Tratto dal Giornale di Sicilia
16 giugno 2009
di Riccardo Arena
L’hanno cercato ovunque tra le carte già sequestrate: ma del libro mastro con i soldi dati ai politici non c’è traccia. Vizzini, Cuffaro e Romano oggi e domani in Procura
Il «libro mastro» con i soldi dati ai politici, negli atti già sequestrati nel corso delle indagini sul tesoro di don Vito Ciancimino non c’è. Lo hanno cercato per ogni dove, tra faldoni e montagne di carte: carabinieri del Comando provinciale e del gruppo Monreale, finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria, investigatori che avevano condotto l’inchiesta, effettuato i sequestri e le intercettazioni.
Non c’è, ma del suo contenuto Gianni Lapis e Massimo Ciancimino parlavano in alcune conversazioni del 2004, le stesse poi poste alla base dell’indagine sfociata nelle condanne di Ciancimino jr, della madre, Epifania Silardino, e degli avvocati Giorgio Ghiron, riconosciuti colpevoli, a vario titolo, di reati che vanno dalla tentata estorsione al riciclaggio, alla fittizia intestazione di beni.
Quelle carte, quel promemoria in forma di «libro mastro», consegnato ai pm da Massimo Ciancimino (che aveva sostenuto che si trovasse già tra gli atti sequestrati nello studio dell’avvocato Ghiron), assume così comunque un significato di notevole riscontro alle dichiarazioni rese dal figlio dell’ex sindaco del sacco edilizio di Palermo e dal professor Lapis, autore materiale del biglietto in cui si elencavano i nomi e le cifre («1.300») pagate a «Carlo», «Romano», «dipendenti», «e per me». Come ulteriore riscontro ci sono poi una serie di intercettazioni che all’epoca non erano state ritenute rilevanti e dunque non erano state trasmesse alla Procura, dai carabinieri di Monreale. Oggi, dopo le dichiarazioni «a chiarimento» di Ciancimino jr. sono state fatte trascrivere e rilette integralmente.
Con tutti questi elementi, secondo il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e i sostituti Nino Di Matteo e Roberto Scarpinato, Ciancimino è abbastanza riscontrato: i senatori Carlo Vizzini (Pdl), Salvatore Cintola, Saverio Romano e Totò Cuffaro (Udc) avrebbero ricevuto denaro da Lapis e tra oggi e domani dovranno spiegare perché ai pm che li ascolteranno. Ma negli stessi giorni in cui a Palermo si indaga sulle vicende nate dalle dichiarazioni di Ciancimino junior, a Catania è aperta un’inchiesta sullo stesso Lapis, accusato di avere prodotto, nel corso del processo concluso con la condanna sua e di Massimo Ciancimino, un documento del tutto falso: una finta iscrizione nel registro degli indagati, apparentemente firmata da due pm, Sergio Lari (oggi capo della Dda di Caltanissetta, e da qui la competenza di Catania) e Michele Prestipino (ora aggiunto a Reggio Calabria). Lapis è pure imputato (ma a Palermo) di favoreggiamento nei confronti dell’avvocato Giovanna Livreri, a sua volta imputata di truffa: e anche in questo processo c’è un documento che l’accusa ritiene falso, fabbricato con un fotomontaggio.
Elementi che inducono a qualche riflessione e che, in Procura, sono stati al centro di polemiche e della sollecitazione di una perizia da effettuare sul «libro mastro»; perizia che però la dirigenza dell’ufficio non intende svolgere, anche perché le carte prodotte da Ciancimino sono fotocopie e dunque è difficile, se non impossibile, provare l’autenticità e la data a cui risalgono i documenti. Tutto sarà comunque oggetto di discussione dopodomani, quando, a conclusione degli interrogatori dei politici indagati con l’accusa di corruzione aggravata, il «caso Ciancimino» sarà oggetto di discussione in un’apposita riunione della Direzione distrettuale antimafia: degli avvisi di garanzia ai politici, infatti, e dei successivi sviluppi, il procuratore Francesco Messineo non aveva informato i colleghi, che ne hanno appreso dai giornali. Questa e altre vicende collaterali, sulla mancata circolazione delle informazioni su un argomento di importanza notevole, sono in questi giorni oggetto di frizioni e tensioni, in Procura.
L’inchiesta va comunque avanti e la riunione servirà per fare il punto della situazione dell’indagine, sui possibili sviluppi, sui punti ancora da definire e sul contributo che Massimo Ciancimino potrà dare anche ad altre indagini: la presunta trattativa fra Stato e mafia nel periodo a cavallo tra le stragi Falcone e Borsellino, il «papello» contenente le richieste di Totò Riina ai rappresentanti delle Istituzioni, per dettare le condizioni alle quali la stagione stragista si sarebbe fermata, l’assegno con un contributo elettorale che l’imprenditore Silvio Berlusconi avrebbe dato al politico Vito Ciancimino, nei primi anni ’80. Ciancimino figlio sta cercando le carte e si è riservato di produrle ai pm. La Dda di Caltanissetta, nelle scorse settimane, aveva fatto perquisire la sua auto, al ritorno da un suo viaggio di piacere in Francia. La perquisizione non aveva dato esito.
Riccardo Arena