Ustica, Hotel San Bartolomeo. La Procura di Palermo non ha indagato su Giuseppe Montalbano

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Giuseppe Montalbano, Maurizio Di Gati, Salvatore Di Ganci

(Fonte/Foto www.grandangoloagrigento.it)

Pensavamo, meglio, speravamo, poveri illusi onesti, che qualcuno dei Pm e dei Gip, o ancora dei vari marescialli del Palazzo di Giustizia di Palermo, oggi tutti denunciati da Baldassare Bonura, tra quelli che hanno avuto tra le mani, prove lampanti, documenti scottanti, nomi e cognomi troppo scomodi, ripetiamo, ancora una volta illudendoci, credevamo che ci ripensassero.

Chissà… forse per rimorso di coscienza, no sarebbe troppo civile, allora forse per deontologia, magari anche per dignità, o ancora per salvarsi la carriera, e insieme la faccia. Aspettavamo, si, che li riaprissero quei pesanti faldoni sull’hotel San Bartolomeo di Ustica, mostruoso caso giudiziario da cui debordano dal 1985 ad oggi reati penali ed amministrativi da fare scuola in materia di diritto. Attendevamo che qualcuno dei pm convocasse nuovamente, come richiesto nelle reiterate denunce di Bonura, denuncianti, consulenti e testimoni, per fare, una volta e per tutte, chiarezza, e magari, forse, portati alle strette dall’evidenza, anche giustizia. Ma no, era un film, anzi no, realtà virtuale forse tratta da un libro, chissà…

Invece, al posto delle doverose indagini, ancora una volta sono arrivati, a confermare le ipotesi dei molteplici reati denunciati da Bonura, gli articoli dei giornali, si, ma di alcuni di quelli non censurati dai portali digitali di Palermo e Provincia, come una volta dalle loro rotative, dove certi nomi devono star fuori dalle cronache della città, perchè a qualcuno è meglio non far sapere

Così, come in un brutto sogno, leggendo la recente cronaca su Intenet riaffiora dalle righe digitali un nome eccellente, si, ma in materia di mafia, politica affari e latitanti; quello dell’ingegnere Giuseppe Montalbano, classe 1925, di cui le Procure di Palermo Catania e Caltanissetta sono state ben edotte da 26 anni dalle denunce di Bonura!!!, senza però indagare, e di cui, ancora una volta invece leggiamo, increduli, quanto sbigottiti, sui giornali : Montalbano: l’imprenditore “rosso” al servizio di Riina e Provenzano. L’ingegnere Montalbano di cui lei mi chiede è un uomo d’onore di Sciacca, ma uomo d’onore “riservato”. Comincia così, la dichiarazione di Maurizio Di Gati, resa ai Pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Anna Maria Palma e Gianfranco Scarfò. Era il quindici marzo 2007. (http://www.grandangoloagrigento.it/?p=5145  Scritto da Redazione Cronaca, Mafia, mercoledì 3 agosto 2011).

Continuando a leggere: “Nel merito Fragapane mi disse che tutti i beni gestiti dal Montalbano erano di proprietà di Cosa nostra ed in particolare di Cosa nostra palermitana, in particolare mi fece proprio il nome di Riina come suo “finanziatore”. Sutera mi parlò ancora del Montalbano, mentre era in corso il processo nei suoi confronti. Sutera mi disse che se non ci fosse stato quel problema della posizione processuale del Montalbano, avrei potuto trascorrere una vacanza in tranquillità proprio presso le strutture alberghiere del Montalbano, invece che cercare un rifugio da latitante di scarsa comodità; anche per questo motivo lasciai perdere questo progetto. Sutera aggiungeva peraltro che la situazione processuale del Montalbano andava migliorando anche sotto l’aspetto dei sequestri dei beni che aveva sofferto e che potevano essergli tolt”.

