Coppole, mucche e caciocavalli.

la-tua-voce_it_bkumbria_1169810524.jpg

Ad appena venti chilometri da Palermo, vicino all’aeroporto Falcone-Borsellino, tra le coste di Carini e le colline di Torretta, c’è “l’eldorado” del clan Lo Piccolo. Duecento uomini della squadra mobile, coordinati dal procuratore aggiunto della Dda Alfredo Morvillo, e dai sostituti Annamaria Picozzi, Domenico Gozzo e Gaetano Paci, dopo una lunga e complessa indagine che ha contato su centinaia di ore di intercettazioni, hanno arrestato boss, gregari e prestanomi che da anni garantivano affari e prosperità a Salvatore Lo Piccolo, il latitante più titolato alla guida del regno del malaffare dopo l’arresto del superboss “Binnu u’ mitragliaturi”.

by http://www.la-tua-voce.it

Ancora una volta la cronaca siciliana pubblica la trascrizione delle telefonate intercettate dagli investigatori, che confermano come la mafia si muova sempre sugli antichi registri del consenso estorto con le minacce, degli affari gestiti con i prestanome, e delle liti per il controllo del territorio nate dal furto di mucche e da partite di caciocavalli non pagate. Stava per scoppiare una vera e propria guerra di mafia, che poi è stata scongiurata con il più classico dei summit tenutosi a Torretta nel ristorante “Vecchio Mulino”, requisito per l’occasione dai clan rivali riuniti per trovare un accordo. Tra gli arrestati ci sono cognomi già noti alle autorità: Gallina, Sparacio, Bruno, Pipitone, Biondo, Biondino, Conigliaro, e altri insospettabili, presunti prestanome, Sapienza, Altadonna, Bruno, Gelsomino che, in virtù di una fedina penale immacolata, riciclavano i soldi sporchi gestendo società di grande distribuzione, cantieri edilizi, ristoranti e pizzerie. Lo scenario, già di per sé tetro, si incupisce con la descrizione della macabra lezione di vendetta che l’anziano mafioso Conigliaro, con ormai un curriculum da capomafia, fa al proprio nipote, lasciandogli in testamento il vademecum sul come strangolare senza pietà chi si è macchiato di “sgarro”. Grazie all’intercettazione e alla retata il potenziale nipote apprendista strangolatore, l’omonimo Angelo Conigliaro, è stato anche lui arrestato e fermato prima che la vendetta si consumasse. Dall’indagine in corso risulta che supermercati, villette a schiera, complessi turistici, aziende di trasporti internazionali e capannoni si intrecciavano con le aste fallimentari, dove consulenti e uomini di facciata avevano accesso al tribunale aggiudicandosi con poco terreni e immobili con cui riciclare e moltiplicare denaro sporco. Su Repubblica Palermo ( articolo di E.M. del 26 gennaio 2007) il procuratore Morvillo ribadisce l’esigenza di una moralità delle istituzioni cui rilancia un emblematico interrogativo “…come possiamo chiedere ai commercianti di denunciare gli esattori del pizzo se in questa città vi sono continui messaggi, segnali e collusioni da parte di esponenti delle istituzioni che proseguono o tollerano la vicinanza con mafiosi ?”. Il procuratore, poi, asserisce che, purtroppo, “non risultano denunce né condanne di atteggiamenti poco chiari proprio da parte degli esponenti politici e delle istituzioni che dovrebbero dare l’esempio ai cittadini, ai commercianti e agli imprenditori”. Nei fatti, come ampiamente documentato dalla cronaca e dalle indagini, l’nfiltrazione mafiosa ha contato sino ad oggi proprio sulle maglie allargate di organismi politici e di controllo dell’ordine pubblico, progredendo e lasciando a strangolatori ed esecutori dal sangue freddo il controllo di mucche e territorio, e trasferendo nelle città, con il favore di studi professionali ben ammanicati, gli interessi milionari aperti agli scenari ben più lucrosi del mercato globale. Forse non è un caso che sia stato proprio il giudice Morvillo ad alzare il coperchio di una pentola in cui da tempo si cucinavano affari e interessi dai mille ingredienti: cantieri, appalti, conti correnti da capogiro, collusioni politiche, tangenti e corruzione di pubblici funzionari avevano condotto al maxiprocesso, e, se ne avessero avuto la possibilità, giudici come Chinnici, Falcone e Borsellino avrebbero proseguito le loro indagini proprio in quel territorio ad altissima densità mafiosa a due passi da Palermo, su quell’autostrada contesa da boss e clan che poi ha fatto da triste scenario all’attentato del ’92.

by Blog: http://www.la-tua-voce.it

Coppole, mucche e caciocavalli.ultima modifica: 2007-02-26T01:45:00+01:00da aldo251246
Reposta per primo quest’articolo
Questa voce è stata pubblicata in ARTICOLI, GIUSTIZIA e contrassegnata con , , . Contrassegna il permalink.