Leggiamo & Pubblichiamo. Intervista all’on. Antonio Razzi

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17.12.2010

«Tanti anni di mortificazioni seduto all’ultimo banco come l’alunno ciuco di una classe di professori mi ha logorato»

Dopo tanti anni di fedeltà all’Italia dei Valori lascia il partito. Qual è stata la motivazione?

Guardi, è tanto ma tanto tempo che avrei dovuto prendere questa decisione. Mi sono trovato in un partito che non è altro che Antonio Di Pietro. Punto. Un partito persona. Tutti gli altri fanno da contorno e devono eseguire più o meno prostrati ai piedi del capo. Beninteso, vi sono anche personaggi di spicco ma questi raramente vanno a criticare l’operato del capo.

Vuole dire che esiste un timore riverenziale da parte dei deputati e senatori IDV nei riguardi di Antonio Di Pietro?

Esatto. Basti pensare ai due pesi e due misure che si adottano sistematicamente all’interno del partito. Mi spiego meglio. Per esempio il codice etico dell’Italia dei Valori impone l’assoluta illibatezza dei suoi componenti non ammettendo che qualcuno, indagato, possa continuare a stazionarvi. Qualcuno, e non voglio fare nomi, per il semplice fatto di essere indagato, ha lasciato il partito in ottemperanza al codice etico interno. Per qualche altro rinviato a giudizio invece, c’è stata la difesa a spada tratta del Presidente.

Quindi lei ha lasciato il partito per questi ordini di motivi?

Ed altro ancora, ovviamente. Contro di me, e contro conseguentemente le comunità all’estero che rappresentavo, c’è stata una presa di posizione sclerotica, di chi insofferente alla mia persona, ha fatto di tutto per contrariarmi, mobbizzarmi, mettermi in ridicolo, parlo del Presidente, senza che io avessi mai fatto una scortesia. Dopo la mia elezione non mi salutava più e non sapevo perché. Lei avrà letto la mia lettera ad Antonio Di Pietro con la quale spiego le mie motivazioni. In quella lettera mi svesto finalmente dei panni del succubo ed affronto la questione da uomo ad uomo. In quella lettera ho cercato di sintetizzare al meglio i fatti ed i sentimenti, le situazioni contingenti e lo stato di prostrazione psicofisica nel quale Antonio Di Pietro mi aveva relegato. Se una cosa ho sbagliato, è stata non averlo abbandonato subito dopo la mia rielezione quando mi venne chiesto di dimettermi così sarei diventato un eroe. Era quello il momento in cui avrei dovuto prendere una decisione radicale. Ma purtroppo per me non la presi. Mi rendevo conto che ero affezionato, nonostante tutto, all’uomo con il quale e per il quale avevo lavorato tanti anni. E non solo, quella decisione non la presi neanche quando avrei potuto facilmente, all’epoca di Vasto, dando ampia prova invece di fedeltà.

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Leggiamo & Pubblichiamo. Intervista all’on. Antonio Razziultima modifica: 2010-12-23T10:26:00+01:00da aldo251246
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