“Cosa succede (e cosa no) ora che il Csm indaga sul caso Ciancimino”

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RASSEGNA STAMPA

Sicilia ultimissime giustizia

Mafia: Ciancimino; Csm ascoltera’ procuratore Grasso

Sui contrasti tra le Procure di Palermo e Caltanissetta

ANSA

5 maggio 2011

ROMA, Parte l’istruttoria del Csm sui contrasti tra le procure di Palermo e Caltanissetta sul caso Ciancimino. La Prima Commissione di Palazzo dei marescialli ha deciso di ascoltare il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. L’audizione dovrebbe esserci tra una decina di giorni, probabilmente il 17 maggio. La scorsa settimana Grasso aveva promosso un vertice tra i pm delle due procure e di quella di Firenze, al termine del quale aveva assicurato che non c’erano ”contrapposizioni” tra gli uffici giudiziari.(ANSA).

Dietro la grande calunnia. Con l’inchiesta del Csm non c’è più la nostra solitaria denuncia, ma uno scandalo di stato

L’indagine sulla gestione di Ciancimino Jr. dovrà appurare molte cose, non solo i contrasti tra procure

Fonte http://www.ilfoglio.it/soloqui/8697

29 aprile 2011

Dietro il caso Ciancimino Jr., che con l’inchiesta responsabilmente decisa dal Consiglio superiore della magistratura è diventato non più una nostra solitaria denuncia ma uno scandalo di stato, non c’è solo un conflitto opaco tra procure, di per sé già grave. C’è molto altro. Primo. La leggerezza con cui si assumono dichiarazioni d’accusa. Il presidente della Repubblica, in un suo discorso ufficiale in tempi recenti, aveva messo in guardia.

“Il Foglio” di Giuliano Ferrara

PATACCHE SOTTO INDAGINE

Il circo mediatico-giudiziario divaga ed elude. Intanto Massimo Ciancimino, pataccaro dinamitardo, continua a mascariare il generale Mori. I pm tentano la pace, ma il Csm si sveglia e promuove un’inchiesta

Al livello massimo del Comitato di presidenza, rinviando alla 1° commissione sulla responsabilità dei magistrati e ai poteri disciplinari del procuratore generale della Cassazione, il Consiglio superiore della magistratura, di cui è presidente il capo dello stato e vicepresidente Michele Vietti, ordina un’inchiesta sul caso Ciancimino Jr. Notizia grassa, nel giorno in cui il riflesso corporativo tendeva a chiudere la faccenda con un “volemose bene” tra pm in conflitto, stabilito in fretta e furia negli uffici del procuratore Pietro Grasso. La tattica elusiva era chiara. Esplosivo caccia esplosivo. Tutti a parlare della strage di San Benedetto Val di Sambro e dei poveri 15 morti del 1984. Si tratta di una strage mafiosa di 27 anni or sono, per la quale è stato condannato in via definitiva il boss Pippo Calò. Ma altro esplosivo, più recente, è stato trovato, su sua indicazione, dopo l’arresto e nella paura di una perquisizione finalmente un po’ accurata, sepolto nel giardino della casa di Massimo Ciancimino. Ciancimino Jr. è il celebre e celebrato testimone d’accusa nelle mani della procura di Palermo e del circo mediatico giudiziario; per quasi tre anni, fino al giorno fatale in cui i suoi gestori togati sono stati obbligati ad arrestarlo di gran carriera, per calunnia e truffa aggravata ai danni del prefetto Gianni De Gennaro, ha sfregiato Berlusconi, Dell’Utri, Nicola Mancino, Virginio Rognoni, Giovanni Conso, Giuseppe Pignatone (che arrestò Provenzano), Sergio Lari, Pietro Grasso e altri politici, magistrati, uomini delle istituzioni di questo paese. La carta vincente del dichiarante è l’evocazione spiritica delle parole e di documenti, contraffatti, del padre don Vito, ex sindaco di Palermo e boss corleonese. Ora si indaga anche su questo esplosivo, nell’ipotesi che servisse a una messinscena. I magistrati interessati si riuniscono a Roma nella giornata di ieri e fanno in fretta una strana pace, di cui diamo conto nei particolari ma che commenteremo domani. Il silenzio intanto circonda il dettaglio esplosivo. Sembra infatti un dettaglio, questo eventuale aggiungere alla calunnia verso i poteri dello stato, al romanzo criminale della famosa trattativa con la mafia, all’insinuazione che il giudice Borsellino sia stato ucciso il 19 luglio del 1992 perché si opponeva al patto impuro, l’ipotesi di un autoattentato dalle conseguenze infernali, che tingerebbe di paranoia, oltre che di goffaggine truffaldina, l’intera storia, celebrata in ogni piazza dai professionisti dell’antimafia, del figliolo di don Vito.

