ANM, limiti ai giudici-amministratori, vietato frequentare le associazioni

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GIUDICI E POLITICA, ECCO LE NUOVE REGOLE. L’INTERVISTA

NATOLI, VICEPRESIDENTE DELL’ANM PARLA DEL CODICE DEONTOLOGICO, A COMINCIARE DAL «CASO» SICILIA

«Io credo che i magistrati debba­no saper vivere del rispetto che riescono a conquistarsi, tenen­do conto del fatto che il loro, il no­stro principio fondamentale è quello di fare giustizia, perché l’immagine che all’esterno si ha della giustizia è l’immagine del singolo giudice, del singolo pm. E se in mezzo a una montagna di denaro si trova una banconota falsa, tutti penseranno che tutti i soldi, anche quelli buoni, siano fasulli»

Giornale di Sicilia

6 novembre 2010

di Riccardo Arena

PALERMO

I magistrati rinnovano il loro codi­ce deontologico e specificano me­glio tre nuovi tipi di regole: una, che sembra dettata apposta per la Sicilia, riguarda i giudici-ammi­nistratori locali, o assessori che dir si voglia. L’Anm, il sindacato delle toghe, punta a limitare can­didature e incarichi politico-am­ministrativi «nel territorio dove il magistrato esercita la funzione giudiziaria».

La seconda novità importante, «adeguata ai tempi», sottolinea Gioacchino Natoli, vi­cepresidente nazionale dell’asso­ciazione, riguarda i rapporti con la stampa e l’uso – da “evitare”, co­me sottolinea il nuovo testo del codice- di «canali informativi per­sonali, riservati o privilegiati», e ri­chiede dignità e senso della misu­ra a chi rilascia dichiarazioni o in­terviste. E poi, l’altra vexata quae­stio, le sentenze cosiddette “crea­tive” e gli interventi dei pubblici ministeri. Se si leggono con atten­zione, queste situazioni teorica­mente astratte e generali, come è proprio di ciò che fa da base alle regole giuridiche, hanno invece tutte nomi e cognomi. E Gioacchi­no Natoli, presidente del tribuna­le del riesame di Palermo ed ex pm del processo Andreotti, non lo nega.

La prima situazione ha il nome e i volti degli assessori siciliani Giovanni Ilarda, Mas­simo Russo, Caterina Chinni­ci…

«Sì, ma anche di un collega cam­pano che era più o meno nelle stesse condizioni. E non si tratta di casi isolati. Il problema è che le regole del nostro organismo di autogoverno, il Csm, riguardano (e vietano) di candidarsi e, a fine mandato, di tornare nello stesso luogo in cui esercita o si è eserci­tata la funzione giudiziaria. Ma Ilarda non si era candidato, non era stato eletto e dunque in teo­ria la regola per lui non valeva. Prendiamo atto che, caduto il go­verno di cui faceva parte, il colle­ga ha avuto la sensibilità di anda­re al ministero della Giustizia, dunque a Roma».

Mentre sarebbe potuto tornare in Procura generale.

«Sì che avrebbe potuto, sulla car­ta:e cosa sarebbe successo? Il no­stro codice deontologico, che porteremo al prossimo congres­so nazionale dell’Anm del 26 no­vembre a Roma, non prevede sanzioni, ma solo eventuali prov­vedimenti disciplinari interni, per gli iscritti. Casi del genere si dovrebbero affrontare proprio nella legislazione primaria e se­condaria, con leggi e circolari del Csm. L’esempio di Ilarda, Russo e Chinnici è solo uno spunto».

Altro tema caldo: i rap­porti con la stampa.

«Devono essere il più possibile trasparenti e lineari: l’opinione pubblica va informata correttamente, ogni volta che ciò sia pos­sibile e cioè che non vi siano limi­ti nella segretezza delle indagini o delle altre attività giudiziarie. Ma chiedere equilibrio, dignità e misura a chi, come noi, ogni gior­no maneggia il decoro, la rispet­tabilità e la reputazione delle per­sone, non è chiedere troppo».

E poi le«condotte del giu­dice» e del pm. Vogliamo pro­vare a fare un nome?

«Con il massimo rispetto possibi­le, certo: Luigi De Magistris. Non era giudice, era rappresentante dell’accusa, d’accordo. Ritenne di dover emettere un decreto di perquisizione di 319 pagine, zep­po di riferimenti analitici a terze persone, estranee all’indagine. E questo è un caso non espressamente previsto dalle norme vere e proprie. E poi, il giudice e il pub­blico ministero: anche loro devo­no evitare riferimenti di questo tipo, attenersi ai fatti, non emet­tere giudizi su chi non è imputa­to. A meno che non siano assolu­tamente necessario».

Sentite il bisogno di un profondo rinnovamento. Det­tato da che?

«Dalla convinzione che la socie­tà si evolve in fretta e anche le re­gole periodicamente vanno mo­dificate, integrate, riesaminate. Noi siamo stati i primi, nel 1994, ad attuare i decreti Bassanini dell’anno precedente e a dotarci di un codice deontologico. Sia­mo una categoria che, per forza di cose, è sempre al centro dell’ attenzione della politica e dei media. Con critiche feroci, spes­so ingiustificate e da censurare».

Volete vietare anche l’adesione alle associazioni?

«Non solo. Pure la frequentazio­ne delle stesse associazioni, che richiedano la prestazione di pro­messe di fedeltà o che non assi­curino la trasparenza sulla parte­cipazione degli associati…»

La P3? Il caso Marra?

«Io credo che i magistrati debba­no saper vivere del rispetto che riescono a conquistarsi, tenen­do conto del fatto che il loro, il no­stro principio fondamentale è quello di fare giustizia, perché l’immagine che all’esterno si ha della giustizia è l’immagine del singolo giudice, del singolo pm. E se in mezzo a una montagna di denaro si trova una banconota falsa, tutti penseranno che tutti i soldi, anche quelli buoni, siano fasulli». (‘RAR’)

ANM, limiti ai giudici-amministratori, vietato frequentare le associazioniultima modifica: 2010-11-08T11:40:00+01:00da aldo251246
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