Di Vincenzo, “DAVO I SOLDI A TUTTI I PARTITI “, dalla DC a Botteghe Oscure

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RICEVIAMO & PUBBLICHIAMO

Pubblichiamo l’articolo sulle ultime dichiarazioni dell’imprenditore Pietro Di Vincenzo sui finanziamenti illeciti ai partiti che un nostro lettore ci ha inviato perché dice che negli anni novanta ha avuto conoscenza diretta delle vicende delle cooperative “rosse” e degli interessi mafiosi che attorno ad esse gravitavano, tanto che alcuni progettisti concorrenti a quelle cooperative subirono vere e proprie minacce.

Il lettore conferma che si trattava degli stessi appalti di cui adesso sta parlando Di Vincenzo, come il CEFPASS di Caltanissetta, e ci ha inviato la documentazione in cui dichiarava delle minacce ricevute dai progettisti concorrenti affinchè non presentassero ricorso in sede giudiziaria contro l’aggiudicazione dell’appalto alle cooperative Ravennate.

Di tutto ciò nei mesi scorsi erano stati dettagliatamente informati anche giudici di Palermo, tra cui il Gip Piergiorgio Morosini (Md), senza però ottenere alcun riscontro investigativo.

Mentre il Giornalismo d’inchiesta guarda attraverso le serrature di bagni e stanze da letto, noi blogger preferiamo leggere e vedere attraverso i fatti le cause che da tre lustri hanno asservito l’imprenditoria siciliana alla mafia nel silenzio di procure e organi inquirenti.

BUONA LETTURA

“DAVO  I  SOLDI A TUTTI  I  PARTITI  PER LA GESTIONE DEGLI APPALTI”

“La Sicilia”

Venerdì 21Gennaio 2011

A cura di VINCENZO PANE

LA VICENDA CEFPAS.”Vincemmo l’appalto per il cen­tro di formazione del personale medico, paramedico e amministrativo della Regione Sicilia. E’ un appalto che vinciamo assieme alle Cooperative e mentre ci stavamo adoperando per il contratto un esponente del partito comunista locale, tale Angelo Lo Maglio, si mostrò con­trario alla realizzazione di quest’opera. Poi ho saputo che è stato contattato dal suo partito e gli dissero “stai attento che questa cosa si deve fare e anche perché la Cassa è stata fatta” e poi anche uomini del partito che erano interni alla USL, riferendosi ad un tale Cellauro hanno contribuito alla ……. Ho parlato anche di Cardinale intendendo Udr, Udeur e Margherita”.

“Ho finanziato principalmente la Democrazia Cristiana, ma anche altri partiti. Questi soldi, ad esempio li ho ver­sati a Severino Citarristi e ad altri parlamentari, ma i soldi andavano al partito, per le campagne elettorali personali”. Ammette di avere dato soldi ai partiti poli­tici l’imprenditore Pietro Di Vincenzo e lo fa nel corso degli interrogatori resi il 6 e l’11 agosto 2010 negli uffi­ci della Procura nissena.

Avevo la benevolenza del Partito Comunista grazie anche ad un mio primo cugino che era un uomo di punta del Pci a Caltanissetta

Ma il denaro non andava solo alla Dc, lo stesso Di Vin­cenzo parla di Partito Socialista, Udeur, Psdi e Partito Comunista, poi diventato Ds. Parlano chiaro i verbali degli interrogatori dei quali viene pubblicato il conte­nuto per la prima volta. I verbali sono costellati di “omissis”. segno che la Procura sta lavorando per rico­struire tutta la “rete” di contatti dell’imprenditore Di Vincenzo.

I nomi già noti sono quelli degli on. Rudy Maira e Sal­vatore Cardinale indagati assieme ad altre persone nell’inchiesta che vede coinvolto anche Di Vincenzo per le aggiudicazioni di appalti pubblici. Finanziamento il­lecito ai partiti e altre accuse.

Ma nei verbali si parla anche della vicenda legata al­le estorsioni che Di Vincenzo avrebbe commesso ai danni dei suoi dipendenti e anche del fonogramma del­la Guardia di Finanza che Di Vincenzo avrebbe ricevu­to il giorno prima dei sequestro di alcuni suoi beni che erano, appunto, indicati in quel fonogramma.

I NOMI DELLA DC ED I CONTATTI CON CARDINALE E LO GIUDICE.

Leggi l’articolo del 6 novembre 2010

Aldo Bassi – dice Di Vincenzo – Luigi Ciglia, poi credo si sia imposto Sergio Vaccarella, all’on. Mario D’Aquisto che è stato Presidente della Regione Sicilia, sottosegretario al Ministero del Bilancio e Vice Presidente della Camera. Ho dato soldi all’on. Cardinale che era della Democrazia Cristiana, ma questo è un discorso a “parte”.

