Senza contraddittorio contro la Rai e la stampa rivale
Al via Annozero: il conduttore, Bocchino e Di Pietro accusano Libero. Quindi l’attacco all’azienda che lo manda in onda e lo paga
dalla prima dì FRANCESCO SPECCHIA
S’intitola “Scacco matto”, 1’Annozero del nuovo esordio. Come il titolo originale di una novella di Ellery Queen (o di Edgar Wallace, o di Willcie Collins, non ricordiamo bene). Roba assai cinematografica. Ci sono gli elementi sparsi da detection, per lo spettatore che deve indagare come nel gioco del Cluedo; c’è una pregevole esegesi della “patacca” documentale; c’è il coinvolgimento di Gaucci e dei Servizi segreti. C’è l’attacco poliziesco ai vertici Rai da un programma Rai. C’è, perfino, Grillo che parla in camera di voti rubati alla sinistra e pontifica (bene) come Charles Laughton nel cult “Testimone d’accusa” di nuove Woodstock. Molto cinema, appunto. Ma la politica, in questo Annozero è rarefatta.
L’architettura della puntata, la sua semantica stessa, si basa sull’analisi del documento caraibico – la lettera rubata – che confermerebbe la proprietà monegasca di Gianfranco Tulliani. Apre l’inviato Corrado Formigli che dissemina indizi: «la lettera-bomba è talmente importante che il governo di Santa Lucia, sede dei paradisi fiscali non ha dato nessuna conferma». Formigli è paraculescamente bravo. Insinua il dubbio, evoca l’ardito cambio delle stampe, cita l’articolo del Giornale sulla pista dei servizi segreti italiani, rimesta sulle telefonate ai governo di S.Lucia. Però tutta questa eccitata sceneggiatura parte dagli articoli dei “quotidiani del dossieraggio”, ossia Il Giomale e Libero, “vicini al premier”, sui quali legittimamente si spara da ogni angolo (Di Pietro e Bocchino i più tonanti in studio); ma – piccolo particolare- nessun giornalista delle sudette testate citate è invitato in studio. E questo, onestamente, è meno legittimo. Specie per noi di Libero.
Il resto scorre. Aldo Cazzullo che parla di «scontro istituzionale senza precedenti tranne in Francia. Direi che siamo alla fine»; ammettendo, però, onestamente «non credo che Berlusconi abbia confezionato il documento, qualcun’altro magari sì». Bocchino molto disinvolto (ormai vive in tv …) che riesamina gli indizi sul “giallo del dossieraggio”: «ci sono errori uguali in due documenti diversi, entra di mezzo Gaucci il cui avvocato è Previti»; che richiama gli spioni, il Copasir e svela fantastici intrecci tra i rotaryani dei Caraibi e palazzo Chigi, col racconto dei lobbysti illustri che andavano nei festini brasiliani. Soprattutto Bocchino ce l’ha con l’etica di Patelli, “il pirla della Lega che si prendeva i soldi”. Il tutto con lo sguardo di Fini molto fanè che rincorre il mega screen avvolgente lo studio. L’unico a resistere all’assalto romanzesco è Roberto Castelli «questo è un giallo, che se fosse scritto su un libro sarebbe di quattro pagine»; ma si districa male. Salvo recuperare sugli emendamenti sulla giustizia e sulla politica estera. L’unico tema politico decente lo sbandiera Di Pietro che attacca Fini per farlo votare contro Berlusconi; ma poi dice pubblicamente che voterà la mozione contro Minzolini e contro il pluralismo che non c’è. Eppure qui in studio, sul sistema politicizzato di viale Mazzini, s’è sparato abbondantemente. E siamo in Rai. Paradossale cortocircuito dall’interno. Il tocco populista e un po’ popolare spetta a Ruotolo, che si collega dallo stabilimento navale di Castellamare di Stabia. Molto santoriano. Travaglio in gessato (staccato) monologheggia sul lodo costituzionale e sul legittimo impedimento, su Cosentino. Massacra perfino i finiani, in procinto di votare tutti gli scudi possibili per le pubbliche cariche («In Francia il modello francese non lo conosce nessuno, lo chiamano il modello italiano…»). Il finale del giallo è aereo; non abbiamo capito chi è il colpevole… FRANCESCO SPECCHIA
Lo show del conduttore
Michele Fantozzi si fa qualche bicchiere di troppo
FRANCESCO BORGONOVO
Annozero può cominciare. E figurati se non ricominciava con il consueto assalto contro il terribile regime capeggiato da Silviuccio nostro. Il quale regime, va ripetendo Michele Santoro da giorni, non vuole proprio consentirgli di andare in onda: l’azienda Rai lo lascia solo, il contratto di Marco Travaglio non è stato firmato, il presidente di Viale Mazzini Paolo Garimberti non si preoccupa dei dettagli della trasmissione… C’è così tanto ostracismo da parte della dittatura che il conduttore con i ricci si è potuto ripresentare tranquillamente in video ieri sera. Concedendosi per altro uno dei suoi memorabili show.