Ciò che inquieta è la data di queste dichiarazioni, 15 marzo 2007, stando all’articolo, proprio l’anno in cui Bonura denunciava, e reiterava sin dal 2003, e prima ancora nel 1994, e ancora prima nel 1985, senza mai ottenere di essere sentito in prima persona dai pm di Palermo. Il 2007 è proprio l’anno in cui, invece, gli viene distrutta l’utilitaria anche se l’allora prefetto dott. Giosuè Marino scriveva “..il Sig. Bonura non corre alcun pericolo…”per poi definire le denunce scritte e firmate come “delazioni”; lo stesso anno in cui l’allora pm dott. Ennio Petrigni avocava a sé tutte le denunce, modello numero 45 e/o 21, per poi archiviare tutto nel 2009,  anche se nel frattempo le minacce mafiose a profusione si avventavano contro la famiglia di Bonura e contro i suoi testimoni nella sfrontata e più assoluta indifferenza degli uffici giudiziari e della prefettura puntualmente informati.

Di Montalbano si occupava il rapporto del Gruppo Investigativo Criminalità Organizzata del 1994, aperto sulle denunce di Bonura , riprodotto in miriadi di copie smarrite poi, tra rivoli di carpette enumerate, qua e là, nella sbrigativa richiesta di archiviazione del 2010 del GIP dott. Piergiorgio Morosini, su indicazione dell’allora Pm dott. Alessandro Picchi, su cui, nel giugno 2011, è calata l’ennesima archiviazione della Suprema Corte Cassazione, che ha emesso il decreto incurante di un fascicolo trasmesso monco di centinaia di pagine rispetto ai faldoni originari. Tra le carte di quei faldoni spuntava ed emergeva più volte quel Montalbano, allora, negli anni ‘80, ufficialmente facoltoso ingegnere appaltatore di grido della scuderia del PC, ma ben ammanicato pure con politici e avvocati  purosangue della DC, da Salvo Lima a Gimmy Bongiorno, accreditato presso le banche, dalla Cassa di Risparmio alla Banca Nazionale del Lavoro, con fidi senza garanzie. Istituti di credito su cui l’ingegnere-albergatore poteva contare, fare e disfare mutui e crediti aperti da onesti imprenditori facili prede cui, artatamente, estorcere immobili e attività col grimaldello del fallimento, e col beneplacito di esponenti giudiziari, boss e capimafia. Così come è accaduto col fallimento toccato a Bonura, che, dopo 26 anni, da una parte ha una procedura fallimentare incredibilmente ancora aperta, praticamente è uno dei pochi cittadini in Italia ad avere sulle spalle una condanna, senza aver commesso alcun reato, pari all’ergastolo; dall’altra, pur avendo dimostrato l’estorsione subita, Bonura ha dovuto assistere alla distruzione dell’attività alberghiera mentre beni immobili e miliardi venivano restituiti proprio al suo estortore per giunta riciclatore di denaro mafioso!!! Davvero un brutto sogno, anzi no, una realtà cruda e densa di intrecci tra mafia, affari & malagiustizia siciliana.

Torniamo ancora all’articolo e leggiamo: (ndr Di Gati) “Me lo disse sempre Leo Sutera ed era il 2001 quando io ero capo provincia. Oltre ciò che ho detto non so altro di Montalbano e comunque prima che vada a conclusione la posizione giudiziaria, anche sotto il profilo del sequestro di beni e capitali, di un uomo d’onore di tale natura, in Cosa nostra si concerta a chi eventualmente affidare i possedimenti sequestrati, recuperandoli all’organizzazione. In tal caso se ne sarebbe occupata Cosa nostra di Palermo con cui il Montalbano aveva ottimi contatti come sopra detto. Dopo il 2001 non mi interessai più di Sciacca anche in relazione ai sospetti che ebbi, dalla metà del 2002, a proposito di Carmelo Bono, rappresentante di Sciacca, che non andò alla riunione di S. Margherita Belice conclusa con gli arresti.”

