«Silvio è la più grossa vittima della mafia»
Tratto da “Libero”
12 maggio 2010
G.L.N.
Antonino Ingroia, il magistrato che con più piglio indaga sul mondo berlusconiano cercando addentellati tra Cosa Nostra e il biscione di Cologno deve aver cambiato strategia. Sull’ipotesi investigativa di un Berlusconi tutto coppola & lupara cala il sipario.
E anche qui come a Perugia, a Firenze, a Roma dove si indaga non sul premier ma sui suoi più stretti collaboratori, anche qui si ripiega su chi gli stava vicino. Ovvero sul solito Marcello Dell’Utri, imputato buono per tutte le stagioni, per tutte le inchieste.Ad avvertirci che lo scenario è cambiato è il solito Massimo Ciancimino, il figlio dell’unico politico italiano ad essere definitivamente condannato per mafia. Ai giudici riporta delle confidenze raccolte dal padre: «Per mio padre Silvio Berlusconi -afferma- è la più grossa vittima della mafia».
Detta così sembra una riabilitazione del Cavaliere, una inversione di marcia per questo imprenditore che ha ormai reso un centinaio di interrogatori in tutta Italia. Ma è una interpretazione sbagliata. Infatti Ciancimino precisa: «Non ho mai cambiato versione. Quando mio padre mi parla di Berlusconi, è il 22 luglio 1998. Sono io stesso a sollecitarlo, perché quel giorno si leggeva di Umberto Bossi che diceva che Berlusconi è mafioso e che viene a Milano con i soldi mafiosi. Mio padre mi dice a quel punto che Berlusconi è la più grossa vittima della mafia, ma – aggiunge – soggetti vicini a lui sono a conoscenza di situazioni antecedenti alla sua discesa in campo e riescono ad influenzarne le scelte. lo non ho mai sentito dire da mio padre che Berlusconi avesse frequentazioni con mafiosi: lui ha sempre detto che certa gente si era accreditata con la forza alla sua corte per poterne poi condizionare le scelte». La cornice stavolta non è la solita aula di giustizia. No, siamo a Roma, alla presentazione del libro che Ciancimino ha scritto a quattro mani con Francesco La Licata, “Don Vito” , edito da Feltrinelli. Nel saggio si ricostruiscono i rapporti dell’ex sindaco di Palermo grazie ai ricordi anche graffianti di Massimo e del fratello.
In altre parole, Berlusconi avrebbe subito un condizionamento esterno da parte di Cosa Nostra senza poter fare altrimenti, visto che si erano accreditati “con forza” solo per “condizionare le scelte”. Il quadro di un Berlusconi succube e quindi accondiscendente, il quadro di un Berlusconi in mano a Marcello Dell’Utri in forma passiva oltre che anacronistico assomiglia più a un cambio di strategia investigativa quanto a un cambio di versione di Ciancimino. Il figlio dell’ex sindaco di Palermo sembra valorizzare l’impianto che la procura sta sottoponendo di nuovo ai giudici del capoluogo siciliano ai quali chiedono di confermare le accuse di mafia contro Dell’Utri nel processo d’appello.
Se a giugno arriverà la conferma della condanna di primo grado ecco che questa si incastrerà alla perfezione con i ricordi di Ciancimino che più di una volta anche di recente non ha nascosto le perplessità sulla scelta compiuta con l’autorità giudiziaria. Con un occhio rivolto a Caltanisetta la cui procura potrebbe riservare a breve delle sorprese nell’inchiesta sulle stragi che viene condotta con un qualche coordinamento tra i diversi uffici siciliani in asse con Firenze e Milano. Potrebbe essere proprio Caltanisetta e non Palermo a uscire allo scoperto sui mandanti occulti delle stragi. Ma è ancora presto per dirlo. Adesso l’attenzione è tutta rivolta al Tribunale di Palermo, alla Corte (già presa di mira dall’Espresso) che deve pronunciarsi su Dell’Utri. G.L.N.