Il denaro non andava solo alla Democrazia Cristiana, c’erano anche il Partito Socialista, il Partito Comunista, il Psdi e l’Udeur.

Fra gli “omissis” spuntano i nomi di Sciangula e Rino Nicolosi. “Riguar­do a Cardinale – prosegue Di Vincenzo – era una protezione a 360°, a ombrello. Quando è stato ministro delle Telecomunicazioni c’era il discorso delle reti HMTS e, tramite la “Di Vincenzo Spa”, ho fatto un investimen­to in una società che si occupava di questa materia. Del­l’Umts se ne parlava come dell’affare del secolo e quindi ho investito in una ditta, la “Meridia’, che assieme ad altre società ha investito nella “Aix”. Ho dato soldi anche all’on. Vincenzo lo Giudice”.

I RAPPORTI CON IL PARTITO COMUNISTA. Sono il procuratore aggiunto Ame­deo Bertone e i sostituti Alessandro Aghemo e Giovanni Di Leo a condurre l’interrogatorio, chiedendo lumi all’im­prenditore nisseno sui suoi contatti po­litici. “Con il Partito Comunista -rispon­de Pietro Di Vincenzo – ho avuto un buon rapporto. in­tanto perché ho realizzato una serie di opere in associa­zione temporale di impresa con i consorzi di coopera­tive che fanno riferimento direttamente al Partito Co­munista prima e ai Ds dopo. Ho avuto benevolenza an­che nei periodi successivi perché mi risulta che questi soggetti che ho menzionato finanziavano direttamen­te Botteghe Oscu­re e la politica re­gionale dei parti­to”.

Sono parecchi i nomi di politici in quota Pc che Di Vincenzo fa ai ma­gistrati, tutti rigorosamente coperti da “omissis”. «So­no dazioni di de­naro che ho fatto, prosegue l’irn­prenditore – fino al 2001. Erano im­portanti i rapporti con il mondo delle cooperative e quindi il fatto che finanziassero i partiti. Siccome lavoravo con loro avevo la benevolenza dei Partito Comunista e tra l’altro, un mio primo cugino. tale Michele Geraci, è stato l’uo­mo di punta del Pc a Caltanissetta.

Ricordo anche che il presidente del Consorzio Asi di Palermo, un tale Toma­sello, titolare dell’omonimo pastifico mi ha chiesto dei soldi che dovevano andare a un onorevole (nome omissato) e credo di avere ottemperato per 100 milioni di al­lora. Ricordo che con l’onorevole (omissis) avevo un buon rapporto ed ebbi apprezzamenti da parte sua. Ri­cordo in particolar modo una riunione a Gela, nell’au­la consiliare. e lui fece apprezzamenti sul modo in cui stavamo conducendo come associazione”. “Chi era…(parola incomprensibile) a Gela?”, chiedono i pubblici ministeri, e Di Vincenzo risponde: «Non pen­so fosse Crocetta, penso Gallo, era Gallo. Ricordo pure che come riferimento regionale c’era quella persona che ho detto prima e l’ing. Castello».

LA VICENDA CEFPAS.”Vincemmo l’appalto per il cen­tro di formazione del personale medico, paramedico e amministrativo della Regione Sicilia. E’ un appalto che vinciamo assieme alle Cooperative e mentre ci stavamo adoperando per il contratto un esponente del partito comunista locale, tale Angelo Lo Maglio, si mostrò con­trario alla realizzazione di quest’opera. Poi ho saputo che è stato contattato dal suo partito e gli dissero “stai attento che questa cosa si deve fare e anche perché la Cassa è stata fatta” e poi anche uomini del partito che erano interni alla USL, riferendosi ad un tale Cellauro hanno contribuito alla ……. Ho parlato anche di Cardinale intendendo Udr, Udeur e Margherita”.

“QUALE RITORNO AVEVA QUESTO SISTEMA DI COSE?”. E la domanda che i magistrati rivolgono al Di Vincenzo, il quale è un po’ tentennante anche se ammette di avere avuto avere qualche facilitazione.”Guardi, la politica – spiega Di Vincenzo – faceva da copertura.