A proposito di S. Margherita Belice, qui è bene ricordare che si tratta della località in cui c’era il domicilio coatto del Montalbano, dopo la condanna del 2002 per concorso esterno in associazione mafiosa; e per quanto attiene al patrimonio intestato allo stesso, non c’era alcun rischio di sequestro, infatti tra il 2005 e il 2006 ben 250 milioni di euro gli sono stati restituiti dalla Cassazione, ancorchè condannato a 7 anni e sei mesi, pena confermata in Appello; sebbene indicato quale “soggetto pericoloso” dalla Sezione prevenzione del Tribunale di Palermo; seppure accertato proprietario della villa-covo del residence di Via Bernini a Palermo affittata al capo della mafia Totò Riina e risultata, secondo i giudici, essere stata acquistata con denaro dei boss.

Per parallellismo a quanto sin qui riportato, e a quanto dedotto e dimostrato nelle denunce di Bonura, se il Montalbano era, come è emerso, a disposizione di capimafia e boss, se acquistava e si intestava beni con soldi sporchi, e ne disponeva rendendoli comodi residence per latitanti, e anche questo è un fatto conclamato, ci si chiede perché nessuno dei Pm di Palermo abbia voluto indagare, così come richiesto, sull’hotel San Bartolomeo di Bonura che tanti appetiti illeciti ha soddisfatto in questi decenni.

L’hotel, ubicato sull’isolotto di Ustica a soli 60 miglia da Palermo, costituito da due palazzine comunicanti sottoterra e ciascuna di 4 piani, due fuori terra e due cantinati, costituiva la massa del fallimento di Bonura di cui  proprio il Montalbano era presidente del Comitato dei Creditori. Vista l’incuria e l’abbandono in cui, nel corso di vent’anni, l’hotel, fatto chiudere, è stato tenuto dal curatore avv. Vincenzo Barbiera, in contiguità con i sindaci del Comune di Ustica, poteva essere liberamente lasciato incustodito e a disposizione di visitatori eccellenti, che, facilmente avrebbero potuto accedervi da varchi lasciati aperti, così come più volte denunciato da Bonura, per potersi accomodare nelle stanze dei piani cantinati dell’hotel, dove avrebbero potuto godere di celle frigorifere capienti, di cucine, oltre che di letti e servizi igienici con tanto di cabine doccia e corredo. La inquietante supposizione non è affatto pellegrina, dal momento che l’hotel è stato visto acceso da decine di testimoni  in uno di suoi due lotti durante gli ultimi anni, anche se dalle carte di alcuni avvocati erroneamente non risulta ufficialmente allacciato alla rete elettrica. Il fatto è talmente notorio che qualcuno ha ironizzato definendolo l’hotel fantasmaBene diceva l’arguto  Edorado De Filippo, con  la celebre affermazione “i fantasmi non esistono, i fantasmi siamo noi…”.

Alla luce delle recenti notizie, e in base alle indagini svolte dai legali di Bonura, non si riesce a capire perché il dott. Petrigni non abbia accolto le plurime richieste di svolgimento di doverose indagini, anche mediante i carabinieri del RIS, per appurare la eventuale presenza di terzi nell’hotel che plausibilmente potevano latitarvi indisturbati. Nei fatti nessuna indagine è stata svolta, e, ora, risulta che proprio i piani cantinati siano allagati, coincidenza davvero incredibile per un immobile in cemento armato, regolarmente allacciato alla rete idrica e fognaria, e fornito di strutture idrosanitarie e scarichi adeguati. Forse, per qualcuno, è stato più utile lasciare aperti i cavedi delle terrazze perché l’acqua piovana scendesse giù sin nei piani sotterranei lì dove solo adesso non è più facile accedere.

Scorrendo oltre l’articolo si legge inoltre che: “La conoscenza della identità degli uomini d’onore “riservati” è possibile solo per i “capi” di Cosa Nostra, intesi come rappresentanti provinciali, ovvero al più rappresentanti mandamentali. Appresi di questo ruolo di uomo d’onore “riservato” del Montalbano dopo l’arresto di Totò Riina. Nel 1994, periodo nel quale mi incontravo molto frequentemente con Salvatore Fragapane, chiesi in merito al nuovo capo di Cosa nostra o comunque con riferimento al nostro nuovo referente palermitano. Fragapane mi disse che di capi ce n’erano, e che non era un problema l’arresto di Riina, ma che presto sarebbero “caduti” coloro che erano dietro alla latitanza del Riina tra i quali il proprietario della villa ove era nascosto Montalbano, ed anche i fratelli Sansone.

