Mafia: Palermo, sequestro da 300 MLN

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A persone del clan Lo Piccolo, tra cui ex autista Toto’ Reina

Tratto da ANSA

5 maggio 2009

ROMA, – Oltre 300 milioni di euro fra beni mobili, immobili e disponibilita’ finanziarie sono stati sequestrati a esponenti di ‘Cosa nostra’. I finanzieri hanno eseguito una settantina di provvedimenti emessi dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, nei confronti di persone accusate di aver operato con l’ex superlatitante di mafia Salvatore Lo Piccolo, fra le quali spiccano i fratelli Pipitone. Tra loro anche Salvatore Biondino, ex autista di Toto’ Riina. (ANSA)

Appalti e affari per tanti prestanome. Così il clan dei carinesi dettava legge

MAXI SEQUESTRO A PALERMO

L’inchiesta ha consentito di ricostruire come i boss avevano tentato di occultare i patrimoni

Alleati dei Lo Piccolo, i boss preparavano la «discesa» verso Palermo mischiando soldi e «piombo»

Tratto dal Giornale di Sicilia

6 maggio 2009

di Leopoldo Gargano

Il primo che ha alzato il velo sul business della cosca è stato Angelo La Manna: dai com puter al mattone ha svelato i nomi e le aziende che sareb bero riconducibili alla mafia.

PALERMO. Soldi e piombo. Il clan dei carinesi non scherzava, alleato di ferro dei Lo Piccolo, prepara va la sua discesa in grande stile verso la città. Proprio come fe ce trent’anni fa un’altra cosca sanguinaria che mischiava affa ri e omicidi: quella dei corleone si. Ma qualcosa non ha funzio nato, i tempi sono cambiati, la banda dei Lo Piccolo è stata sgo minata da arresti e pentimenti e alla fine hanno parlato anche gli imprenditori, le vittime che per anni la cosca di Carini ha munto a dovere.

Li vessavano, gli imponevano il pizzo, le forni­ture, perfino le assunzioni. Tut­to messo nero su bianco dalla sezione misure di prevenzione del tribunale (presidente Cesa­reVincenti, giudici Emilio Alpa­rone, Fabio Licata, Guglielmo Nicastro, Daniela Vascellaro) che ha messo sotto chiave il te­soro della cosca. A proposito di Antonino Pipitone, 40 anni, fi­glio di Angelo e nipote dei fratel­li Giovan Battista e Vincenzo, ri­tenuti i padroni del mandamen­to, i giudici sottolineano che nel luglio 2007 è stato arrestato per estorsione aggravata ai dan­ni degli imprenditori Alfonso Priano e Damiano Scalici. Cosa pretendeva Pipitone? Il primo «sarebbe stato costretto – scrivo­no i magistrati – a impiegare la ditta edile impostagli nei lavori svolti presso il cantiere per la co­struzione di un complesso di vil­lette in via Magellano, in locali­tà Villagrazia di Carini». Scalici invece aveva l’obbligo «di for­nirsi di materiale edile – si legge nel provvedimento – presso la ditta Edilpomice, nel corso dei lavori eseguiti a Carini, in con­trada Ciachea, dalla società Simba». 

Appalti, affari, prestanome, una cosca a forte vocazione im­prenditoriale quella di Carini che ha cercato di occultare il pa­trimonio con una serie di esca­motage. E anche di questo si tro­va traccia nel provvedimento di sequestro dato che Antonino Pi­pitone è accusato di avere «fitti­ziamente attribuito la disponi­bilità di beni e altre utilità a Sa­verio Privitera, al fine di eludere le disposizione di legge in mate­ria di misure di prevenzione pa­trimoniale». Stessa cosa avreb­be fatto il titolare di una ditta di trasporti di Carini, Francesco Sparacio, leader nel settore. È indagato per intestazione fitti­zia di beni e il suo nome è finito nell’inchiesta sul maxi seque­stro da 300 milioni di euro a cari­co degli eredi di Paolo Sgroi, il re dei supermercati, anche lui originario di Carini, scomparso di recente.

In base alla ricostruzione compiuta dai finanzieri, i 450 mila euro che Sgroi stava per esportare in Svizzera sarebbero stati prelevati nell’agenzia di una banca di Villagrazia di Cari­ni da alcuni personaggi legati a famiglie mafiose. Tra questi se­condo l’accusa, c’è appunto Francesco Sparacio, già coinvol­to in inchieste antimafia, che avrebbe trasferito la sua azien­da al fratello e alla moglie per evitare misure patrimoniali. Affari e ancora affari, sempre all’ombra della cosca. Il primo che ha alzato il velo sul busi­ness della cosca è stato Angelo La Manna, 34 anni, di professio­ne cuoco. Figlio di un personag­gio ritenuto affiliato alla cosca della Noce, La Manna abitava a Carini ed era molto vicino al presunto capofamiglia,  Angelo Antonino Pipitone.

Dai computer al mattone, ha svelato una ragnatela di presta­nome controllata secondo l’ac­cusa dal mandamento di San Lorenzo. Ha fatto i nomi di Gior­gio Iaquinoto, 52 anni, al quale per l’accusa è riconducibile un’azienda già sequestrata la «Giellei electro trading srl» che opera nel settore informatico. Secondo La Manna, Iaquinoto «è persona che metteva nei ne­gozi i soldi di Cosa nostra». Al­tro imprenditore tirato in ballo da La Manna è Vincenzo Curul­li, 50 anni, titolare della «Ellei Trasporti». È legato alla cosca di Torretta, secondo il collabo­ratore, e si sarebbe prestato a far girare denaro della famiglia di Carini in alcuni conti corren­ti che gestisce. Terzo nome indi­cato da La Manna è quello Fran­cesco Sparacio, titolare della ditta di trasporti a Carini, molto attiva nell’area industriale. Se­condo il collaboratore è un pre­stanome di Nino Pipitone.

Ma a Carini non si facevano solo affari. Per avere peso den­tro Cosa nostra bisogna anche usare le maniere forti e anche in questo campo la cosca era in prima fila. Nel commando che commise l’omicidio di mafia più eclatante degli ultimi tempi a Palermo, quello di Nicolò In­garao, c’era ad esempio Gaspa­re Pulizzi, giovane mafioso di Carini, legato a doppio filo con i Lo Piccolo. Fin quando ha deci­so di pentirsi. E poi il delitto di Giuseppe D’Angelo, un povero Cristo, ammazzato per sbaglio a Tommaso Natale il 22 agosto 2006. Pulizzi questavolta guida­va la moto, a sparare secondo il pentito Francesco Briguglio, fu Gaspare Di Maggio di Cinisi ma sulla macchina d’appoggio c’era Nino Pipitone di Carini.

E sempre a Carini furono sep­pelliti i corpi del giovane boss Giovanni Bonanno e dell’anzia­no patriarca di Sferracavallo, Li­no Spatola. L’ultimo dei cimite­ro di mafia era a pochi passi dal­l’autostrada, gestito dalla cosca che voleva prendersi Palermo.

 

Mafia: Palermo, sequestro da 300 MLNultima modifica: 2009-05-06T17:18:00+02:00da aldo251246
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