Agrigento, appalti, criminalità e politica: 33 arresti

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Sciacca (Agrigento)

Appalti, criminalità e politica: 33 arresti. Svelati rapporti tra uomini d’onore e agenti dei servizi segreti

Tratto da “La Repubblica Palermo

Sabato 5 Luglio 2008

di s.p.

LA REGOLA mafiosa degli appalti continua ad essere quella del tre per cento. Tanto erano costretti a pagare gli imprenditori della provincia di Agrigento. O in denaro o in forniture. E per chi non si adeguava c’erano pesanti minacce, anche con una pistola puntata in faccia: così accadde a uno degli imprenditori impegnati nella realizzazione del “Rocco Forte Golf Resor”, una maxi opera a Sciacca da 120 milioni di euro. Per qualche tempo, la vittima preferì non lavorare più. Ma adesso le indagini dei carabinieri, coordinate dai pm Gianfranco Scarfò e Rita Fulantelli, hanno messo fine ai ricatti. Il blitz scattato ieri ha riguardato 33 persone: 9 erano già in cella, le altre sono state bloccate con un provvedimento di fermo.

Nell’elenco della Dda ci sono gli uomini ritenuti al vertice delle famiglie di Sciacca (Accursio Dimino), Burgio, dei mandamenti del Belice (Gino Guzzo) di Lucca Sicula (Salvatore Imbornone) e Ribera (Franco Capizzi). «È una delle operazioni più importanti realizzate nell’Agrigentino», dice il procuratore Francesco Messineo. Molti imprenditori erano ricattati, quattro sarebbero stati complici. In manette sono finiti Antonino Maggio, Vitino Cascio, Francesco Fontana e Biagio Smeraglia (nella sua abitazione c’erano due rilevatori di microspie): trenta società sono state sequestrate.

Le cimici e le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia hanno svelato i segreti di una mafia che in quella parte di Sicilia è ancora potente, e soprattutto in grado di tessere grandi relazioni. Così, Gino Guzzo era stato consigliere comunale della Dc e membro della commissione speciale per la gestione dei fondi destinati alla ricostruzione dopo il terremoto del Belice. A Burgio, invece, la lotta fra i fedelissimi di Giuseppe Falsone e Maurizio Di Gati aveva avuto anche ripercussioni nella vita politica cittadina. Durante la campagna elettorale del 2002, le due cosche che si contendevano il potere avrebbero appoggiato i candidati che si sfidavano nell’urna. E i contrasti proseguirono anche dopo l’elezione. Con una scia di attentati ai rappresentanti in consiglio comunale. La lunga indagine dei carabinieri ha messo ancora in luce personaggi che flirtavano con le cosche ma anche con altri poteri. Nicolò Di Martino sarebbe stato vicino al clan di Burgio e alla massoneria. L’imprenditore Mario Davilla avrebbe accettato visite di agenti dei servizi segreti, nonostante la sua fedeltà alla cosca di Burgio: è lo stesso Davilla a raccontarlo a Guzzo, non sapendo di essere intercettato. Davilla sostiene che avrebbe voluto tagliare corto con quei rapporti. Ma l’amico lo invita a proseguire: «Gli dobbiamo lasciare la porta aperta,vediamo come». Nel mirino dei boss erano finiti i cantieri di una decina di appalti pubblici: Il raddoppio della bretella Menfi-Sciacca, il metanodotto Mazara-Menfi, l’acquedotto di Burgio. I mafiosi intercettati erano agguerriti. Uno dei peggiori nemici era considerato il pm Luca Crescente, morto d’infarto nel 2003: le sue indagini hanno portato lontano. s.p.

Agrigento, appalti, criminalità e politica: 33 arrestiultima modifica: 2008-07-05T00:31:00+02:00da aldo251246
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