Ancora una data coincide in modo inquietante con la vicenda di Bonura, l’anno 1994, quello in cui il GICO, seguendo le sue denunce, aveva espressamente richiesto alla Procura di Palermo di approfondire le indagini su un emerso presunto giro di usura e sugli affari del Montalbano gravitanti tra banche e appalti miliardari. Su quel rapporto era stata pure trascritta dal GICO  la telefonata intercorsa tra uno dei fratelli di Bonura e l’ingegnere Montalbano che in modo lapidario diceva “…si è perso troppo tempo… di tutto quello che si era detto non è stato fatto niente…”, di lì a qualche ora sarebbe stato dichiarato il fallimento dei Bonura, cui seguì la chiusura senza appello del più moderno albergo 4 stelle di Ustica negli anni ’80.

Ma per la Procura di Palermo non era il momento giusto per indagare, tant’è che fu chiusa anche l’inchiesta che il giudice Giovanni Falcone aveva iniziato nell’84 sui Montalbano padre e figlio per mafia con un rapporto giudiziario dal titolo Carmelo Gariffo+29 in cui si legge: “Montalbano padre e figlio fanno parte di un’associazione di tipo mafioso, per essersi avvalsi della forza dell’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento che ne derivava, per acquisire in modo diretto e indiretto la gestione e il controllo di numerose attività economiche e in particolare di numerose società, appalti e servizi pubblici e ciò al fine di realizzare profitti e vantaggi ingiusti per se e per gli altri con le aggravanti di aver finanziato le attività economiche di cui sopra con il prodotto e il profitto di delitti e segnatamente del traffico di sostanze stupefacenti”. Sull’inchiesta di Falcone nell’87 viene apposto il solito sinistro sigillo dell’archiviazione.

E se invece lo si fosse lasciato indagare il giudice Falcone sui Montalbano?

E se i pm di Palermo, allora colleghi di Falcone, avessero indagato sulle denunce di Bonura contro Montalbano?

E se oggi i Pm, non avessero sorvolato sulle denunce di Bonura, e avessero indagato seriamente anche sull’ex sindaco-albergatore di Ustica il limiano Vito Ailara?  Sulla sua famiglia negli anni ’80 ebbe a indagare il giudice Paolo Borsellino, le cui preziose tracce investigative avevano fatto emergere reati di interessi privati in atti d’ufficio e comportamenti andati ben oltre i limiti dell’arroganza, nella spudorata difesa degli interessi personali a discapito di quelli della pubblica amministrazione. Un’isola, quella di Ustica, che aveva richiamato anche l’attenzione del GeneraleCarlo Alberto Dalla Chiesa, le cui visite non erano da attribuirsi, certo, soltanto a mere gite da diporto.

Se gli inquirenti, oggi, avessero agito nell’ossequioso rispetto del loro dovere, forse sì che sulla mafia avremmo potuto leggere un’altra storia senza “se” ma con la certezza di vivere in un paese civile dove i diritti non siano solo di chi si fa beffa delle leggi.

