
COLPI PESANTI. Necessari per piegare il sistema
SCARPINATO: ora occorre attivare la banca dati dei conti correnti degli imprenditori collusi.
“Spesso quando gli investigatori vanno in banca per bloccare i conti correnti, li trovano regolarmente vuoti. Qualcuno è arrivato prima di loro”.
“Un tempo i boss preferivano investire quasi esclusivamente nell’edilizia. Adesso hanno diversificato. Puntano sulla grande distribuzione, soprattutto supermercati”.
700 milioni di euro a carico di Giuseppe Grigoli, patron dei supermercati nel Trapanese. Sequestro da 250 milioni ai danni degli eredi di Paolo Sgroi, altro leader della grande distribuzione nel Palermitano
PALERMO
I beni sottratti a Cosa nostra in poco più di un anno costituiscono una piccola finanziaria dello Stato: 2 miliardi e 400 milioni di euro. Una cifra stratoferisca che indica il livello di inquinamento mafioso dell’economia siciliana.
I dati sono stati diffusi lo scorso mese dal procuratore aggiunto di Palermo Roberto Scarpinato, responsabile del dipartimento che si occupa proprio di indagini economiche e finanziarie riguardanti Cosa nostra.
«Dal gennaio del 2008 ad oggi abbiamo eseguito sequestri di beni mafiosi per 2 miliardi e 400 milioni di euro – ha affermato Scarpinato -. Ci siamo resi conto che le condanne per mafia sono importanti però non bastano. Gli imprenditori vicini a Cosa nostra durante la detenzione, continuano a gestire i loro patrimoni in modo da alterare le logiche del mercato. Quindi vanno colpiti i beni per disarticolare la struttura economica-criminale. Non si tratta di semplici mafiosi. Non dimentichiamoci mai che chi gestisce queste quantità enormi di denaro costituisce una vera e propria macchina di consenso sociale. Offre posti di lavoro, clientele, protezione, in una terra afflitta dalla disoccupazione».
Un tempo i boss preferivano investire quasi esclusivamente nell’edilizia. Adesso hanno diversificato. Puntano sulla grande distribuzione, soprattutto supermercati e non a caso proprio in questo campo gli inquirenti hanno sferrato i colpi più grossi. Quello da 700 milioni di euro a carico di Giuseppe Grigoli, patron dei supermercati nel Trapanese, considerato il «cassiere» del boss latitante Matteo Messina Denaro, e il sequestro da 250 milioni ai danni degli eredi di Paolo Sgroi, altro leader della grande distribuzione nel Palermitano.
Nonostante i maxi sequestri, non tutto funziona in questa macchina investigativa ben oleata ma con un difetto strutturale che rischia di inceppare il motore. Spesso quando gli investigatori vanno in banca per bloccare i conti correnti, li trovano regolarmente vuoti. Qualcuno è arrivato prima di loro. «Il governo deve accelerare le procedure per potere accedere pienamente allabanca dati dei conti correnti istituita nel ’91 ma mai realmente entrata in funzione – ha affermato Scarpinato-. Soltanto così riusciremo ad avere in tempo reale la conoscenza di conti bancari di imprenditori collusi». Un altro sequestro per decine di milioni di euro è stato eseguito a carico di Rosario Cascio, imprenditore edile agrigentino che secondo l’accusa ha costruito la sua fortuna grazie alla protezione dei boss. Di recente il tribunale del Riesame ha restituito a Cascio, difeso dall’avvocato Ugo Castagna, parte del suo rilevante patrimonio immobiliare, mentre restano sotto sequestro alcune aziende di calcestruzzo, intestate formalmente a suoi familiari.
L.G.
2 risposte a Sottratti a Cosa nostra in poco più di un anno 2 miliardi e 400 milioni