Intanto Massimo Ciancimino dovrà testimoniare il 10 maggio nella prossima udienza del processo intentato contro il generale dei carabinieri Mario Mori, un eroe della lotta alla mafia già mascariato ovvero sfregiato da un assurdo processo, finito con l’assoluzione, per la “mancata perquisizione del covo di Riina”, che Mori arrestò con il capitano Ultimo, Sergio De Caprio, il 15 gennaio del 1993. Mori ora è costretto a difendersi in un altro dibattimento in cui gli si imputa, senza l’ombra di una seria prova documentale o testimoniale, sulla base di una propalazione che è stata da lui e da altri ufficiali dell’Arma trattata come una calunnia, la mancata cattura del boss mafioso Bernardo Provenzano, nel 1995, nella fattoria di Mezzojuso. Anche in questo processo la conclusione più probabile, come per il covo di Riina, è l’assoluzione, chiesta in quel caso dai pm Antonio Ingroia e altri gestori della temeraria accusa, che non hanno nemmeno interposto appello. Ma i processi, si sa, sono essi stessi la pena, e sono la politica e la carriera. Anche un’assoluzione va bene, se però si possa poi, e si può, usare a piacere le motivazioni, che impiccano l’assolto a giudizi in libertà sul suo comportamento. Eppoi certi palcoscenici servono, appunto, a far parlare tipi e tipacci come Ciancimino Jr. Gli italiani, sempre sollecitati da pm e circo investigativo-giornalistico a chiedere che si vada fino in fondo nella ricerca di verità “scomode” per il potere, devono bersi adesso questa testimonianza processuale così trasparente: la verità di Massimo Ciancimino, pataccaro e forse paranoide detentore di esplosivi autodetonanti destinati alla costruzione di un’immagine di vittima predestinata, ma solo allo scopo di rendere più autorevole una ulteriore campagna di calunnia.

La giustizia italiana è come si vede in buone mani. L’associazione sindacale dei magistrati si muove, ma per dare addosso ai pochi giornalisti che vogliono la verità sulla intollerabile tragicommedia della malagiustizia a fini di lotta politica e di riscrittura della storia patria. La novità positiva è l’inchiesta del Csm. http://www.ilfoglio.it/soloqui/8697

Vicenda Ciancimino, Csm apre un’indagine

ANSA

28 aprile 2011

di Franco Nicastro

Tutti assicurano che l’intesa è stata ritrovata e che marceranno uniti ma separati. A gelare il clima del vertice romano fra le Procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze è però l’annuncio che il Csm ha aperto sul caso Ciancimino un’indagine. Al di là delle assicurazioni che ogni contrasto sia ormai scongiurato o almeno superato, il comitato di presidenza del Csm ha deciso di investire del caso la prima commissione e il pg della Cassazione, titolare dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati, per capire cosa sia realmente accaduto nella gestione di un’indagine che ha rivelato una sotterranea spaccatura tra i due uffici.

