Mafia & Coop rosse, 7 anni a Fontana, concorso in associazione mafiosa

giustizia,politica,ultimissime

Assolti imputati processo coop rosse

Dichiarato inammissibile ricorso della procura generale

ANSA

28 settembre 2013

(ANSA) – PALERMO, 28 SET – Inammissibile il ricorso della procura generale. Cosi’ la Cassazione conferma le assoluzioni degli imputati nel processo sui presunti accordi tra le cooperative rosse e Cosa nostra. Scagionati l’ex vicesindaco di VillabateAntonino Fontana ex militante del Pci, Mario Calarco accusato di associazione mafiosa e Ignazio Potestio e il figlio MarioSalvatore FicheraCarmelo SpitaleGandolfo Agliata e Andrea Caliri indagati per associazione a delinquere finalizzata alla truffa.

Processo Coop rosse, 7 anni a Fontana «Criticava i clan, poi ci faceva affari»

L’ex vicesindaco di Villabate era un militante dell’allora Pci. Con lui altri otto condannati e due assolti

Giornale di Sicilia

4 novembre 2010

Cronaca di Palermo

di Riccardo Arena

Oltre a essere stato amministratore comunale a Villabate, Nino Fontana era stato storico attivista del Pci e dirigente delle coop vicine al partito.

La condanna arriva dopo le sette di sera, al termine di una lunga camera di consiglio, che stabilisce che il «compagno» Antonino Fontana è colpevole di concorso in associazione mafiosa. Sette anni, è la condanna inflitta all’ex vicesindaco comunista di Villabate dalla quinta sezione del tribunale, presieduta da Piero Falcone. Accolte le tesi dei pm Gaetano Paci e Roberta Buzzolani, anche per gran parte degli altri imputati, assolti parzialmente e ai quali sono state applicate alcune dichiarazioni di prescrizione, ma che sono stati riconosciuti colpevoli di reati riguardanti episodi di truffa e turbativa d’asta: vent’anni è la pena complessiva per Fontana e gli otto fra imprenditori e amministratori pubblici riconosciuti colpevoli dei reati minori.

Due invece le assoluzioni, per Calogero Librizzi e Francesco La Michela. In altri due casi, quelli di Gioacchino Lo Re e Cosimo Lo Re, il collegio ha applicato la prescrizione. Un anno e 8 mesi ciascuno sono stati inflitti a Maria Calarco, Mario e Ignazio Potestio, Salvatore Fichera, Carmelo Spitale, Gandolfo Agliata e Andrea Caliri. La posizione principale, in questo processo, denominato «cooperative rosse» e avviato all’ inizio di questo decennio, andato avanti lentamente perché è più volte cambiato il collegio giudicante, era quella di Fontana. Oltre ad essere stato amministratore comunale a Villabate, Nino Fontana era stato storico attivista del Pci e dirigente delle coop vicine al partito. Era stato poi consulente del Comune di Ficarazzi. Imprenditore agricolo molto potente, come hanno ricostruito i pm Buzzolani e Paci, Fontana entrò in contrasto con la linea del segretario regionale del Pci, Pio La Torre. Che, allertato da segnalazioni e denunce fatte da altri “compagni” e riguardanti presunte truffe alla Cee, aveva avviato un’inchiesta interna. La Torre poi fu ucciso, il 30 aprile del 1982, con l’autista Rosario Di Salvo, e il dirigente del partito di Ficarazzi, Vincenzo Ceruso, che aveva denunciato Fontana e altri tre esponenti di spicco delle cooperative, fu. messo sotto inchiesta interna e gli fu fatto un procedimento disciplinare. Gli altri quattro dirigenti, Fontana in testa, hanno spiegato i pm, «furono assegnati a incarichi di maggiore prestigio».

«Elogio della doppiezza», ha detto il pm Paci in requisitoria: perché Fontana sarebbe stato pronto a parlare contro la mafia e i mafiosi nei comizi, ma avrebbe legato con loro quando si trattava di assegnare appalti e affari edi realizzare truffe. «Era impegnato nelle battaglie civili del Pci e poi si arricchiva con Simone Castello», ha insistito la Procura. E Castello era un altro comunista atipico: pure lui era imprenditore, ma era anche il postino di fiducia di Bernardo Provenzano. Per questo reato è stato condannato con sentenza ormai definitiva al processo «Grande Oriente». Gli altri imputati erano in un altro blocco del processo. Si sarebbero infatti messi d’accordo nella formulazione delle offerte per i pubblici appalti: avrebbero concordato i ribassi, costituendo una sorta di cartello che avrebbe condizionato le gare di diversi Comuni della provincia. Tra i loro avvocati ci sono Nino Caleca, Michele Giovinco, Marcello Montalbano, Vincenzo Lo Re, Sergio Monaco. Morto La Torre, aveva sostenuto l’accusa, Fontana avrebbe avuto un implicito via libera nel continuare a intrattenere rapporti con esponenti mafiosi, di cui parlava male. «Ma lui stesso non ha spiegato perché, come risulta dagli atti, concludeva con loro affari illeciti». Riccardo Arena

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Mafia & Coop rosse, 7 anni a Fontana, concorso in associazione mafiosaultima modifica: 2010-11-05T09:48:00+01:00da aldo251246
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