Giudici e banche sotto inchiesta

immagine%20soldi.JPG

Post tratto dal blog La Tua Voce.it

26.04.2007

Gli investigatori alzano il coperchio sui presunti “comitati d’affari” tra giudici, cariche istituzionali e alti funzionari di banca. Sotto la lente d’ingrandimento passano i crediti milionari concessi ad “amici degli amici” a condizioni favorevoli e senza garanzie. Guardia di Finanza e Carabinieri, in seguito all’indagine diretta dal pm Luigi De Magistris sulle procure di Catanzaro e Matera, stanno cominciando a dipanare il groviglio di amicizie, favori, affari e interessi, che si annoderebbe attorno ai vertici dei tribunali, ai dirigenti di istituti di credito, a politici ed imprenditori, le cui cointeressenze ambivano al facile accesso al credito e alla gestione di un complesso turistico-alberghiero in fase di realizzazione.

Il pallino degli affari sembra dunque essere una costante nelle inchieste su giudici & imprese, circostanza che si era già verificata nel caso dell’indagine a carico della presidentessa del tribunale di Cosenza per scambio di favori e contiguità con esponenti di “famiglie” locali alla ricerca di coperture dentro le aule della giustizia. Al CSM spetterà il compito di fare chiarezza Per l’avvio dell’inchiesta sulla procura di Matera, che tocca anche le toghe di Potenza e Catanzaro, la Banca d’Italia ha pertanto ritenuto opportuno avviare una serie di ispezioni presso la sede della Banca Popolare del Materano (controllata dalla Banca Popolare dell’Emilia Romagna) per verificare l’esistenza di eventuali anomalie sui canali creditizi concessi con eccessiva facilità; tra questi c’è, ad esempio, il mutuo aperto al presidente del tribunale di Matera, che a sua volta “assicurando impunità”- come da relazione dei Carabinieri- al presidente della Banca Popolare locale, avrebbe ottenuto un mutuo ventennale di 620 mila euro al tasso fisso del 2.9%; per l’accensione di questo mutuo insieme alla presidentessa del tribunale sono indagati, un procuratore capo, un giudice della sezione fallimentare ed “amici del giro di magistrati e banchieri” tra cui due senatori e facoltosi imprenditori (La Repubblica 22.04.07).

Sotto le indagini per “associazione a delinquere” è finito anche il finanziamento di 1 milione di euro concesso alla convivente di un carabiniere, a garanzia dell’ingente mutuo era stata data la proprietà di un terreno acquistato solo due settimane prima per l’importo irrisorio di 22 mila euro. Ciò che aggrava le ipotesi di reato è che l’eventuale stato di insolvenza dei mutui stipulati veniva ovviato grazie alla cartolarizzazione concessa alla società “Mutina” appartenente al gruppo della Popolare Emiliana-Matera, in tal modo a rimetterci saranno gli stessi istituti bancari visto che difficilmente i mutui verranno estinti in assenza di reali garanzie e ipoteche.

Dai rapporti investigativi salta fuori tutta l’anomalia di una gestione personalistica finalizzata all’illecito arricchimento raggiunto in forza dell’esercizio del potere acquisito in virtù delle cariche pubbliche ed istituzionali rivestite. Non a caso si legge di un ex componente del Csm che “avrebbe dato garanzie e coperture istituzionali” ai giudici di Matera con lo scopo di ottenere finanziamenti del Cipe a favore del villaggio turistico; o, ancora, emerge l’eventuale responsabilità di un sottosegretario allo sviluppo che si sarebbe messo a disposizione, tramite studi tecnici a lui vicini, per la concessione di finanziamenti europei ai consorzi nati, e mai entrati in funzione, per la produzione del baco da seta.

Ormai non è più così raro leggere sulle cronache di magistrati, banche e filoni di business fantasiosi e dalle cifre milionarie, e sull’onda investigativa le inchieste approdano, sempre più spesso, grazie alle rogatorie internazionali, a holding dai conti correnti lussemburghesi , russi e brasiliani. Eppure già nel 1984 si cominciava a indagare in Sicilia sui grandi filoni d’inchiesta che dalla gestione delle imposte portava agli amici americani, inchieste che, però, furono più volte interrotte e sviate da tragici omicidi di cui rimasero vittime giudici, politici e colonnelli.

a1982b.jpg

Immagine tratta da http://www.cronologia.it

Le indagini del pool palermitano, dalla metà degli anni ’70 sino al maxiprocesso dell’86, si incentrarono su un giro vorticoso di assegni, alberghi e investimenti milionari che giravano tra le esattorie, la politica, la mafia e gli imprenditori. Basta sfogliare qualche pagina de “I Siciliani”, su “Mafia e banche”, a firma di Claudio Fava e Miki Gambino, lì dove si descriveva il monopolio delle società con cui i fratelli Salvo controllavano vent’anni fa le società che gestivano quasi tutte le esattorie siciliane: le cosiddette “quattro sorelle”, diventate “tre” dopo la pubblicizzazione della Satris, passata poi “ad una gestione mista Banco di Sicilia – Cassa di Risparmio” che fu poi sottoposta ad indagini dalla procura di Palermo insieme al governo regionale dell’82 .

