Giudici & Costituzione. “La Repubblica dell’ipocrisia”

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12 febbraio 2011

Pochi reclamano le dimissioni del presidente Fini. Troppi difendono i giudici ignorandone le sfacciate invasioni.

di Francesco Damato

Più che sul lavoro, come si continua a leggere nel primo ed enfatico articolo della Costituzione, questa nostra povera Repubblica è fondata ormai sull’ipocrisia. Che tracima dai moniti di questa  o quell’altra Autorità, doverosamente al maiuscolo, per carità, dagli editoriali dei giornaloni e dagli appelli d’intellettuali e politici, maschi e femmine, infaticabilmente mobilitati contro il solito Cavaliere. Ho perso il conto dei soloni che reclamano dal presidente del Consiglio il “rispetto” dell’istituzione del Governo e gli intimano perciò le dimissioni per le sue vicende giudiziarie, prima ancora di essere giudicato dal tribunale competente. Ma si contano sulle dita di una mano quelli che contemporaneamente reclamano anche le dimissioni del presidente della Camera per le ferite che procura alla sua carica, e più in generale all’istituzione del Parlamento, mentre fonda il suo nuovo partito, dopo averne già spostato l’embrione dalla maggioranza all’opposizione. Ai pochi, molto pochi, che fra i suoi nuovi alleati politici, e persino sul Colle più alto di Roma, hanno avvertito qualche perplessità sulla situazione verificatasi al vertice di Montecitorio è stato preannunciato che Gianfranco Fini rispetterà il proprio ruolo istituzionale autosospendendosi dalla presidenza del nuovo partito, non appena gli sarà formalmente conferita. Ma sarà chiaramente un’autosospensione assai poco credibile, pari alla neutralità imposta, e da lui vantata, alla guida della Camera. Solo una dose massiccia, e tossica, d’ipocrisia può far credere il contrario sul piano politico.

 

O può fare ignorare il carattere inevitabilmente ricattatorio, sempre sul piano politico, che assume il sostegno dell’opposizione ad un presidente di assemblea privo dell’appoggio della maggioranza. Che è peraltro impedita a votargli contro da un regolamento che si limita a non prevederne la procedura, ma di cui potrebbe cambiare in ogni momento l’interpretazione. Un’altra dose massiccia, e tossica, d’ipocrisia consente a troppi, nei piani alti e bassi delle istituzioni, di difendere la magistratura ignorandone anche le più sfacciate invasioni e forzature. Che nel campo delicatissimo dei rapporti con la politica sono state facilitate nel 1993 dall’improvvida riduzione dell’immunità parlamentare, sopravvissuta solo per gli arresti cosiddetti cautelari, le perquisizioni e l’uso processuale delle intercettazioni nelle quali un deputato o senatore può incorrere quando parla con persone sotto controllo legittimo dell’autorità giudiziaria. Prego il lettore di credermi se gli dico che molti politici e giudici, anche tra i più feroci critici di Silvio Berlusconi, riconoscono in privato, ma solo in privato, gli eccessi di certi inquirenti. Essi si limitano ad allargare le braccia, accampando sempre la scusa che “non è il momento”, quando si chiede loro di avere il coraggio di fare qualcosa. Mi chiedo che cos’altro ancora debba accadere perché un “galantuomo” come Giorgio Napolitano, per ripetere la definizione che giustamente ne ha appena dato Berlusconi in una intervista, avverta il dovere di un richiamo esplicito, lasciatemi pur dire ultimativo, anche come presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, a quelle toghe che trattano le indagini come una clava di loro proprietà. Mi chiedo che cos’altro debba ancora accadere perché un uomo dell’esperienza, per esempio, dell’ex presidente della Camera Luciano Violante si debba decidere a completare le riflessioni critiche lodevolmente avviate sui suoi ex colleghi magistrati, senza lasciarsi condizionare dalla paura di portare acqua, diciamo così, al mulino del suo avversario politico Berlusconi. Mi chiedo ancora se non basti ed avanzi a Massimo D’Alema, ex presidente peraltro dell’ultima e sfortunata commissione bicamerale per la riforma costituzionale, la non esaltante figura fatta, a mio avviso, alla vigilia dello scorso Natale. Quando, a edicole per lui fortunatamente chiuse, si dichiarò frettolosamente “frainteso” nell’estate del 2008 dall’allora ambasciatore americano a Roma Ronald Spogli. Che in un rapporto riservato al Dipartimento di Stato, poi trafugato e diffuso da Wikeleaks, ne aveva raccolto un impietoso giudizio sulla magistratura italiana: “una minaccia allo Stato”.

Il povero Spogli ha studiato, oltre che lavorato, in Italia, ne conosce e parla correntemente la lingua. E fu giustamente colpito da un simile sfogo, peraltro espresso da un leader politico reduce dall’esperienza di ministro degli Esteri dell’ultimo governo di Romano Prodi. Sarà un bel giorno quello in cui D’Alema potrà dire in pubblico dei magistrati italiani, o di alcuni di essi, ciò che dice in privato, anche al netto dei presunti fraintendimenti dei suoi interlocutori, italiani o stranieri che siano. Ma riuscirò mai a vederlo quel giorno, con l’età che ho, di circa due anni inferiore a quella del Cavaliere? E riuscirà a vederlo lo stesso Berlusconi? Gielo auguro, con tutto l’aiuto che potrà dargli don Verzè. Persino il buon Sergio Romano ha ceduto ieri ad un certo tartufismo sul Corriere della Sera sostenendo, fra l’altro, che talune riforme, pur “utili”, hanno il torto di poter servire alla difesa legale di Berlusconi. Ecco, un altro bel giorno sarà quello in cui anche Romano si deciderà a valutare finalmente le riforme, per esempio, delle intercettazioni, del processo cosiddetto breve e, più in generale, dell’ordinamento giudiziario solo per il loro contenuto, e non per le persone che ne possono trarre vantaggio. Fra le quali si ritiene, evidentemente e odiosamente, che vi sia uno, Berlusconi appunto, destinato alla pregiudiziale esclusione da ogni norma migliorativa della disciplina, o indisciplina, in vigore. E ciò in barba al principio della legge uguale per tutti, ipocritamente invocato contro di lui dagli avversari. Francesco Damato

Giudici & Costituzione. “La Repubblica dell’ipocrisia”ultima modifica: 2011-02-15T11:24:00+01:00da aldo251246
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