Perché? Perché, diciamo, la burocrazia veniva in qual­che modo contagiata … rapidità a seconda dei contrat­ti, variabilità di pagamento. Se c’erano dei problemi chiamavo la perona, la incontravo e gli rappresentavo quel era il discorso. La necessità di pagare la politica significava potersi assicurare uno svolgimento regolare degli appalti giudicanti. Faccio un esempio, se l’asses­sorato x o il ministero y ha come responsabile una certa persona vuol dire che il direttore generale e quel­li che sono sotto di lui, a scendere, sono dello stesso partito. Quindi che succede? II contratto anziché stipular­lo in 8 mesi, viene stipulato subito, i mandati di paga­mento vengono fatti in maniera veloce, le varianti ven­gono subito approvate. L’ingranaggio è collaudato”.

IL FONOGRAMMA DELLA GUARDIA DI FINANZA. Nel giugno scorso Pietro Di Vincenzo è stato arrestato, e da allora si trova in carcere, per avere, secondo l’accusa. estorto denaro ai suoi dipendenti costringendoli a re­stituire parte della stipendio. Durante le perquisizioni effettuate negli uffici della “Di Vincenzo Spa“, i milita­ri della Guardia di Finanza e gli investigatori del Centro Dia, hanno trovato un fonogramma delle Fiamme Gial­le in cui venivano indicati i beni che a Di Vincenzo ven­nero sequestrati il 27 novembre dei 2006. Questo docu­mento fu dato a Di Vincenzo il giorno prima che l’auto­rità giudiziaria procedesse al sequestro dei beni. Uno dei particolari che emerge riguarda un nome, ovvero quello di “Umberto. Si parla infatti di un’anno­tazione il cui testo è “Umberto Gdf’” (6000 euro). Di Vincenzo, il 16 agosto del 2010 fa anche il none della persona che gli ha dato il fono­gramma e questo nome viene omis­sato. Cinque giorni dopo l’imprendi­tore torna davanti ai pm e conferma la dichiarazione, che stavolta non è omissata. II pub­blico ministero chiede: “La rispo­sta dell’altra volta ci ha lasciato al­quanto perplessi e riguarda il documento contenen­te 1’elenco dei beni oggetto di sequestro preventivo. Lei ha sostenuto che questo elenco lo ha ricevuto da don Pippo Magri (un sacerdote recentemente scomparso che fondò uno dei gruppi scout di Caltanissetta) il giorno prima dell’effettuazione del sequestro. Lei intende confermare questa dichiarazione o la vuole modificare”. E Di Vincenzo risponde senza indugi: “Assolu­tamente, la confermo”.

L’interrogatorio del 6 agosto prosegue con i magistrati della Procura che chie­dono di più sull’appunto recante la dici­tura “Umberto Gdf”, ma Di Vincenzo cerca di sviare il discorso affermando di non conoscere nessun Umberto: «Guar­di. mi scusi, le dico subito che questa non è calligrafia mia. Spesso io dicevo al ragioniere Turco ( uno dei collaboratori di Di Vincenzo indagati nell’inchiesta sfociata nell’arresto dell’imprenditore dello scorso maggio) “segna questa scheda”. Poi, a di­stanza di tempo gli dicevo “ma cos’è questa cosa qua?” A volte, non ricordandolo neppure lui a volte mi dice­va intuito suo…gli metteva delle cose sue… ma io non conosco nessun Umberto”

«CHE RAPPORTI AVEVA CON LA GUARDIA DI FINAN­ZA?. I magistrati della Procura non mollano la presa e gli chiedono se avesse o meno rapporti con gra­duati della Fiam­me Gialle. “Ne ho conosciuti tanti – risponde Di Vin­cenzo – anche per­ché ogni anno fa­cevano i controlli”. Il discorso dei ma­gistrati torna poi sul sacerdote che avrebbe dato a Di Vincenzo il fono­gramma con l’e­lenco dei beni da sequestrare. Di Vincenzo spiega: «E’ una persona che incontravo, con cui mi sfoga­vo, gli raccontavo delle cose, ma non era un padre spirituale. Ho fatto scoutismo con luì, poi il rapporto è continuato nel tempo, infatti è stato quel­lo che ha celebrato il matrimonio».

ALTRI CONTATTI. I magistrati incalzano e fanno un al­tro nome, anche questo omissato, chiedendo particola­ri all’imprenditore: «E’ un geometra dell’Ars». dice Di Vincenzo, che aggiunge: “Gli ho fatto qualche donazione di denaro, si occupava dello Scorrimento veloce che abbiamo realizzato nel territorio di Butera. Era un geometra di cantiere, non si occupava del collaudo, gli ho fatto qualche regalo perché se c’era da fare la contabi­lità …lavorava pure di sabato e domenica”. Vincenzo Pane

Di Vincenzo, “DAVO I SOLDI A TUTTI I PARTITI “, dalla DC a Botteghe Oscureultima modifica: 2011-01-23T12:22:00+01:00da aldo251246
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