Buona lettura

MONTALBANO: L’IMPRENDITORE “ROSSO” AL SERVIZIO DI RIINA E PROVENZANO

http://www.grandangoloagrigento.it/?p=5145

Scritto da Redazione Cronaca, Mafia

 mercoledì, agosto 2011

L’ingegnere Montalbano di cui lei mi chiede è un uomo d’onore di Sciacca, ma uomo d’onore “riservato”. Comincia così, la dichiarazione di Maurizio Di Gati, resa ai Pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Anna Maria Palma e Gianfranco Scarfò. Era il quindici marzo 2007. Di Gati continua così, svelando circostanze oggi inedite sull’imprenditore “rosso”, molto noto negli anni passati, di fatto prestanome dei più potenti e feroci boss di Cosa nostra siciliana: “Con ciò voglio dire che gestiva i soldi ricevuti da Cosa nostra, investendoli in beni quali l’albergo Sciacca Terme ma non “camminava” cioè non era operativo sul terreno; anzi poteva anche ricevere “segnali” finalizzati all’estorsione e doveva pagare anche il pizzo in questo caso. Si tratta di soggetti che stanno “dietro le quinte”. Peraltro mi risulta che sia stato formalmente combinato, come qualsiasi uomo d’onore, anche se non so i particolari. Posso fare una similitudine con Calogero Russello, uomo d’onore “riservato” che fra l’altro aveva il ruolo di gestire i soldi di Lombardozzi. La conoscenza della identità degli uomini d’onore “riservati” è possibile solo per i “capi” di Cosa Nostra, intesi come rappresentanti provinciali, ovvero al più rappresentanti mandamentali. Appresi di questo ruolo di uomo d’onore “riservato” del Montalbano dopo l’arresto di Totò Riina. Nel 1994, periodo nel quale mi incontravo molto frequentemente con Salvatore Fragapane, chiesi in merito al nuovo capo di Cosa nostra o comunque con riferimento al nostro nuovo referente palermitano. Fragapane mi disse che di capi ce n’erano, e che non era un problema l’arresto di Riina, ma che presto sarebbero “caduti” coloro che erano dietro alla latitanza del Riina tra i quali il proprietario della villa ove era nascosto Montalbano, ed anche i fratelli Sansone. Nel merito Fragapane mi disse che tutti i beni gestiti dal Montalbano erano di proprietà di Cosa nostra ed in particolare di Cosa nostra palermitana, in particolare mi fece proprio il nome di Riina come suo “finanziatore”. In quel periodo peraltro Fragapane voleva comprare un feudo sito tra Palazzo Adriano e Alessandria della Rocca ove poter trascorrere la latitanza. Andò anche a vederlo per l’acquisto con Vincenzo Licata a cui avrebbe intestato la masseria, ma poi vi rinunciò sapendo che l’aveva acquistata Provenzano. Non so dire a chi sia stata poi intestata la masseria. Per quanto attiene i rapporti tra il Montalbano e Cosa nostra agrigentina erano tenuti tramite Totò Di Gangi che era stato anche rappresentante di provincia prima di Salvatore Fragapane, oltre che rappresentante di Sciacca. Nel 2001, in occasione di un incontro con Leo Sutera di Sambuca, finalizzata a trovare una casa per la mia latitanza, ed anzi un luogo dove passare alcuni giorni di “vacanza” con la mia famiglia, Sutera mi parlò ancora del Montalbano, mentre era in corso il processo nei suoi confronti. Sutera mi disse che se non ci fosse stato quel problema della posizione processuale del Montalbano, avrei potuto trascorrere una vacanza in tranquillità proprio presso le strutture alberghiere del Montalbano, invece che cercare un rifugio da latitante di scarsa comodità; anche per questo motivo lasciai perdere questo progetto. Sutera aggiungeva peraltro che la situazione processuale del Montalbano andava migliorando anche sotto l’aspetto dei sequestri dei beni che aveva sofferto e che potevano essergli tolti. Se non vado errato mi sembra che tra i soci del Montalbano vi fosse un certo Fauci ma non so indicare precisamente chi fosse e non so se è l’imprenditore del settore dei laterizi di cui ho già parlato. Me lo disse sempre Leo Sutera ed era il 2001 quando io ero capo provincia. Oltre ciò che ho detto non so altro di Montalbano e comunque prima che vada a conclusione la posizione giudiziaria, anche sotto il profilo del sequestro di beni e capitali, di un uomo d’onore di tale natura, in Cosa nostra si concerta a chi eventualmente affidare i possedimenti sequestrati, recuperandoli all’organizzazione. In tal caso se ne sarebbe occupata Cosa nostra di Palermo con cui il Montalbano aveva ottimi contatti come sopra detto. Dopo il 2001 non mi interessai più di Sciacca anche in relazione ai sospetti che ebbi, dalla metà del 2002, a proposito di Carmelo Bono, rappresentante di Sciacca, che non andò alla riunione di S. Margherita Belice conclusa con gli arresti.http://www.grandangoloagrigento.it/?p=5145

