soprintendenza e dei VV.FF su un terreno vulcanico e sismico, è stato chiuso?

-D. Eppure cento posti letto nel centro storico di Ustica avrebbero potuto dare un input non indifferente al flusso turistico usticese.
-R. Si, ma forse è proprio questa la causa di tanta invidia e di tanti interessi contrapposti alla mia attività.

-D. Oggi investirebbe in Sicilia ancora nel turismo?

R. Purtroppo l’esperienza mi suggerisce una maggiore prudenza, eppure oggi pur di convincere gli imprenditori ad investire in Sicilia vengono predisposti strumenti di cofinanziamento con fondi pubblici ed europei, e con interessi agevolati. Il mio hotel era ad esempio un immobile di “pubblica utilità” in quanto finanziato con fondi regionali finalizzati ad opere di pubblico interesse. A maggior ragione non capisco in che modo l’amministrazione comunale attuale abbia potuto deliberarne il cambiamento di destinazione d’uso. Ma anche questo ora è al vaglio degli organi inquirenti che hanno il dovere di far luce su una vicenda buia come purtroppo se ne annoverano ancora tante in Sicilia.

In fede

Baldassare Bonura

Palermo 23/09/2006

La presente riproduce fedelmente quanto da me dichiarato e di cui il sottoscritto si assume tutte le responsabilità.

Baldassare Bonura: la Verità viene a gallaultima modifica: 2011-09-08T18:58:00+02:00da aldo251246
Reposta per primo quest’articolo
Questa voce è stata pubblicata in "Amministrazioni allegre", "In che mani è la Giustizia?!!", Archivi, ARTICOLI, articoli,giustizia, Attualità, Comuni & inchieste, comunicati, Consiglio Superiore Magistratura, Corte dei Conti, GIUSTIZIA, Interviste, Media, RASSEGNA STAMPA, riceviamo e pubblichiamo, STORIE VERE, ultimissime e contrassegnata con , , , , , . Contrassegna il permalink.