La messa santoriana è cominciata con una lettura dal Gran libro delle Lamentazioni di San Michele martire. Il suo editoriale è una estenuante filippica sullo stile di quelle prodotte nelle ultime puntate della scorsa stagione. Ce n’è per la Rai, per Silviuccio nostro, per il pubblico, per gli imprenditori. Michele spazia dalla teologia (dove l’unico dio è lui) alla filosofia, atteggiandosi a vero liberale. Ormai il suo riferimento non è più il pubblico, lui si rivolge direttamente alle massime autorità, in quanto rappresentante – parole sue – «di quel pezzo di opinione pubblica il quale pensa che (uguaglianza, la dignità del lavoro e la diversità delle idee siano importanti». Insomma, sarebbe il leader della sinistra, e questo lo sapevamo già. Ieri sera, però, ha voluto strafare e si è lanciato in una serie di paragoni illustri. Il primo con il presidente della Camera. Santoro sostiene infatti di essere «antipatico» al premier perché egli «non sopporta quelli che gli stanno in piedi davanti, come Gianfranco Fini». E uno.
IL RAG. SANTOZZI
Poi il paragone con il ragionier Ugo Fantozzi. Poiché, poverino, Michelone si è dovuto presentare – guarda un po’ – di fronte al direttore generale della Rai Mauro Masi: «Sono dovuto andare dal megadirettore, come Fantozzi». Già, perché nell’idea del giornalista riccioluto se uno lavora per un’azienda, pubblica per di più, non deve rendere conto del suo operato ai vertici, ma ha il diritto di fare quel che gli pare. Infine, il momento magico. La grande metafora di Michele, che ha cercato di buttarla sulla libertà di pensiero e, soprattutto, sul libero mercato. Questa sera, ha detto Santoro, «vorrei parlare con quelli del PdL che sono i più accaniti fan del presidente del Consiglio, quelli a cui sto più antipatico. Vorrei parlare con quanti fra loro sono uomini d’azienda. Anzi, mi rivolgo direttamente a uno di loro. Faccia finta che io sia un suo dipendente, un disegnatore di bicchieri». Straordinario, siamo arrivati all’apice della genialità: San Michele martire sforna la “Parabola del produttore di bicchieri’. E spiega che ha prodotto, grazie al suo talento, «14 milioni di curo di fatturato e solo 27 milioni di costi. Significa un guadagno di 14 milioni di curo».
PREDICARE BENE…
In sostanza, vuol dimostrare che l’azienda pubblica con lui ci guadagna eccome. Vero, ma a che prezzo? Presto detto: fargli dire quello che gli pare e usare i mezzi che vuole. Infatti, subito dopo Santoro riprende con l’elenco di ciò che non va. Dice: non mi fumano i contratti, mi mettono i bastoni fra le ruote. Guadagnano con i miei bicchieri ma mi impediscono di produrli come si deve. Ed ecco il domandone per l’ipotetico imprenditore del PdL: quale azienda rinuncerebbe a produrre bicchieri che valgono così tanto? Nemmeno Mediaset, dice Michele, perché là vogliono guadagnare. In un colpo solo, il giornalista più piagnone del mondo riesce a lamentarsi che le cose non vanno come pretende, che la tivù pubblica è orrenda, che il presidente del Consiglio lo odia, che la sinistranon lo appoggia, che i suoi amici sono in difficoltà. E contemporaneamente ci viene a spiegare il libero mercato. Poi, come per magia, il Gran Libro delle Lamentazioni si chiude, la parabola dei bicchieri giunge al termine. E Annozero può cominciare, di nuovo, sempre uguale come tutti gli anni. Magari, per la prossima puntata, consigliamo a Michelone nostro di stare attento ai bicchieri. Ieri sera ne aveva qualcuno di troppo sulle spalle. Gli effetti si sono visti. FRANCESCO BORGONOVO
Una risposta a “Libero”. Santoro ci imbavaglia. Poi ci processa, di Francesco Specchia