“Riciclavano i beni dei boss”.  Sette anni l’uno a tre imputati

Giornale di Sicilia

 21 Dicembre 2010

Erano soci fra di loro, ma anche di Cosa nostra: dei capimafia Totò Riina e Giuseppe Giacomo Gambino, in particolare. L’ingegnere Giuseppe Montalbano, già proprietario della villa in cui abitava Toto Riina, già condannato a sette anni per concorso in associa­zione mafiosa, e l’ortopedico Andrea Vassallo, già condannato a cinque anni al maxiprocesso, sono stati nuovamente riconosciuti colpevoli, stavolta di riciclaggio ag­gravato. Con loro anche un ex impiegato della Sogesi, Luigi Amorelli. Tutti e tre hanno avuto sette anni. una pena erre è più severa dei sei anni proposti dal pubblico ministero Rita Fulantelli. Le cui tesi sono state comunque accolte.La sentenza a della quinta sezione del Tribunale, presieduta da Piero Falcone.Il processo riguardava le vicende della società Arezzo costruzioni, di Vassallo e Mon­talbano, poi sequestrata e gestita dal l’amministratore unico Amorelli, nominato dal custode giudiziario. Nonostante il sequestro,  la Arezzo cedette  fittiziamente, secondo l’accusa – un edificio di via De Gasperi 53 (alcuni appartamenti del quale sono stati confiscati e riassegnati a fini sociali) e un capannone industriale. a due costruttori che furono pure loro condannati, in un altro dibattimento.La difesa preannuncia adesso il ricorso in Cassazione: i legali degli imputati hanno sostenuto anche la tesi del ne bis in ideai,  perché gli episodi oggetto del processo concluso ieri furono trattati anche nei dibattimenti in cui erano stati giudicati Montalbano e Vassallo. Ma i giudici non hanno ritenuto che vi fosse l’identità sostanziale delle vicende, necessaria per applicare il principio secondo cui non si può giudicare nessuno due volte per lo stesso fatto e per lo stesso reato. Montalbano, originario di Santa Margherita Belice, 75 anni, e in attesa della sentenza con cui la Cassazione dovrà decidere se confermare o meno la condanna inflittagli dal tribunale di Sciacca e dalia quarta sezione della Corte d’appelloFiglio di un ex parlamentare del Pc a e a sua volta vicino al Pci l’imprenditore era titolare del residence Torre Makauda di Sciacca. Dato che la villa di via Bernini in cui abitava Totò Riina era sua, l’ingegnere nel gennaio del 1993, dopo la cattura del capo di Cosa nostra, fu oggetto di indagini, ma l’inchiesta che lo riguardava fu poi archiviata: in quello stesso periodo, però si sviluppò l’ultima fase della vita della Arezzo costruzioni.Il cui socio di maggioranza era Vassallo, 78 anni. un altro “solito noto”: originario di Altofonte, medico ortopedico del Civico, era considerato a disposizione di Rima e dei corleonesi. Il pentito Totuccio Contorno aveva parlato di liti e del suo ruolo di sanitario pronto a operare capi e picciotti. Rimesso an libertà per decorrenza dei termini, Vassallo si trovava in servizio al Civico, il 23 maggio del 1992, e incredibilmente fu lui che fece la consulenza ortopedica su Giovanni Falcone, portato moribondo al pronto soccorso. L’episodio suscitò scalpore e soltanto un mese dopo la Procura generale emise l’ordine di carcerazione nei confronti di Vassallo, che era già stato condannato con sentenza definitiva il 30 gennaio del 1992 . Secondo la ricostruzione dell’accusa, nonostante il sequestro e l’affidamento al custode, l’amministratore Amorelli avrebbe agevolato i due vecchi proprietari, consentendo una vendita fittizia. 

Ustica, Hotel San Bartolomeo. La Procura di Palermo non ha indagato su Giuseppe Montalbanoultima modifica: 2011-12-13T19:03:00+01:00da aldo251246
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