Erano gli anni in cui le potenti famiglie degli esattori, col favore di certa politica, e il benestare delle cosche, cercarono di mantenere il monopolio nella gestione delle tasse, anche quando ebbe termine il regime di prorogatio del decennio 1974-1984, cercando di introdursi proprio nei consigli d’amministrazione degli istituti di credito del sud. In questi ultimi mesi si è tornato a parlare di inchieste sulle anomalie gestionali della Sicilcassa per il cui fallimento è stata chiesto al gup Sgadari della procura palermitana il rinvio a giudizio dei 25 componenti dell’allora vertice dell’istituto bancario tra cui un noto avvocato tributarista, funzionari, dirigenti ed eredi delle holding dei cavalieri del lavoro.

La spavalda gestione del credito ha portato ad un buco di tre mila miliardi delle vecchie lire tra gli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, l’ammanco disastroso sarebbe stato causato da erogazioni “facili” concesse a grosse cordate imprenditoriali catanesi, e sarebbe stato allargato anche da una presunta truffa del Fondo Pensioni bancario emerso da un altro filone d’indagini (fonte Giornale di Sicilia 20.02.07). Nel 1994 la Sicilcassa, ex Cassa Centrale di Risparmio Vittorio Emanuele per le Province Siciliane, fu pure oggetto di indagini svolte dal Gruppo Investigativo contro la Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza di Palermo a seguito di un esposto-denuncia presentato agli inquirenti per il fallimento di un impresa turistico-alberghiera cui fu negata improvvisamente l’emissione di un mutuo regionale già concesso dalla Banca Nazionale del Lavoro, grazie al parere favorevole dell’Assessorato Regionale per la realizzazione di un’opera “di pubblica utilità” in base alla legge N° 32/72.

Il fascicolo, che riporta la denuncia dell’84 (di seguito allegato) per presunta tentata estorsione e associazione a delinquere, evidenzia l’anomalia di una mancata emissione delle anticipazioni bancarie dovute all’impresa tramite l’apoggio della Sicilcassa, presso la quale, nel frattempo, sarebbero intervenuti interessi personalistici di diversi soggetti, tra cui il direttore e l’avvocato della banca siciliana, il giudice designato al fallimento cognato di quest’ultimo , un facoltoso ingegnere a sua volta legato da rapporti amicali con lo stesso avvocato e con la banca, condannato nel 2002 per associazione mafiosa, e il presidente della sezione fallimentare.

Tutti a vario titolo, secondo l’inchiesta, avrebbero complicato l’erogazione del mutuo in virtù di un mancato rilascio del certificato di abitabilità che, alla fine, costò all’impresa l’albergo e tutte le proprietà date in garanzia visto che non accettò l’alternativa di transare e cedere le quote per evitare il fallimento, che di fatto fu concordato nella sede impropria di uno studio legale frequentato dalla compagine di amici, giudici e imprenditori. Incredibilmente, scrive l’ufficiale estensore “l’istituto di credito andò contro i propri interessi passando da creditore privilegiato avente procura all’incasso dell’intero importo decretato esecutivamente dalla Regione Siciliana a creditore chirografaro, insistendo sul fallimento, con la perdita, alla fine, di tutte le somme elargite, visto il suddetto mancato accordo.

Questa vicenda siciliana a tinte fosche, che dopo vent’anni rimane attuale con le cronache degli ultimi giorni su banche & procure, e che ad oggi rimane irrisolta e inspiegabilmente archiviata nonostante le reiterate denunce, le indagini in corso presso la Procura di Caltanissetta ed il GI.CO. della Guardia di Finanza di Palermo dimostrerebbe che se si fosse indagato per tempo sull’ampia compagine di cointeressenze tra sezione fallimentare del tribunale di Palermo, giudici, avvocati, logge e imprenditori, si sarebbe potuta fermare l’emorragia inarrestabile di denaro che, insieme a mille altri rivoli, veniva elargito senza adeguate garanzie portando al fallimento pure dello stesso istituto bancario.

Per gli allegati all’articolo (estratto dal fascicolo del GI.CO 1873/94) clicca qui

http://picasaweb.google.com/valeriapster/EstrattoIDalFascicoloDelGICO#

 

Giudici e banche sotto inchiestaultima modifica: 2007-04-26T18:17:00+02:00da aldo251246
Reposta per primo quest’articolo
Questa voce è stata pubblicata in GIUSTIZIA, riceviamo e pubblichiamo e contrassegnata con , . Contrassegna il permalink.