A sollecitare l’intervento del Csm, con un appello al capo dello Stato e al vice presidente Michele Vietti, era stato una settimana fa Giuliano Ferrara che da “Qui Radio Londra” aveva definito Ciancimino “calunniatore professionale in mano a un circuito mediatico giudiziario”, sottolineando che Antonio Ingroia, il pm di Palermo che lo ha fatto arrestare, “si è servito delle sue accuse mai davvero controllate”. La notizia dell’iniziativa del Csm coglie un po’ tutti di sorpresa. Sia il procuratore di Palermo, Francesco Messineo, sia Ingroia dicono di non sapere da cosa scaturisca . “Pur non conoscendo le motivazioni, siamo tranquilli” assicura Ingroia appena rientrato a Palermo dall’incontro nella sede della Dna nel quale è stato in pratica deciso di lasciare a ciascuna Procura la propria inchiesta ma in un clima depurato dai veleni. E in più c’é l’impegno di migliorare il coordinamento tra gli uffici giudiziari con un costante scambio di atti e di informazioni. Alla fine tutti hanno usato toni concilianti e distesi. Il più soddisfatto, dopo oltre cinque ore di un confronto serrato che ha fatto saltare perfino il pranzo, era il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso: “E’ stata messa una pietra sul passato, si è pensato a costruire il futuro delle indagini”.

Era stato lui a promuovere l’incontro nella sede romana della Dda per bloccare possibili contrasti: Palermo e Caltanissetta avrebbero intrapreso strade divergenti sulla valutazione di Massimo Ciancimino. Caltanissetta lo aveva subito bollato come inaffidabile iscrivendolo nel registro degli indagati per calunnia nei confronti dell’ex capo della polizia Gianni De Gennaro. Palermo aveva cercato di discernere tra bugie e mezze verità e la settimana scorsa ha deciso di fermare Ciancimino con l’accusa di avere “taroccato” un documento sul “quarto livello” nel quale era stato aggiunto il nome di De Gennaro. A questo punto è però sorto più di un problema. E non solo sull’affidabilità in caduta libera del figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo ma anche sulla competenza tra le due Procure messa in discussione da una sovrapposizione di elementi: stessa accusa, identico soggetto calunniato, unico indagato. C’erano tutte le premesse perché il diverso modo di procedere originasse il conflitto del quale si occuperà il Csm. Eppure il vertice romano avrebbe messo le cose al loro posto. Così hanno assicurato i tanti partecipanti. “Si sono chiarite le diverse posizioni – ha detto Grasso – e ognuno ha avuto modo di esporre le proprie ragioni. Tutti si sono impegnati a uno scambio reciproco e spontaneo di tutti gli atti compiuti e da compiere”. Il procuratore di Palermo, Francesco Messineo, ha aggiunto: “Quella di oggi era una delle normali riunioni di lavoro che gli uffici giudiziari organizzano tutte le volte che sorge la necessità di un confronto”. E i contrasti? “Escludo che si possano definire contrasti. Possono esserci state visioni diverse su qualche aspetto particolare. Ma tutto si è chiarito. Il confronto si è svolto in un clima sereno e costruttivo”. Tirando le somme, non cambia nulla o quasi. Firenze proseguirà l’inchiesta sulle stragi del 1993. Caltanissetta continuerà a indagare su Capaci (Falcone) e via D’Amelio (Borsellino) e su un capitolo della calunnia attribuita a Ciancimino. Palermo manterrà l’inchiesta sulla “trattativa” Stato-mafia e il grosso del caso Ciancimino: la calunnia a De Gennaro, la scoperta di esplosivo nel suo giardino di casa. Ma la mossa del Csm potrebbe rimettere tutto in discussione. Franco Nicastro

“Cosa succede (e cosa no) ora che il Csm indaga sul caso Ciancimino”ultima modifica: 2011-05-06T10:15:00+02:00da aldo251246
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